Giulio Chinappi

La caduta del campo socialista in Europa orientale ha per molti significato il fallimento della teoria marxista-leninista. Questa, tuttavia, dimostra la propria vitalità in altri Paesi, come il Vietnam.

Il corpus teorico formulato da Karl Marx e Friedrich Engels, come noto, poggia le proprie basi sulla concezione materialista della storia, indispensabile base scientifica per un’analisi accurata dello sviluppo delle società umane. In netto contrasto con l’idealismo e il materialismo convenzionale, Karl Marx ha creato una svolta rivoluzionaria quando ha elaborato la teoria della formazione socioeconomica. Con questa teoria, il filosofo tedesco ha sottolineato che l’impulso per lo sviluppo sociale non derivava dalla coscienza umana degli individui, ma dall’essere sociale e dalla vita materiale, e che la vita sociale era basata sulla produzione di ricchezza materiale. Inoltre, per mezzo del metodo scientifico di astrazione e generalizzazione, ha anche sottolineato che la struttura di qualsiasi società nella storia era costituita da tre fattori fondamentali: le forze produttive, i rapporti di produzione e la sovrastruttura. Secondo questa teoria, la sostituzione delle formazioni socio-economiche è un processo naturale della storia. Di conseguenza, la storia delle società umane ha attraversato diverse fasi socioeconomiche, vale a dire comunismo primitivo, schiavitù, feudalesimo e capitalismo, ed avanzerà verso il comunismo.

Il successo della rivoluzione socialista russa di Ottobre sotto la guida di Vladimir Lenin, con l’avvento del primo Stato socialista nel mondo, ha inaugurato il periodo di transizione dal capitalismo al socialismo. La conseguente nascita di Stati socialisti nell’Europa orientale, in Asia e nelle Americhe fu una testimonianza della natura scientifica e rivoluzionaria della teoria marxista della formazione socioeconomica.

Come parte del marxismo, fin dalla sua istituzione, la teoria è sempre stata criticata e negata dalle forze anticomuniste, poiché non solo fornisce una base scientifica per il movimento, lo sviluppo e la sostituzione delle società, ma afferma che la società capitalista sarà inevitabilmente sostituita da comunismo. Sostenuti dal crollo del sistema socialista globale alla fine del XX secolo, i teorici borghesi dichiararono gioiosamente la “fine della storia” e la “fine delle ideologie”, etichettando come obsoleta la teoria marxista-leninista. Intrinsecamente, questo suggerimento ha lo scopo di negare non solo la teoria di Karl Marx, ma anche il percorso per costruire il socialismo da parte di altri Paesi.

Ma gli stessi affossatori della teoria marxista-leninista dimenticano costantemente che il capitalismo contemporaneo è intrinsecamente un regime di oppressione, sfruttamento e ingiustizia. Tali contraddizioni fondamentali sono intrinseche al capitalismo, portando all’aumento inevitabile delle diseguaglianze e della povertà. Il mondo capitalista ha continuamente assistito a crisi economiche, politiche e sociali, senza che nessuno si azzardasse a dichiararne la fine definitiva, nonostante gli inequivocabili segnali di una crisi sistemica che sta travolgendo il mondo capitalista. L’esempio più di recente resta la crisi scoppiata negli Stati Uniti alla fine del 2007, per poi diffondersi in tutto il mondo, che non possiamo ancora dire terminata.

Per quanto riguarda il campo socialista, la dissoluzione dell’Unione Sovietica ed il crollo degli Stati socialisti nell’Europa orientale e in Mongolia ha rappresentato certamente una grave perdita per i movimenti comunisti e dei lavoratori internazionali. Tuttavia, non è il “campanaccio della morte” per la teoria marxista-leninista poiché si è trattato semplicemente del crollo di uno specifico modello socialista, “il modello pianificato e centralizzato dell’Unione Sovietica”, che è stato principalmente e direttamente causato dal duplice errore del dogmatismo e del revisionismo nelle linee guida politiche, ideologiche e organizzative del Partito al potere, e dal tradimento dei leader di alto rango dei principi di base del marxismo-leninismo. Tale analisi ha permesso ad altri partiti, come il Partito Comunista del Vietnam, di mantenere il potere e di aggiornare il proprio modello senza cadere nel dogmatismo né nel revisionismo.

Basati sulla corretta consapevolezza della natura scientifica e rivoluzionaria della Teoria, le restanti nazioni socialiste, incluso il Vietnam, hanno ancora perseguito con fermezza la strada per costruire il socialismo ed il comunismo, portando avanti le riforme necessarie per l’aggiornamento del proprio modello economico e registrando grandi risultati anche secondo gli indicatori macroeconomici del capitalismo, come la crescita del PIL.

Attualmente, le nazioni che perseguono la strada del socialismo e della transizione verso una società comunista devono ancora affrontare numerose difficoltà. La lotta dei popoli per la pace, l’indipendenza nazionale, la democrazia, lo sviluppo sociale e il progresso devono ancora affrontare sfide molteplici; forze ostili continuano a cercare tutti i modi possibili per annientare il socialismo. Tuttavia, il periodo di transizione dal capitalismo al socialismo, iniziato con la Rivoluzione sovietica, caratterizza ancora l’epoca di oggi, come afferma il Partito Comunista del Vietnam, e di conseguenza il valore della teoria marxista-leninista, in costante aggiornamento ed adattamento a seconda dei diversi contesti storici e nazionali, resta intatto.

Articolo apparso per la prima volta su www.lacittafutura.it

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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