L’atto n. 23 dei Gilets Jaunes: le manifestazioni non si fermano, anzi diventano sempre più estese e incisive, malgrado una repressione capillare e la cortina di fumo dell’informazione di regime
Gilets Jaunes, ciak, buona la 23esima. Già perché sono 23 sabati – un periodo più lungo di qualsiasi altri ciclo di lotta e perfino del mitico maggio 1968 – che i manifestanti invadono Parigi e altri centri francesi, occupano le rotonde e tengono assemblee. Altro che “esaurimento”, come ripete con monotono accanimento la stampa mainstream, ormai indistinguibile dai portavoce della polizia!
Stavolta hanno sfilato da Bercy verso Notre-Dame, ne sono stati allontanati (ormai è una riserva dei ricchi benefattori) e si sono diretti verso Bastille, République e i boulevards, assaliti da cariche poliziesche e da squadroni di motociclisti. Non contenti di 60.000 agenti mobilitati, 15. 000 controlli preventivi e di centinaia di arresti, le truppe nel neo-prefetto Didier Lallement si sono scagliati con violenza inaudita per rompere e segmentare i cortei. Place de la République è cosparsa di lacrimogeni, mentre gli scontri dilagano nelle vie laterali. Il governo non riesce a controllare la situazione né sul campo né sul piano politico. La partecipazione è sensibilmente cresciuta rispetto agli ultimi Actes e anche la capacità di rilancio e articolazione delle iniziative. Nei prossimi 15 giorni avremo una nuova scadenza sabato 27, con confluenza a Strasbourg per premere sulle istituzioni europee, e dopo il Primo Maggio, che dovrebbe segnare un punto di svolta di tutto il movimento.
Macron, dopo il flop del discorso sulle ceneri di Notre-Dame e l’appalto ai privati della ricostruzione, ha continuato a rinviare la replica conclusiva del Grand Débat, cio+ una risposta concreta alle questioni sollevate dai Gilets Jaunes, e ora deve rattoppare il discorso isterico del potere costruendo filiere improbabili di consenso; nel frattempo sguinzaglia squadracce d’assalto in moto, che terrorizzano i turisti più che i manifestanti. C’è da domandarsi se gli basterò trovare qualche capro espiatorio – il Ministro degli interni Castaner potrebbe essere il prossimo. Altrimenti lo stesso Macron potrebbe diventare un problema per la classe dirigente, che non può rischiare una vittoria trionfale di Le Pen alle Europee. La Merkel, per evitarlo, potrebbe spostarsi abbastanza a destra per tenere dentro una maggioranza formale o informale PPE Orbán e Salvini e recuperare nell’Esagono qualche figura gollista meno compromessa.
A seguire un comunicato proveniente dall’area del movimento francese:
«Questo sabato 20 aprile i Gilets Jauneshanno dato una risposta chiara al governo; Le misure che Macron aveva previsto di comunicare all’inizio di questa settimana per chiudere il “grande dibattito”, nella speranza di porre fine al movimento, sono state prese per quello che sono: una provocazione.
Questo atto 23 era massiccio e determinato. Ma ha dovuto affrontare anche le nuove tattiche di polizia messe in atto dopo il 16 marzo dal Ministero dell’Interno, applicate dal nuovo Prefetto di Parigi con il sostegno della “legge anti-casseurs”.
Gli appuntamenti mattutini, in particolare alla Gare du Nord, sono stati bloccati appena usciti, costringendo i manifestanti a spostarsi verso il percorso da Bercy. Per tutta la giornata, le unità ad azione rapida, completamente attrezzate e incappucciate, sono intervenute al minimo tentativo di deviazione, al minimo rumore di finestrino rotto. La mattina si è quindi svolta in un’atmosfera compressa ma gioiosa: la folla era compatta, gli slogan offensivi (“rivoluzione! rivoluzione! rivoluzione! rivoluzione! rivoluzione” o “Macron, stiamo venendo a casa tua”), giubbotti gialli e k-way neri indistintamente mescolati, ma sembrava che le migliaia di persone presenti non trovassero lo spazio necessario per esprimere la loro forza. Soprattutto perché la polizia era riuscita a tenere la manifestazione lontana dai quartieri occidentali.
Tuttavia, mentre ci si avvicinava a place de la République, la rabbia contenuta finalmente è scoppiata. Un punto di raccolta è stato formato su blvd. Richard-Lenoir, mentre alcune auto e moto andavano a fuoco. I manifestanti sono tornati più volte, cercando di respingere la linea di polizia al canto della Marsigliese. Vedendo che République sarebbe stata una trappola gigante, uno spezzone del corteo ha poi deviato in una dimostrazione selvaggia tutto intorno, facendo saltare in aria alcuni bancomat lungo la strada. Nel frattempo, il dispositivo repressivo è scattato a République, dove le forze di polizia hanno sbarrato tutte le vie d’uscita prima di impegnarsi nel loro esercizio preferito: massiccia e indiscriminata gassificazione, arresti mirati, granate a distanza ravvicinata, tiro di pallottole di gomma, cannoni ad acqua.
L’evento di oggi ha messo in evidenza le linee guida della nuova strategia di polizia. Più reattività, più mobilità, più cariche. E un uso sistematico di squadre di motociclisti. Ma oggi ha anche dimostrato che il movimento è lontano, molto lontano del perdere fiato. Nonostante la propaganda, nonostante la repressione, nonostante le persecuzioni giudiziarie, nonostante la mascherata del “grande dibattito”, nonostante la penosa strumentalizzazione dell’incendio di Notre-Dame, i Gilet gialli sono ancora lì. Più coraggiosi e determinati che mai.
La prospettiva del 1° maggio, la “settimana gialla” e la rioccupazione delle rotatorie sembra essere un passaggio decisivo da cui dipenderà in larga misura l’esito vittorioso del movimento. A presto il seguito!