Meno di tre anni fa, era il 15 luglio del 2016, tutti noi della Cooperativa il manifesto ricomprammo il giornale: fu un momento storico e emozionante, il coronamento di una battaglia durissima, di una lunga marcia di donne e di uomini che hanno sempre amato e difeso il loro lavoro. Fu per noi un’impresa difficilissima che non si sarebbe realizzata senza il grande sostegno, e successo, della campagna di autofinanziamento. E pensavamo di essere riusciti a fare il miracolo di diventare, una volta per tutte, padroni della nostra storia, di aver messo al riparo il futuro del giornale e dei più giovani. Ma avevamo fatto i conti senza l’oste, perché il nostro ottimismo, la nostra impresa, era già da tempo tra le vittime designate dei 5Stelle. Al Movimento non piace la libera stampa, non piacciono i giornali in genere perché è nato e cresciuto usando il web. Passando dall’opposizione al governo, adesso i 5Stelle vogliono tagliarci le gambe, vogliono decidere loro, il governo, a chi distribuire i finanziamenti dell’editoria e a chi toglierli. Chi deve vivere e/o morire: come fanno i killer. Durante la conferenza stampa di fine anno, il Presidente del Consiglio, Conte, passato da “avvocato del popolo” (auto definizione) a esperto timoniere governativo (definito così da qualche commentatore benevolo), rispondendo ad una precisa domanda del manifesto sul perché il suo governo volesse toglierci di mezzo, disse che nessuno voleva ostacolare la libera espressione della stampa. E aggiunse che si sarebbe trovata una soluzione attorno a una tavolo di confronto, i famosi Stati dell’Editoria ai quali non siamo stati invitati, insieme ad altre testate, e che semmai servono a rafforzare l’idiosincrasia anti-stampa iscritta nel Dna dei pentastellati, sia di destra che di sinistra. E Conte non ha mantenuto l’impegno preso. C’è un però, un ostacolo, al loro odio, alla loro antipatia: noi. Come sa bene chi ci segue da decenni o da poco tempo, abbiamo sempre lottato durante questi 48 anni di esistenza del giornale. E non smetteremo di farlo adesso, anche se lo scontro è tra chi attacca con le cannonate e chi si difende con armi di carta. Non ci lasceremo chiudere, romperemo il muro che vuole seppellirci buttando giù un mattone dopo l’altro, come è successo sempre grazie al contributo delle lettrici e dei lettori che hanno difeso il manifesto, un giornale di sinistra che ha un altro Dna: la democrazia, la libertà, i diritti, il lavoro, i valori fondanti della storia italiana. Chi vuole eliminarci sa che si scontrerà con i nostri lettori. Che avranno a disposizione un serissimo gioco collettivo, Iorompo.it, una inedita testata online, la trincea da cui colpiremo e abbatteremo il muro del governo, con una campagna di crowdfounding che diventerà patrimonio di tutti. Facendo tesoro della forza travolgente che certe volte le buone cause sono capaci di scatenare, andiamo verso uno scontro duro e il “gioco” sarà il cuore pulsante online che misurerà la pressione della nostra nuova avventura giornalistica. Naturalmente l’invito e la speranza è di suscitare un’attiva e larga partecipazione di tutti, tre euro o mille non c’è problema: basta cliccare iorompo.it e buttare giù qualche mattoncino. D’altra parte il concetto, l’idea generale è semplice: quel che i 5Stelle ci tolgono con i tagli dobbiamo sostituirlo con la sottoscrizione per alzare un ponte, fatto di carta, di abbonamenti, di solidarietà, di partecipazione. L’obiettivo è una valanga di adesioni per arrivare a un milione e 200mila euro in un anno. Ogni volta che lanciamo una campagna di sostegno, ci chiediamo se ce la faremo. Pur non avendo alle spalle editori di peso, che spendono una valanga di euro per tentare di rinnovarsi, l’esperienza passata ci dice di sì. Ma la metà delle carte del mazzo l’avete in mano tutti voi che ci leggete, e anche quelli che non lo fanno e però sono convinti che cancellare un voce democratica sarebbe un serio danno per la stessa democrazia. Soprattutto se ad uscire dalle edicole fosse un giornale come il manifesto, foglio di storia e di attualità della sinistra in un momento di massima difficoltà proprio della sinistra. Sarebbe una mazzata per il pluralismo delle idee, per una informazione diversa, autonoma, libera, imprevedibile, anticonformista. Non possiamo fermare la crisi della carta stampata, probabilmente irreversibile come dicono i numeri. Tuttavia possiamo provare ad arginarla combattendo la nostra battaglia di libertà, con una campagna che andrà avanti fino a quando non saremo riusciti a demolire gli ostacoli che questo governo, illiberale e xenofobo, sta alzando contro di noi. Certo, anche Avvenire, Radio Radicale, e altre piccole testate sono nel mirino di palazzo Chigi. Ma noi siamo l’unico quotidiano di sinistra preso di mira. “C’è chi i muri li fa e chi li rompe. Noi Rompiamo” è la bandiera con cui affrontiamo anche quest’impresa, rompete e abbonatevi, abbonatevi e rompete. In questo caso, senza più finanziamento dell’editoria, gli abbonamenti diventano le fondamenta dell’impresa stessa. Vogliamo continuare a costruire un giornalismo di qualità, condiviso, accessibile a tutti perché bene comune e perché un quotidiano indipendente è necessario come l’aria che respiriamo. I muri sono molti, in Italia e nel mondo, e ciascuno di noi, di voi, ne ha uno che vorrebbe buttare giù. Ma forse il più pericoloso, il più difficile da smantellare è quello dell’ignoranza, come questa stessa campagna elettorale dimostra, misurandone ogni giorno la profondità. Alle prossime elezioni gli elettori cercheranno la sinistra, una scelta non facile, peseranno sul voto molte esigenze concrete più che molte speranze. Ma tra tutti i luoghi, le forze, i partiti in cui la cercheranno ce n’è uno, il nostro giornale, da condividere, un giornale che di tutto questo mondo, confuso e sparpagliato, sappia rappresentare le idee, i percorsi e le conquiste.

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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