L’altalena di contraddizioni politico-programmatiche che vive il governo in questi giorni non è una novità: la campagna elettorale per le europee aveva scatenato la competizione tra Lega e Cinquestelle ma, il dato fondamentale e degno di sottolineatura, sta tutto nella prosecuzione senza sosta di questo scontro permanente che riguarda tutte tematiche che fanno capo agli interessi della grande borghesia imprenditoriale e dell’alta finanza, mentre non esiste nessun tipo di confronto nell’esecutivo, tanto meno nel Parlamento, sui temi di rilevanza sociale. Dal tentativo scissionista posto sotto le mentite spoglie dell’”autonomia differenziata” fino all’annosa questione del TAV, dalla procedura di infrazione per il debito all’assegnazione dei giochi olimpici invernali nel 2026 a Milano e Cortina, tra le due forze di governo è una continua sfida all’arma bianca: le spade si incrociano ma il colpo finale, il “tocco”, per il momento viene evitato. Ci si fronteggia con toni aspri, con reciproche accuse, con la formazione di correnti interne tanto alla Lega quanto al movimento pentastellato, ed è sempre più difficile riuscire a capire se Salvini e Di Maio proseguono sulle strade parallele che hanno inforcato aspettando di passare il periodo estivo e di arrivare ad elezioni a settembre (o il più tardi possibile, come nel caso più evidente dei Cinquestelle) oppure se prevarrà lo spettro della manovra finanziaria a far desistere entrambi dal lacerarsi su continue beghe che vengono amplificate dai quotidiani, alcuni dei quali fanno una opposizione esplicita e anche abbastanza concreta a tante misure disumane del governo. Ciò che sembra prendere corpo è l’avvitamento della dialettica governativa intorno ad una spirale senza fine esclusivamente legata ad interessi che non sono quelli popolari, socialmente intesi, ma invece riguardano sempre e soltanto le classi più abbienti e i privilegi intoccabili che certi poteri economici regionali vorrebbero avere e accrescere tramite ad esempio l’”autonomia differenziata”. Non si può dunque negare che non esista una linea politica dell’esecutivo che trovi la sua unitaria convergenza sul discutere, seppur con opinioni differenti, su tematiche che rimangono dirimenti non tanto per il sistema-Paese quanto per la borghesia padronale e la finanza che determina, coll’indice di gradimento borsistico su titoli svariati, il naturale condizionamento da parte della struttura economica della sovrastruttura politica. Sul fronte opposto, seppur con qualche leggero e flebile distinguo, non si scontrano le forze di governo sui temi del lavoro, su quelli dei migranti della Sea Watch che da tredici giorni fanno avanti e indietro fuori dalle acque territoriali italiane davanti a Lampedusa, sbattendo contro il muro di crudeltà chiaramente espresso dal concetto: “Per me possono stare lì fino a Natale“, mentre a bordo vi sono persone stremate al punto tale da chiedere alla Corte dei diritti umani dell’Europa un intervento sul governo italiano. Un intervento per ora rimandato visto che non esisterebbe una “emergenza”, quindi in sostanza siccome non stanno ancora per crepare, possono aspettare nel caldo africano che passa anche sul Mediterraneo oltre che sul continente, in balia delle onde e con dietro le loro spalle l’incubo della carneficina e delle torture libiche. Su questi temi, giustamente considerati di secondo piano da chi si preoccupa principalmente di garantire gli interessi di classe che deriveranno dai giochi olimpici invernali di Milano e Cortina, dalla costruzione del TAV, dalla introduzione della flat tax (vera e propria emergenza incostituzionale), il governo ritrova compattezza nel respingere qualunque forma di espressione umana. Duro e spietato con i deboli, il contrario con i forti. La propaganda leghista ci dice che “nemmeno a Natale” i migranti potranno sbarcare mentre a Lampedusa arrivano i cosiddetti “barchini invisibili”: piccoli gozzi e sandolini che vengono trainati da una cosiddetta “nave madre” e lasciati a poche miglia dai confini nautici per poter raggiungere agevolmente (nel senso dell’elusione di controlli da parte della guardia costiera) le coste italiane. Sui “sociale” e nei discorsi su autobus e bar si può ascoltare, da parte di quelli che almeno sanno che bandiera batte la Sea Watch: “…che se li prenda l’Olanda!”. Non accorgersi della disumanizzazione di questa frase e di molte altre e di conseguenti comportamenti di odio e xenofobia proprio mentre si nega di essere odiatori seriali e razzisti, è già una piccola Auschwitz. Mentre la disumanità cresce, il crudelismo si inspessisce negli ambienti istituzionali, la diatriba tra pentastellati e Lega va avanti sui “grandi” temi economici e dimostra, come sempre, che un governo – soprattutto in questo frangente di competizione tra diverse polarizzazioni all’interno e all’esterno dell’Unione europea – gestisce il livello di garanzie per la borghesia: chiamatela pure “ceto medio”, ma non confondete gli interessi sociali degli sfruttati con quelli di chi esultava all’assegnazione delle olimpiadi invernali del 2026. Tutti festeggiavano l’Italia, tricolore alla mano e nel taschino: sono sempre i soliti dei campionati di calcio di trent’anni fa, i cui costi stiamo ancora pagando oggi. Peggio dell’imposta che venne messa fino al 1982 per ricostruire Messina e Reggio dal grande terremoto che le distrusse nel 1908. Da allora sono passati quasi 111 anni, eppure il Paese si rivolta continuamente nel suo stesso fango.