Giulio Chinappi

La questione ambientale deve assumere una posizione prioritaria nelle agende politiche di tutto il mondo, ma la vera difesa dell’ambiente deve necessariamente passare per il rifiuto del modello economico capitalista.

La salute del Pianeta Terra, l’unico abitabile fino ad ora a nostra disposizione, è in un pessimo stato. Il cambiamento climatico è oramai innegabile e sotto gli occhi di tutti, con fenomeni estremi sempre più frequenti e di intesità crescente che si susseguono in tutto il mondo. La questione ambientale, oramai, deve ottenere una posizione prioritaria nelle agende politiche di tutti gli Stati del pianeta: in caso contrario verrebbe sancita la definitiva condanna a morte per la specie umana e per gran parte degli esseri viventi con i quali condividiamo questo pianeta.

Non si tratta di allarmismi, ma di mera realtà: basta unire i puntini dei vari fenomeni che si verificano nelle diverse aree del globo per capire come non si tratti di eventi isolati ed occasionali, ma di un processo complessivo e sempre più rapido che coinvolge tutto il mondo. Preso atto di questo dato di fatto, bisogna fare un ulteriore passo in avanti per individuare il vero risponsabile del disastro ambientale nel quale siamo immersi: il sistema capitalista.

Le basi teoriche stesse del capitalismo non possono che condurre al disastro ambientale ed alla distruzione della Terra come la conosciamo. Il capitalismo, infatti, oltre a basarsi sull’implementazione dell’individualismo, presuppone una sostanziale illimitatezza di risorse, cosa impossibile in natura. Il nostro pianeta, infatti, ha dei limiti tanto geografici quanto nella sua capacità di fornirci risorse di ogni genere, così come finita è la sua capacità di assorbire i materiali di scarto che l’uomo produce in quantità sempre maggiore. Tutti questi limiti non possono essere contemplati dal sistema capitalista, il cui unico obiettivo è la massimizzazione del profitto da parte del singolo, anche a discapito dei propri simili e dell’ecosistema planetario.

Per questa ragione, crediamo che la lotta per la difesa dell’ambiente sia inscindibile dalla lotta contro il sistema capitalisa vigente, e che l’unico modo per salvare la Terra dalla distruzione sia l’abbandono del capitalismo stesso. I maggiori leader iperliberisti mondiali, come lo statunitense Donald Trump ed il brasiliano Jair Bolsonaro, sono, non a caso, dei negazionisti ambientali, e perpetrano politiche smaccatamente antiambientali, come dimostra il disastro quotidiano in corso nella foresta Amazzonica.

Individuare il vero colpevole, ovvero il capitalismo, serve anche ad arginare quell’ondata di colpevolizzazione dell’individuo che è in corso da parecchio tempo. Con questo, non vogliamo assolutamente negare le responsabilità personali di ciascuno di noi, ma semplicemente affermare che ogni sforzo individuale nel risparmio energetico, nel diminuire gli sprechi, nel ridurre la quantità di rifiuti emessi risulterebbe del tutto inutile se non accompagnata da un decisionismo politico da parte dei governi che obblighi allo stesso modo le grandi industrie multinazionali, ricorrendo anche alle nazionalizzazioni delle industrie. Per fare un esempio, anche se un numero importante di persone decidesse di rinunciare all’uso della propria automobile privata, l’impatto sull’ambiente sarebbe irrilevante a fronte delle enormi quantità di gas serra emesse dalle industrie di tutto il mondo.

Che la difesa dell’ambiente sia soprattutto una questione politica lo dimostra il differente approccio degli Stati di fronte a tale problematica. La Cina, ad esempio, ha pagato il prezzo del proprio sviluppo accelerato con un forte inquinamento nei principali centri abitati, come Pechino e Shanghai, ma di recente il tasso di inquinamento è nettamente diminuito grazie ad alcune scelte, come la conversione di tutti i motorini in mezzi elettrici. Un Paese con scarse possibilità di commercio estero e senza risorse di petrolio proprie, come la Corea del Nord, ha fatto ampio ricorso ai pannelli solari per alimentare gli edifici e l’illuminazione pubblica, dotando di pannelli fotovoltaici le case e i lampioni anche in molte aree rurali.

Concludiamo ribadendo l’immediata necessità per i governi mondiali di trovare una soluzione il più possibile condivisa per far fronte all’emergenza ambientale globale, affermando la correlazione tra questa ed il modello capitalista, e preparando dunque un’imminente conversione del sistema economico globale in senso socialista ed ecologista, che abbia come fondamento la cooperazione, la condivisione e la cogestione delle risorse in maniera razionale, in sostituzione dell’irrazionalità, della concorrenza e dell’interesse del singolo promossi dal neoliberismo

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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