Venezuela, killer israeliani coinvolti per uccidere Maduro. Il governo di Caracas presenta le prove di un nuovo piano golpista
di Geraldina Colotti
Dar fuoco a tutto e mostrare al mondo il cadavere di Maduro e quello di Cabello come un trofeo. Questo il piano messo in marcia dall’opposizione golpista venezuelana per far cadere il governo bolivariano e innescare una guerra civile. La conferenza stampa del ministro della Comunicazione venezuelano Jorge Rodriguez non lascia dubbi. Mostra con chiarezza la catena di complicità internazionali che guida i tentativi destabilizzanti, dati per imminenti dai periodici annunci dei falchi del Pentagono e dei governi vassalli come quello di Duque in Colombia.
Bisognerebbe tradurre i video, i discorsi, le confessioni, gli inoppugnabili riscontri, in tutte le lingue dei paesi i cui governi appoggiano l’autoproclamato Juan Guaidó e che vorrebbero questa cricca di topi famelici al governo del Venezuela. Bisognerebbe obbligare i vari organismi “per i diritti umani” che considerano questi assassini come “prigionieri di opinione” o “democratici in lotta contro la dittatura” ad ascoltarne i propositi dalla loro viva voce, captata da chi ha messo in gioco la propria vita per mostrare al mondo di che pasta siano fatti questi campioni della democrazia borghese.
Nei video illustrati da Rodriguez con la consueta calma e precisione, li si ascolta pianificare massacri come se si trattasse di andare a pesca. Progettano di ammazzare “il 95% dei generali”, organizzano gli omicidi mirati dei leader delle organizzazioni sociali, dei medici, degli sportivi e degli intellettuali cubani presenti in Venezuela. I killer destinati a far fuori Nicolas Maduro, Cilia Flores, Diosdado Cabello, sono israeliani e provengono dalla Colombia, che di esperienza sanguinaria ne ha, appunto, da vendere. Gli altri cecchini si trovano all’interno del paese, in quelle zone grige di poliziotti, militari e servizi segreti in pensione nemici del progetto umanista bolivariano, che punta sulla pace con giustizia sociale e non sulla risoluzione militare dei conflitti sociali e di quelli internazionali.
I video mostrano dall’interno lo scontro di tutti contro tutti che esiste all’interno di queste bande golpiste e che confermano quanto filtrato dalla conversazione di John Bolton, secondo il quale vi sarebbero circa 40 aspiranti alla presidenza del Venezuela, una volta rovesciato Maduro. Qui ne vediamo agire almeno tre: l’autoproclamato Guaidó, l’ex generale Baduel ancora in carcere, e il solito Leopoldo Lopez. Tutti decisi a farsi le scarpe per perseguire un unico fine: mettere le mani sul bottino, ovvero le immense risorse del Venezuela.
Pericolosi millantatori, che godono però di complicità ai più alti livelli. A un certo punto, uno dei principali cospiratori, Eduardo José Baez Torrealba vanta appoggi all’interno dell’ONU, sostiene che dopo il previsto e spettacolare assassinio di Maduro, vi sarà grande appoggio internazionale: dagli Usa, naturalmente, e dal Gruppo di Lima, e dall’”istituto IDEA, dove 37 presidenti – dice – giustificheranno la nostra azione”. Torrealba cita, però, anche il Nunzio Apostolico. E Jorge Rodriguez chiede: “Lo sa il Nunzio Apostolico di essere citato così da Torrealba? Che dicono le ambasciate della Reppubblica domenicana, del Panama e della Colombia da dove stanno agendo questi figuri? E cosa sperano questi assassini, sperano che il Segretario generale dell’ONU li applauda?”
Lo sa Michelle Bachelet, Alta Commissaria Onu per i diritti umani, di chi si sta facendo paladina? Lo sa il governo italiano? Di sicuro lo sa l’inqualificabile segretario generale dell’OSA, Luis Almagro, che i golpisti li sta appoggiando direttamente: come sta facendo ora accusando nuovamente Maduro di violare i diritti umani in un’apposita riunione dell’OSA a Medellin.
Dai video emerge con chiarezza il motivo delle diserzioni, della fuga a Washington o nelle ambasciate spagnola e latinoamericane di questi “eroi” dal portafoglio gonfio e dall’animo nero: i soldi, fiumi di dollari pagati per la rocambolesca fuga dell’ex commissario Simonovis, agli arresti domiciliari a causa di “9 infermità croniche”, o dell’ex capo del Sebin Cristopher Figuera, corso a mettersi al servizio degli USA. Traditori, votati al denaro e non alla bandiera.
Se fino a oggi non ce l’hanno fatta, è però grazie agli “anticorpi” che esistono nella rivoluzione bolivariana. Jorge Rodriguez ne ha citato alcuni, che derivano dalla coscienza del popolo bolivariano: la fedeltà della Forza Armata Nazionale Bolivariana, e l’alta capacità di investigazione e dell’intelligence popolare, che ha consentito di sventare questo nuovo tentativo di golpe, controllando i movimenti dei cospiratori dall’interno, e per mesi.
Per chi volesse avere una idea diretta, su youtube è disponibile il video completo della conferenza stampa del ministro Rodriguez.