La vera crisi l’abbiamo vista in diretta: ed è la catastrofe di una classe dirigente
Salvini, Renzi, Casellati, Marcucci. La seduta agostana del Senato ha mostrato il problema più grave di questo Paese: la spaventosa pochezza culturale, etica e soprattutto umana dei protagonisti della politica
DI ALESSANDRO GILIOLI
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L’io, sempre davanti a tutto.
L’io di Renzi, il primo andato in scena, così tronfio di sé, così eccitato di essere tornato protagonista, di poter manovrare a piacere quei gruppi parlamentari che domani potrebbero essere decisivi
Un io talmente tracimante da renderlo poco credibile – zero credibile – perfino quando diceva cose di buon senso, tanto era evidente che erano di buon senso solo per caso, perché fortuitamente coincidono oggi con i suoi interessi personali e di corrente, con i suoi disegni, con le sue strategie – e domani chissà.
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E poi subito dopo, l’io assai più spaventoso di Salvini in Senato, postura e ghigno da gangster, in piedi a mandar baci di scherno a chi lo contesta, ad allargare le braccia fingendo umiltà, a simulare cortesie per poter subito dopo azzannare meglio, a chiamare beffardamente “amici” tutti quelli che vorrebbe veder morti – «l’amico Di Maio», «gli amici 5 Stelle», perfino «gli amici del Pd» , e poi ancora altre infinite derisioni, «vi vedo belli frizzantelli»,
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L’Italia? Ma l’Italia ieri in quell’aula era solo un boccone da sbranare, uno scalpo da esibire, un terreno su cui spadroneggiare,non certo scopo ma spudoratamente mezzo, mezzo di estensione del sé, del “comandare che è meglio che è fottere”, un Paese sacrificato al testosterone di anziani machos in cui libido e potere si mescolano fino a diventare una cosa sola.
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L’Italia, appunto.
L’Italia a cui uno spera siano almeno rimaste le istituzioni, le alte cariche dello Stato, quelle personalità che se non altro per ruolo non dovrebbero pensare più solo a sé e alla propria tribù di appartenenza ma al Paese fuori, insomma quelli da cui ti aspetti ingenuo un colpo d’ala.
E poi invece vedi Casellati, il primo frutto avvelenato di questa legislatura, Casellati che strillava già eversiva sulle scale del tribunale di Milano, Casellati che giurava su Ruby nipote di Mubarak – e diventare la seconda carica dello Stato purtroppo non l’ha per nulla cambiata, anzi.
Ed eccola lì, sullo scranno più alto, a chiamare Salvini “Presidente” (ma presidente di cosa, santo Dio?)
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Infine gli altri, le seconde linee, i comprimari.
Tra questi, il capogruppo del Pd Andrea Marcucci, che Dio lo perdoni, il rampollo milionario Marcucci che entrò in politica a destra e a destra divenne deputato a 24 anni con una campagna elettorale da mezzo miliardo, prima di capire che nella sua Toscana gli affari migliori si facevano a sinistra – la sinistra intesa come complesso produttivo, industriale e turistico – e allora ecco la Margherita, e la relazione a 360 gradi con quel giovane presidente della provincia di nome Matteo Renzi.
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Ecco, questo abbiamo visto, crudamente, transitare martedì 13 agosto davanti ai nostri occhi.
Non solo la crisi politica e nemmeno la crisi istituzionale, di sistema, in cui pure siamo immersi. Ma anche una gigantesca catastrofe culturale, etica e soprattutto umana di un’intera classe dirigente.
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