Per il suo coraggio a denunciare i crimini commessi dall’Unione Europea in perfetta sintonia con i diktat degli Stati Uniti, sull’AntiDiplomatico vi abbiamo spesso scritto, con un’iperbole, come la presenza di Javier Couso fosse l’unica ragione valida per l’esistenza del Parlamento europeo. Minacciato direttamente da quell’opposizione venezuelana che qui si vuole far passare come portatrice di democrazia e libertà ed è responsabile, tra gli altri crimini, di aver bruciato vive persone solo perché di idee diverse dalla loro; Javier Couso, all’interno del gruppo Gue e come vice-presidente della Commissione esteri, si è battuto per tutta la scorsa legislatura del Parlamento europeo per denunciare i soprusi di una istituzione molto lontana dai cittadini dei paesi membri che la compongono, nonché amplificatore e esecutore delle criminali politiche imperialiste della Nato e Stati Unti. 

Javier Couso ha deciso di ricandidarsi anche alle prossime elezioni sostenuto dal partito “Izquierda en Positivo” e dal movimento della Revolucion ciudadana dell’ex Presidente dell’Ecuador Rafael Correa. Abbiamo avuto il privilegio di rivolgergli alcune domande come AntiDiplomatico.

L’Intervista

Come giudica la sua prima esperienza nel Parlamento europeo?

E’ stata un’esperienza di lavoro dura in un’istituzione gigantesca dominata dalla grande coalizione neo-liberale e in un momento di rivitalizzazione dell’estrema destra xenofoba. Ha richiesto un lavoro supplementare e una gran forza di volontà per difendere quelle politiche legate alla sovranità dei popoli, alla non interferenza, all’opposizione alle pratiche di consenso utilizzate dal capitalismo finanziario e per affermare il totale rifiuto agli interventi militari, fossero questi apertamente dichiarati come nel caso libico, o per procura (proxy war) come nel caso della Siria.
In questa legislatura abbiamo vissuto l’insediamento del governo emerso dal colpo di stato in Ucraina, l’escalation della guerra nel Donbass, l’intervento spudorato dei paesi europei a sostegno di un’opposizione terrorista che ha operato in Siria – ma che ha colpito anche le nostre città. Abbiamo inoltre vissuto il più grande esodo di rifugiati dopo la seconda guerra mondiale (motivato dall’interventismo occidentale), l’espansione sempre più aggressiva della NATO verso est, l’assoluta demonizzazione della Russia e l’ostinata interferenza contro il Venezuela, tra le altre cose. In tutte queste fasi, la mia voce ha rotto la tranquillità dei burocrati organici del capitale. Pertanto, e concludendo, posso affermare senza problemi che sono orgoglioso che il mio lavoro abbia accompagnato le lotte dei popoli nel Parlamento europeo.



Da anni ormai si sente parlare della “necessaria riforma dell’Europa” per poi assistere impotenti alle stesse politiche sempre più lontane dalle esigenze dei cittadini membri. Non crede sia giunto il momento che i partiti progressisti dell’Europa mediterranea inizino a ragionare su una nuova piattaforma da costruire insieme. Un’organizzazione alternativa?

Sì, lo penso da molto tempo, ma sfortunatamente nella sinistra spagnola è un pensiero di minoranza e perlopiù in una delle società tra le più europeiste nei paesi che compongono l’UE. Ritengo che sia necessario arrivare ad una proposta politica che spieghi chiaramente come l’UE sia irriformabile e come, con questa correlazione di forze, i trattati siano una vera e propria camicia di forza per la sinistra. Da noi inizia a prendere piede qualche timido discorso in questo senso. Personalmente mi mobilito spesso, nel mio stile, così che si possano aprire nuovi spazi nel dibattito. Di fronte all’integrazione europea nelle mani del grande capitale finanziario che porta alla disintegrazione della sovranità nazionale e popolare, è necessario rilanciare le bandiere che progettano alternative.I popoli dell’Europa meridionale potrebbero fare molto a riguardo.

Venendo alla politica estera, tema di cui si è occupato in questi anni al Parlamento europeo. Dopo i disastri di Jugoslavia, Iraq, Libia, Siria, Afghanistan, Ucraina… ora sembra che i soliti tristemente noti abbiano preso di mira le risorse energetiche di Iran e Venezuela. E’ davvero ipotizzabile un nuovo scenario bellico nel breve periodo?

Non credo che la grande forza dimostrata dal popolo venezuelano, i suoi sistemi d’arma avanzati, la sua conformazione territoriale e la volontà espressa dell’esercito brasiliano di non impegnarsi in un’aggressione, da una parte, e le inevitabili successive insurrezioni in Colombia, dall’altro, porteranno ad un’aggressione americana che non sia per delega. Non credo, inoltre, che la società americana possa sostenere un’avventura che sarebbe molto più costosa di quella contro l’Iraq e più difficoltosa confrontando le obsolete forze armate irachene con le forze armate moderne bolivariane e il suo disegno asimmetrico. Qualcosa di simile e in scala ancora maggiore vale nel caso dell’Iran, dove l’asse della resistenza si è rafforzato dopo la vittoria della Siria, sostenuto dall’Iran, Hezbollah e la Russia. Non sottovalutiamo poi il pantano del suo alleato saudita nello Yemen e il potere militare asimmetrico di una nazione, l’Iran, di quasi cento milioni di persone con una cultura della resistenza incisa nel fuoco della sua storia.
Certamente ci sono molti falchi che sarebbero entrati in guerra senza pensarci, ma credo, e spero non sbagliare, non vedremo qualcosa di simile a quello che abbiamo assistito in Iraq o in Siria… più che altro temo il caos nei luoghi di approvvigionamento della vera rivale dell’egemonia statunitense che è la Cina.



Nonostante la retorica fuorviante di chi ancora le giustifica, le sanzioni contro Siria, Iran, Venezuela colpiscono direttamente le popolazioni. Uno studio recente di un think tank specializzato statunitense ha stimato come le sanzioni contro il Venezuela, ad esempio, abbiano prodotto oltre 40 mila morti dal 2017. Come si fa a definire ancora l’Unione Europea, responsabile diretto di tutto questo, come “paladino dei diritti umani”?

Come accaduto in Iraq, le sanzioni sono responsabili di decine di migliaia di morti tra la popolazione civile. Ma ciò che aggrava tutto è che sono misure di aggressione contrarie alla Carta delle Nazioni Unite. È sorprendente vedere il consenso in seno al Parlamento europeo su queste sanzioni illegali e unilaterali di un nano politico come l’UE. Tutto questo finirà solo quando una sinistra cosciente arriverà a proporre una vera politica di rispetto e non interferenza nei rapporti tra Stati.

In un discorso recente al Parlamento europeo, lei ha dichiarato, rivolgendosi ai suoi colleghi:  “Avete per caso speso un minuto a pensare alla distruzione totale dello stato libico? O al sostegno ai gruppi terroristi che hanno devastato la Siria? In Venezuela utilizzano le stesse menzogne.” Come si fa a difenderci dalle menzogne che alimentano le guerre in una fase in cui, al contrario, si cerca di censurare chi quelle fake news le combatte attraverso la rete?

Bisogna lavorare sodo, studiare senza sosta. I nostri interventi devono essere più incisivi dei loro e con un linguaggio semplice. Inoltre, bisogna aiutare a far crescere la comunicazione popolare e chiedere senza paura la democratizzazione dello spazio radio-elettrico, che è dello Stato, quindi di tutti. Quando si è al potere, bisogna azionare mezzi comunicativi, non importa quanto piccola sia la città o il paese governato, e devono essere prodotti di qualità per poter competere con i grandi media corporativi.

Alessandro Bianchi

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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