Disastro ambientale senza precedenti nell’Artico: i pompieri non riescono più a domare gli incendi in Alaska e Siberia
di Tatiana Maselli – greenme
Continuano gli incendi che stanno devastando le foreste dell’Artico dalla Groenlandia, alla Siberia e all’Alaska, e gli acri andati in fumo hanno superato i 2 milioni dopo l’espansione delle fiamme avvenuta nelle ultime ore.
Gli incendi sono stati probabilmente accesi da fulmini e ora hanno raggiunto dimensioni enormi. Dalle immagini satellitari diffuse nelle scorse ore è chiara l’entità del disastro: i più grandi incendi si trovano in Siberia, nelle regioni di Irkutsk, Krasnoyarsk e Buriazia, nonché in Yakutia, con conseguenze catastrofiche sull’ecologia.
Le alte temperature, le nubi basse, i forti venti e la scarsa visibilità rendono quasi impossibile per i pompieri combattere le fiamme. Per cercare di domare gli incendi sono arrivati sul posto anche squadre di vigili del fuoco dagli Stati Uniti, ma non è bastato.
La visibilità è praticamente nulla e anche gli aeroporti di diverse città hanno sospeso partenze e atterraggi dei voli locali a causa del fumo e del maltempo. Inoltre molti incendi stanno interessando aree difficili da raggiungere e questo complica ulteriormente il lavoro dei pompieri. Gli incendi sembrano ormai inarrestabili.
Per il momento le fiamme non stanno minacciando i centri abitati, ma la popolazione è comunque raggiunta dal fumo, che si è diffuso nella maggior parte della Siberia, e dal pericoloso inquinamento atmosferico provocato dagli incendi.
Gli incendi hanno infatti emesso nell’atmosfera circa 100 megatoni di CO2, una cifra enorme, pari alla quantità di anidride carbonica prodotta in un intero anno da una nazione grande quanto il Belgio. La quantità di gas serra è destinata ad aumentare, poiché le fiamme stanno ardendo in terreni di torba, che rappresentano un deposito di carbonio. Questo, oltre ad aumentare la CO2 nell’aria, rende anche più difficile spegnere gli incendi, che nella torba bruciano più in profondità nel terreno e possono durare settimane o addirittura mesi, anziché poche ore o giorni come per la maggior parte degli incendi boschivi.
Non è raro che durante i mesi estivi si sviluppino incendi in queste zone, ma erano almeno 10mila anni che le fiamme non divampavano a questa velocità.
Le temperature straordinariamente elevate registrate tra giugno e luglio hanno portato a roghi senza precedenti che stanno distruggendo la flora e la fauna e immettendo enormi quantità di gas serra che contribuiranno ad aumentare ulteriormente il riscaldamento globale.
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