di Giuseppe Masala
Ieri è stato pubblicato il bollettino della BCE nel quale si prospetta che la politica dei tassi eccezionalmente bassi continui anche nel prossimo futuro e dove si adombra addirittura la possibilità di una nuova manovra di Quantitative Easing. Ovvero di una operazione nella quale la BCE riprende ad acquistare titoli di stato sul mercato secondario aumentando così la quantità di danaro liquido presente nel sistema.
Tutto ciò secondo la BCE sarebbe necessario per contrastare il rallentamento dell’economia mondiale e, conseguentemente, la stagnazione (con grave rischio di recessione) che sta vivendo l’Europa.
C’è solo un problema, e non è un problema di poco conto. La maggior parte dei titoli di stato europei hanno un tasso negativo sia dal punto di vista nominale che a maggior ragione reale (tasso d’interesse nominale -/+ tasso d’inflazione). Dunque non si capisce cosa potrebbe causare un’entrata in questo mercato della BCE. Abbassare ulterioriormente i tassi già negativi e conseguentemente esponendo i risparmiatori ad ulteriori perdite? La verità vera è che la politica monetaria della BCE (come ci ha spiegato Ashoka Mody per esempio) ha completamente fallito e ora Francoforte è letteralmente in brache di tela: i tassi ufficiali sono sostanzialmente già a zero e dunque non c’è margine di manovra e un nuovo Quantitative Easing non è più solo inutile, è direttamente dannoso visto che i tassi sui titoli di stato sono mediamente negativi.
La verità vera è che l’accoppiata di politica economica decisa nel 2011 dal duo Merkel-Draghi fatta di politiche monetarie enormemente accomodanti e di politiche fiscali ferocemente restrittive si è dimostrata fallimentare. L’ho detto più volte nel mio piccolo: “E’ come schiacciare a tavoletta l’acceleratore della macchina con il freno a mano tirato: o si rompe il freno e vai a sbattere sul muro di fronte a dove sei parcheggiato o si fonde il motore”.Si sono rotti i freni e abbiamo sbattuto sul muro di cemento armato di fronte. Non ci rimane che andare dal carrozziere.
A dimostrazione ulteriore (se mai fosse necessaria) c’è uno studio di Mediobanca uscito oggi. L’indagine annuale dell’Area Studi di Mediobanca sui dati di bilancio aggregati delle principali imprese industriali e di servizi italiane ci spiega che le 2.095 società italiane hanno accumulano liquidità e non investono.
Dai risultati della ricerca vediamo infatti che nel 2018 gli investimenti sono rimasti congelati (-0,1% sul 2017) e rispetto al 2009 sono scesi in media del 4,7% fino ad oggi. Invece le disponibilità liquide a disposizione delle 2.095 imprese esaminate sono aumentate dell’81,7% dal 2009 e ammonta nel 2018 a 77,2 miliardi di euro, a fronte di investimenti a valori correnti stabili nel decennio e pari nel 2018 a 29,7 miliardi di euro.
La verità è che semplicemente se lo Stato non investe a causa delle politiche fiscali restrittive imposte da Bruxelles (sotto dettatura della Merkel e Draghi) neanche i privati investono e conseguentemente la loro liquidità rimane inutilizzata. A quel punto è anche inutile l’immissione di nuova liquidità della BCE che serve solo a rendere i tassi ancora più negativi dissanguando i risparmiatori.
Occorre ribaltare il paradigma: gli stati devono spendere (soprattutto quelli con un enorme surplus delle partite correnti) e investire per attivare anche l’acceleratore degli investimenti privati. Quindi politiche fiscali espansive magari accoppiate con politiche monetarie neutrali.
E’ ora di mandare in pensione il ticket Draghi-Merkel.