Matteo Salvini sfida la scaramanzia e proclama il voto europeo del 26 maggio come un referendum sulla sua figura. Quelli che prima di lui avevano provato a personalizzare le contestazioni elettorali non ne erano usciti bene, ma il leader leghista ha deciso di polarizzare lo scontro. Attirando sulla sua persona le contestazioni della piazza che hanno offerto l’occasione all’amico-nemico Luigi Di Maio di fare sfoggio di moderazione con tanto di invito ad abbassare i toni. «Nelle piazze è tornata una divisione tra estremismi che non credo faccia bene a nessuno, soprattutto al nostro paese, alle nostre famiglie, ai nostri interessi economici e culturali», ha detto il vicepremier grillino ormai calato nella parte del leader centrista che tenta di arginare l’estremismo del suo alleato. Lo rimbrottano anche i sindacati di polizia Siulp e Silp Cgil, auspicando «maggiore sensibilità, soprattutto in un momento delicato come la campagna elettorale». In effetti le piazze vanno surriscaldandosi. E non è detto che la cosa non stia sfuggendo di mano a Salvini, perché qualcosa pare cambiato nel sentimento del paese. Il timore dell’entourage salviniano è che il gioco di alzare la tensione attorno a campagne e tematiche fin troppo istantanee stia mostrando la corda, perché il battibecco quotidiano dei social impedisce di ritagliarsi quel minimo di tempo necessario a costruire il climax e far montare le emergenze. Lo si è visto con il mezzo passo falso delle minacce di chiusura ai negozi di canapa in nome della lotta alla droga. Di contro, tra selfie che finiscono in sberleffo e grotteschi giochi a quiz condotti dal Capitano, la contestazione al leghista è ormai diventata un must, un appuntamento al quale non mancare anche in piazze non storicamente schierate a sinistra e anche ad opera di una platea non strettamente militante. Solo per restare ai giorni scorsi, ci sono stati fischi ad Avellino, Osimo e Pavia. E poi i cartelli ostili disseminati per le strade Catanzaro, altra location che all’apparenza non doveva essere ostile Salvini. Il ministro dell’interno l’altroieri a Settimo Torinese ha decisamente perso la calma, mostrando un nervosismo inedito e attaccando i responsabili del servizio d’ordine per la presenza di numerosi contestatori: «Ma vi pare normale permettere una cosa del genere?». Anche la giornata di ieri non era iniziata sotto i migliori auspici. Al secondo piano di una palazzina al centro di Brembate, nel bergamasco, è comparso lo striscione con la scritta «Non sei il benvenuto». Non erano ancora le 9 quando è partita la complicata operazione di rimozione che ha suscitato polemiche. Sono dovuti intervenire i vigili del fuoco, che hanno fatto capire di non gradire di essere mobilitati per cose del genere, rimpallando la responsabilità del blitz sulla questura di Bergamo. Salvini ha proseguito il suo tour a Lumezzane, in provincia di Brescia. Qui avevano preparato uno stendardo con tanto di citazione dall’articolo 2 della Costituzione: «La Repubblica riconosce i diritti inviolabili dell’uomo. Solidarietà politica, economica e sociale». L’Unione degli studenti invita ad allestire «balconi di protesta» in occasione del comizio che Salvini terrà domani a Campobasso, altra città che solo fino a poche settimane fa non avrebbe mai impensierito le ruspe della comunicazione salviniana. Sabato la giornata potrebbe essere campale: è prevista la manifestazione milanese della Lega, in piazza Duomo. Nella città che ha più volte manifestato per l’accoglienza l’assessore alle politiche sociali Pierfrancesco Majorino pronostica: «Ci saranno molti striscioni appesi ai palazzi».