A parole dicevano di voler cambiare l’Italia, ma non appena insediati –una giravolta dopo l’altra – hanno tradito tutti gli obiettivi sulla legalità, la trasparenza, l’ambiente. Che abbiano mutato pelle o rivelato la loro vera natura, poco importa, in questa triste parabola del M5S (m.b.)
Le elezioni europee sono alle porte, e se l’orologio tornasse a un anno fa, il M5S avrebbe una stratosferica vittoria in tasca. Non solo per il suo potersi proporre come pulito ricambio di una classe politica italiana non più credibile, ma anche per il vento fresco che ha ricominciato a sollevarsi in questi mesi soprattutto tra i più giovani, della mobilitazione per la difesa del pianeta, dell’ambiente, del patrimonio per le generazioni che verranno, di una vita più sostenibile per tutti. Venticello che profuma di speranza in un mondo migliore, quello che la sinistra e i suoi succedanei centristi hanno accantonato da tempo. Quello che in alcuni paesi europei ha già visto virare sul verde – quello vero, ambientalista – i risultati elettorali. In Italia un MoVimento che si chiama “5 stelle” dove le stelle stanno per “acqua, ambiente, trasporti, sviluppo ed energia”, intese come risorse pubbliche e sostenibili da difendere, sarebbe (stato) il più naturale portabandiera di un movimento globale che sta tornando ad infiammare animi finora rassegnati alla mediocre sopravvivenza.
Invece purtroppo un anno è passato, e il primo Partito/Movimento d’Italia salito a un Governo orgogliosamente definito “del cambiamento”, lo ha poi messo in pratica nella sua connotazione più passiva, cioè è cambiato lui stesso. E’ cambiato su molte promesse elettorali, in certi casi addirittura rovesciate – spesso per colpevoli sottovalutazioni precedenti delle possibili exit strategy – in altri per tentennamenti (o “rinvii”) persino su battaglie da sempre identitarie del Movimento. Ma soprattutto è cambiato nel rapporto con l’alleato di maggioranza: da ruolo di coprotagonista “di peso” – di maggiore peso – ad attore costretto a sgomitare per assicurarsi qualche spazio al centro della scena, bulimicamente occupata da un mattatore senza scrupoli.
E i sondaggi registrano tristemente gli effetti di questa narrazione leghista da campagna elettorale permanente, che lascia in secondo piano quello che il Governo a trazione salviniana sta effettivamente facendo su molti fronti: una politica di destra, agli antipodi di quella che aveva promesso il M5S, che ormai naviga a vista abbarbiccato alla zattera del reddito di cittadinanza, che appare sempre meno convincente.
Una battaglia tutta in difesa, che perde colpi e pezzi ad ogni nuovo provvedimento partorito, zeppo di rospi da ingoiare per i pentastellati: dopo il Decreto sicurezza, la “illegittima” difesa, l’autonomia differenziata delle Regioni più ricche (non ancora approvata), arriva ora il cosiddetto “Sbloccacantieri”. Un provvedimento che fa impallidire il renziano “Sblocca Italia”, ma anche le iniziative berlusconiane di qualche anno fa.
Un decreto che è già sulla Gazzetta Ufficiale, che cancella molte di quelle garanzie volute dall’Autorità Anti Corruzione, proprio perchè siamo un Paese in preda a una corruzione endemica che divora il suo futuro, un Paese che per un terzo è sotto il controllo diretto delle Mafie e per due terzi è terreno di affari delle Mafie, un Paese prono ai desiderata delle lobbies e dove ogni aspirazione deve fare i conti con il clientelismo, politico e non.
Invece, anzichè fare leva sulla trasparenza e sugli anticorpi civici, il Governo pentaleghista ha scelto di tornare al medioevo dei commissari e dei poteri speciali, delle deroghe alle tutele dell’ambiente, dei beni culturali e della salute dei cittadini, stabilendo che, per “gli interventi infrastrutturali ritenuti prioritari” ,”l’approvazione dei progetti da parte dei Commissari straordinari” “sostituisce, ad ogni effetto di legge, ogni autorizzazione, parere, visto e nulla osta occorrenti per l’avvio o la prosecuzione dei lavori”; poteri speciali che bypassano anche la tutela di beni culturali e paesaggistici, a cui si concede solo un piccolo margine in più, “non superiore a sessanta giorni”, “ decorso il quale, ove l’autorità competente non si sia pronunciata, l’autorizzazione, il parere favorevole, il visto o il nulla osta si intendono rilasciati” ( per la tutela ambientale i termini sono addirittura di 30 giorni).
E fa venire i brividi lungo la schiena che lo stesso articolo del decreto deleghi al commissariamento, in quei termini, la “programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione degli interventi sulla rete viaria della Regione Siciliana”.
Ecco, mentre i ragazzi di tutto il mondo scendono in piazza per chiedere fatti veri, e non le solite giaculatorie sul pianeta da salvare di chi continua a sfornare provvedimenti che vanno contro la tutela del nostro patrimonio naturale, il Movimento Cinque Stelle si è messo la corda al collo da solo.
Questi 10 mesi raccontano la tragica parabola di un MoVimento partito con l’ intenzione di guidare i cittadini alla riscossa e che si ritrova al seguito di una politica che ripete, spesso ampliandole, le efferatezze dei suoi peggiori predecessori. Pagheranno i Cinque Stelle, ma pagheranno anche gli italiani, soprattutto quelli che avevano loro affidato il compito di costruire un’Italia dei cittadini che avesse finalmente la meglio sull’Italia degli interessi, delle lobbies, dell’oscurità.
Ancora una volta assistiamo impotenti all’epilogo archetipico di chi, raggiunto il potere con le migliori intenzioni, se le rimangia una dopo l’altra per restare al potere. Anche a costo di vendersi l’anima.
Note.
La presente riflessione è espressa dall’autrice a titolo personale, sul sito Carteinregola.
Sul decreto sblocca-cantieri – definito “pericoloso” dal presidente dell’ANAC Raffaele Cantone – rinviamo al grido di allarme di Carteinregola. (m.b.)
http://www.eddyburg.it/2019/04/cari-cinquestelle-avete-perso-il-treno.html?m=1