Negli ultimi giorni la casa editrice Altaforte, vicina al partito neofascista di Casapound, è finita sotto l’occhio dei riflettori per due diverse vicende: prima perché è stata scelta dal ministro dell’Interno Matteo Salvini per pubblicare un suo libro-intervista; poi perché l’ufficio commerciale del Salone del libro di Torino ne ha autorizzato la presenza all’evento.
Questo fatto ha scatenato la reazione di diversi partecipanti alle iniziative previste in quella cornice. Christian Raimo si è dimesso da consulente editoriale del festival, annunciando però che parteciperà come privato cittadino «per non lasciare spazio ai fascisti», «perché ogni spazio pubblico è campo di battaglia». Sulla stessa linea d’onda, Michela Murgia ha affermato che sarà presente al Salone con maggiore convinzione alla luce della presenza sgradita: «preferisco abitare la contraddizione invece che eluderla fingendo di essere altrove », ha scritto in un lungo post.
Di avviso diverso il collettivo Wu Ming, lo storico Carlo Ginzburg e il fumettista Zerocalcare che hanno deciso di non prendere parte alle presentazioni già programmate. Quest’ultimo ha scritto su Facebook: «mi è davvero impossibile pensare di rimanere tre giorni seduto a pochi metri dai sodali di chi ha accoltellato i miei fratelli, incrociarli ogni volta che vado a pisciare facendo finta che sia tutto normale».
In queste ore, su importanti mezzi di comunicazione, dal Corriere della Sera al programma radiofonico La Zanzara, è comparsa la voce di Francesco Polacchi, responsabile di Altaforte. Polacchi ha dichiarato senza problemi di essere il coordinatore regionale di Casapound per la Lombardia, di essere fascista, di pensare che Mussolini sia il più grande statista italiano, che le difficoltà di un paese vanno risolte anche con una dittatura e che al momento il problema principale è l’antifascismo.
Oltre al classico repertorio dell’estrema destra, Polacchi ha rispolverato un trend diventato recentemente moda nell’area del neofascismo italiano: appellarsi a Voltaire per rivendicare il diritto di parola; sostenere che la democrazia consiste nel far parlare tutti, fascisti compresi; rigirare la frittata accusando di censura e liste di proscrizione chi rifiuta di trattare il fascismo come un’opinione tra le altre e nega la legittimità di qualsiasi spazio. Un punto di vista che trova sponda anche in media mainstream come il Corriere della Sera, che oggi pubblica un editoriale a firma di Pierluigi Battista che accusa i «compagnucci della parrocchietta» di «avanzare ipocritamente presunte buone intenzioni per giustificare la censura e il rogo dei libri».
Ma chi è davvero Francesco Polacchi?
Nato a Roma nel 1986, Polacchi cresce politicamente dentro l’organizzazione di via Napoleone III. Già nel 2006 rilascia interviste ai media nazionali per conto di Cpi, di cui diventa dirigente molto giovane. Viene cacciato dal Convitto nazionale e da una scuola privata e si diploma infine al liceo Farnesina. Del passaggio all’università di Roma 3 non si registrano grandi successi accademici.
Uno degli episodi che lo fanno balzare agli onori delle cronache accade nell’agosto 2007. A soli 21 anni, e insieme ad altri 14 camerati, mentre si trova nella località sarda di Porto Rotondo partecipa a un’aggressione di un gruppo di 4 ragazzi originari di Sassari. Uno finisce accoltellato con ferite gravi all’addome. Polacchi viene arrestato immediatamente e imputato per tentato omicidio. Riceve un foglio di via dal questore di Sassari mentre si trova nel carcere di quella città. Degli sviluppi, e dell’eventuale conclusione, di questo processo non si trovano tracce sui giornali.
Un anno dopo è di nuovo in prima pagina. Viene fotografato il 28 ottobre 2008 con la camicia aperta e un bastone in mano, nascosto dal tricolore, mentre guida un gruppetto di neofascisti in piazza Navona. Ricevuta la notizia di aggressioni e violenze contro gli studenti medi durante la mattina, in tanti si erano mossi dalle facoltà occupate per difendere le manifestazioni contro la riforma Gelmini dalle provocazioni degli estremisti di Blocco Studentesco e Cpi. I neofascisti si rintanano in un angolo della piazza con manici di piccone, cinte e bastoni. Armamentario non sufficiente ad avere la meglio sul corteo antifascista, che mentre li sta cacciando dalla piazza viene caricato dalle forze dell’ordine. I manifestanti sono manganellati e alcuni finiscono in arresto, i neofascisti invece vengono lasciati fare. In televisione saranno mostrate le immagini di un dirigente della Digos che si rivolge a Polacchi chiamandolo per nome e dicendogli di tranquillizzarsi.
Alcuni giorni dopo, il 3 novembre, all’una e mezzo di notte un gruppetto di militanti di Casapound compie un’irruzione negli studi Rai per minacciare la conduttrice di “Chi l’ha visto?” Federica Sciarelli. La giornalista è accusata di aver pubblicato un video che mostra le aggressioni compiute da Blocco Studentesco e il ruolo di Francesco Polacchi nell’assalto.
Il 13 aprile 2010, invece, il dirigente di Cpi finisce in ospedale. C’è un’aggressione con caschi, cinghie e bastoni ad alcuni militanti del centro sociale Acrobax mentre attaccano manifesti per il diritto all’abitare all’università Roma 3, in zona San Paolo. Ma i neofascisti hanno la peggio. Polacchi si rompe un braccio.
Due anni dopo, il 23 marzo 2012, ricompare durante gli scontri nel quartiere romano di Casalbertone, che scoppiano dopo che la mattina alcuni membri del Circolo Futurista hanno aggredito un antifascista della zona. Il 14 dicembre 2013, invece, insieme al vicepresidente Di Stefano è alla testa di un gruppetto di esponenti di Cpi in un’azione contro la sede della rappresentanza dell’Unione Europea a Roma.
Poi per molto tempo di Polacchi si sa poco o niente. È stato trasferito a Milano. Si occupa del marchio di vestiti Pivert, che vende capi d’abbigliamento in negozi legati all’estrema destra e di recente veste anche il ministro Salvini. Proprio nel capoluogo lombardo ricompare alla guida di una ventina di skinhead che aggrediscono una delegazione antirazzista della rete “Nessuna persona è illegale” dentro Palazzo Marino, dove ha sede il comune meneghino. È il 30 giugno 2017. Per quell’episodio Polacchi sarà rinviato a giudizio con l’accusa di lesioni.