Lo so, non è la prima volta che scrivo contro Cacciari. A mia discolpa, posso solo dire che ha cominciato lui: non è colpa mia se dice spesso delle corbellerie. Una delle ultime in ordine di tempo è questa sua apodittica affermazione, detta immagino con il suo solito piglio professorale:
Se la gente avesse letto qualche libro in più oltre a Topolino, capirebbe molte cose.
Ho avuto la fortuna nella mia vita accademica di non aver mai dovuto leggere un libro del professor Cacciari e naturalmente non l’ho fatto neppure dopo, per puro diletto. Nonostante io e Cacciari condividiamo l’augusto titolo di filosofi – anche se io non esercito. Invece ho avuto la fortuna di leggere moltissimi numeri di Topolino. Anche questo l’ho già raccontato da qualche altra parte: io sono cresciuto nel contado bolognese, dentro un’edicola.
Quando io ero piccolo, nei primissimi anni Settanta, nelle edicole non c’erano molti fumetti, ma c’era Topolino. Ho un ricordo vivissimo del momento in cui Topolino arrivava, ogni settimana, a Quarto. Mentre praticamente tutto il resto che veniva venduto in edicola – dai giornali alle riviste – arrivava dal distributore la mattina intorno alle cinque – costringendo i miei nonni a delle quotidiane levatacce – Topolino arrivava all’ufficio postale. Non ho mai saputo perché – mi pare che succedesse anche con la Settimana enigmistica, ma la cosa mi interessava molto meno, come potete immaginare. Il mercoledì mattina mio nonno andava all’ufficio postale e prendeva il pacco di Topolino. Io spesso lo accompagnavo e agguantavo il giornalino prima di tutti: ero il primo a Quarto a poter leggere Topolino. Per un po’ ero convinto di essere il primo al mondo a poter leggere Topolino. Come si dice, l’occasione fa uomo ladro. E’ esattamente quello che è successo a me: crescere in un’edicola, con Topolino a disposizione, e Geppo, Tiramolla e i pochi altri che stavano nello scaffale dei fumetti – me lo ricordo con precisione dove stava quello scaffale, a distanza di una quarantina d’anni – ha fatto di me un precoce lettore. Di questo deve ringraziare certamente Topolino. E devo dire che Topolino mi ha anche insegnato l’italiano: magari non riuscivo a capire cosa significassero esattamente pusillanime e villanzone, ma quel giornale stuzzicava sempre la mia curiosità. Perché Topolino era scritto in un bell’italiano, ricco e senza errori. E mi ha insegnato anche un po’ di storia, visto che topi e paperi non disdegnavano di avventurarsi in epoche lontane. E la geografia, dato che viaggiavano moltissimo, viste le disponibilità finanziarie di Paperone.
Poffarbacco, se non ci fosse stato Topolino non sarei diventato neppure un filosofo.
se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…