Immagino sia una storia che preferiamo non ricordare – e noi maschi siamo bravissimi quando vogliamo dimenticare qualcosa – ma credo che occorra fare un esercizio di memoria. E di verità. Noi viviamo in un continente che prende il nome da una donna stuprata. Ed è una storia con cui dovremo, prima o poi, fare i conti.
Europa era l’unica figlia femmina di Agenore, il re della terra di Canaan. Zeus si invaghì di lei e volle possederla. Ordinò a Ermes – che comunque si prestava volentieri a questi compiti da ruffiano – di condurre il bestiame di Agenore verso la riva del mare, dove sapeva che Europa e le sue compagne erano solite andare a giocare. Zeus si nascose in mezzo alla mandria, prendendo le sembianze di un grande toro bianco, con le piccole corna che parevano due gemme, tra cui correva un’unica striscia di pelo nero. Il toro si avvicinò a Europa, che, vedendolo così mansueto, non ebbe paura di accarezzarlo e di salirci in groppa, scherzando con le sue giovani amiche; il predatore sa bene come nascondere le sue mire. Il toro si avvicinò all’acqua, tra le risate di Europa e delle compagne, e all’improvvisò si gettò in mare e cominciò a nuotare, sempre più velocemente. Europa gridava, si teneva aggrappata alle corna dell’animale, diventato così indocile, e stringeva a sé i fiori che aveva in mano, come se volesse usarli come uno scudo. Intanto dalla riva le compagne lanciavano alti lamenti. Dalla terra di Canaan potevano andare solo verso occidente, ma era in qualche modo il destino di quella giovane, perché c’è nel nome di Europa un’antica radice che richiama l’idea di tramonto. Arrivati a Creta, Zeus lasciò Europa su una spiaggia, si trasformò ancora, questa volta in un’aquila – perché il predatore non vuole farsi mai riconoscere – e violentò la ragazza. Poi tornò sull’Olimpo, non curandosi più di quella donna, che era stata soltanto un suo capriccio.
E così la terra del tramonto cominciò a chiamarsi Europa.
Ma spesso le storie, specialmente quelle così antiche, ne nascondono delle altre, ancora più antiche. Prima di Esiodo, prima di Omero, l’immagine di una giovane donna, ornata di fiori, che sta in groppa a un toro, era assai diffusa in quella terra che non si chiamava ancora Grecia. Ma non era spaventata, perché non era prigioniera del toro: quella donna aveva domato l’animale e lo guidava. Era la Luna che appariva trionfante sul toro solare, era la Gran madre che teneva sottomessi i maschi, era il mondo in cui le donne, in forza della loro natura creatrice, guidavano la terra. E solo una violenza avrebbe potuto spezzarle, solo uno stupro: i maschi dovevano ferire le donne in quello che avevano di più sacro.

p.s. Potete considerare questa soltanto una storia, oppure – se volete – come una metafora. Potete perfino prenderla come un’indicazione di voto (o di non voto). O forse un aiuto per capire cosa siamo diventati, e cosa saremmo potuti diventare. Mi piacerebbe che qualcuno, specialmente le giovani donne, la considerassero una provocazione e uno sprone.

se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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