Spingere la ratifica di un accordo commerciale disastroso per i diritti e l’ambiente, spacciandolo per uno strumento di tutela del “Made in Italy” agroalimentare: questa la strategia della nuova ministra dell’agricoltura sul CETA. Se il buongiorno si vede dal mattino possiamo dire che il PD rimane un partito neoliberista incapace di una svolta reale che vada oltre le enunciazioni generiche.
Avevamo ragione ad essere preoccupati da altro che non fosse il vestito o il titolo di studio della Bellanova e le dichiarazioni sul CETA confermano tali preoccupazioni. La neo ministra arriva addirittura ad azzardare un accostamento tra i “porti chiusi alle disperazioni” e quelli “chiusi alla contraffazione”, facendo credere che l’accordo commerciale UE-Canada sia lo strumento per evitarli, dimenticando forse il record del 49% della produzione di falsi grana e parmigiano in Canada che è salita a ben 848mila chili, rispetto all’anno precedente, l’ultimo prima dell’entrata in vigore del Ceta del 21 settembre 2017.
Un precedente disastroso che è stato riproposto dall’Unione Europea negli altri accordi successivi, da quello con il Giappone a quello con il Messico fino al negoziato con i Paesi del Mercosur che sono grandi produttori di formaggi italiani contraffatti.
Ma la contraffazione alimentare è solo una delle tante criticità di questo accordo, criticità che abbiamo sempre evidenziato e denunciato e che vanno dall’assenza di strumenti vincolanti nei capitoli “ambiente e sviluppo sostenibile”, al meccanismo giudiziario della ICS, tribunale a tutela delle multinazionali, passando per OGM ed aumento delle emissioni.
Il CETA va bloccato e non ratificato, siamo con le associazioni ed i comitati che da anni si battono per contrastare questo commercio predatorio. .
Roma, 10 settembre 2019
Maurizio Acerbo,
Elena Mazzoni,
http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=39296
Mi spieghi per quale ragione, il ceta aumenta la contraffazione. Sto cercando di capirci qualcosa ma questo punto non mi e´chiaro. Dal mio punto di vista, anzi importare il nostro parmigiano, per esempio, con un sistema di facile rintraccibilita della filiera, ridurebbe gli acquisti di quello contrafatto,.PEr esmpio ho trovato questa opinione su Internet che condivido pienamnete: L’Accordo aiuta a contrastare la contraffazione (italian sounding) grazie al riconoscimento delle Indicazioni geografiche (IIGG) europee: sono 143 le indicazioni geografiche di provenienza tutelate, di cui 41 italiane.
Fra queste figurano, tra l’altro: tre prosciutti (Prosciutto di Parma, San Daniele e Toscano): significa che il Prosciutto di Parma potrà finalmente entrare ed essere commercializzato sul mercato canadese con il suo marchio, dopo 40 anni di commercializzazione con la denominazione di “Original Prosciutto”, il Parmigiano Reggiano, l’Asiago, la Fontina, il Gorgonzola per cui vale l’obbligo di origine da indicare sull’etichetta in modo chiaro e visibile, l’aceto balsamico di Modena.
Con tale misura non sarà più possibile per le aziende canadesi fare uso sulle confezioni dei prodotti alimentari, come il Parmesan, di immagini che facciano esplicito o indiretto riferimento all’Italia.
Inoltre, la lista di indicazioni geografiche è una lista aperta, con la possibilità, quindi, di eventuali inclusioni future per ulteriori doc/dop/igp.
Spiegami per favore sto cercando di farmi un opinione:)
GRazie
Per una risposta più esaudiente dovresti contatta l autore dell’articolo o andare alla fonte originale vedi link nell’articolo.
Provo a risponderti io ma in maniera parziale.
Prima criticità il CETA proteggerebbe alcuni marchi italiani ma dall’accordo rimarrebbero fuori centinaia di prodotti.
Il CETA non obbligherebbe alcuni produttori canadesi di utilizzare nomi italiani per esempio potrebbero continuare a produrre e vendere in Canada il parmesan.
Il CETA permetterebbe l introduzione in italia di alimenti che utilizzano sostanze proibite nel nostro paese.
C è anche da dire che in Canada sono consentiti gli OGM
Ci sarebbe da dire moltro altro anche sulla concorrenzialita di alcuni prodotti tipo grano.
Ritengo di non poterti dare una risposta più esaustiva ti consiglio di rivolgerti ad associazioni quali coldiretti o slow food