Riceviamo e pubblichiamo

di Manuel Santoro


Partiamo da un semplice presupposto. Il capitale sceglie sempre accuratamente chi annientare e chi, invece, ergere a nuovo paladino della giustizia per la salvezza dell’intera umanità. Il capitale sceglie tenendo conto di tutte le condizioni al contorno con l’obiettivo finale di massimizzare il profitto, in termini politici, geopolitici, economici e strategici.

Quando un perfetto sconosciuto oppure una perfetta sconosciuta vengono condotti per mano alla fama, alla notorietà, alla planetaria visibilità mediatica nel giro di pochi mesi, in totale solitudine, senza cioè processi di condivisione delle idee, discussioni e scelta di linea e di leadership, ciò vuol dire che immensi capitali sono stati spesi e verranno spesi sino a quando l’obiettivo del capitale non sarà raggiunto. E’, al contrario, assolutamente impossibile immaginare oppure aspettarsi un investimento politico e mediatico su uomini o donne avverse agli obiettivi politici del capitale. Quante Greta abbiamo avuto negli ultimi cinquanta anni, quanti teenager hanno abbracciato in modo assolutamente innocente le battaglie ecologiste e ambientaliste senza diventare famosi? Quanti di essi sono emersi a simboli di lotta? Quanti politici e movimentisti, al contrario, sono stati annientati pagando con la vita le stesse battaglie avendo probabilmente una più chiara e decisa coscienza anticapitalista? Il capitale sceglie sempre un alleato, anche inconsapevole data la tenera età; mai un avversario politico conscio del suo credo e della sua missione.

Sappiamo bene come funziona il capitale, cosa vogliono i capitalisti. Sono loro a poter scegliere e guidare il mondo, a veicolare la comunicazione. Sono loro ad avere le risorse economiche e logistiche per influenzare i cittadini del mondo, indirizzandoli su nuovi percorsi politici mai realmente valutati e discussi. Il nostro mondo social, unto dalla globale comunicazione di massa, non permette discussioni e prese di posizione, ma ci costringe ad una costante e inesorabile omologazione del pensiero. Ci ritroviamo davanti, ovunque, dai giornali ai telegiornali, dalla televisione alla radio, sui social, sempre il fatto compiuto. Un nuovo protettore che emerge per volontà del capitale il quale controlla i mass media, i social networks, tutto. Gli altri, invece, i non capitalisti, i lavoratori salariati per esempio, non hanno tempo, risorse, ed emarginati dai processi democratici inesistenti poiché globalizzati, omologati e borghesi, si isolano, non fanno gruppo e si ritrovano ad assorbire passivamente praticamente tutto. In totale solitudine.

Marx e Lenin ci avevano avvertiti. Quali processi democratici si pensa di seguire quando pochi, per risorse e uomini, possono determinare l’agenda mediatica e politica globale usando strumenti immensi? Nessun individuo, nessuna organizzazione politica, per quanto grande e strutturata, può oggi fare lo stesso. Lenin lo spiegò bene un centinaio di anni fa quando dichiarò che “l’odierna libertà di riunione e di stampa nella repubblica democratica (democratica borghese) [tedesca] è una menzogna e un’ipocrisia, perché è di fatto la libertà per i ricchi di comprare e corrompere la stampa, la libertà per i ricchi di intossicare il popolo con le menzogne dei giornali borghesi, la libertà per i ricchi di avere in proprietà particolari dimore, i migliori edifici … le tipografie, i depositi di carta”[1]. Un centinaio di anni dopo, ai giorni nostri, il capitale possiede i social networks, tutti i maggiori media, le televisioni, la comunicazione globale. La capacità di veicolare la volontà del mondo verso le sue mete, accuratamente scelte. “I capitalisti, gli sfruttatori, i grandi proprietari fondiari e gli speculatori detengono di fatto i nove decimi delle migliori sale di riunione, i nove decimi delle provviste di carta, delle tipografie, ecc”[1].

La democrazia, ovvero il potere al popolo, non esiste e non può esistere all’interno del capitalismo. Non è mai esistita. E la costante destrutturazione dei corpi intermedi, dei partiti, addirittura delle famiglie, intrecciata in una morsa causa-effetto con la globalizzazione della comunicazione de facto capitalista, ci priva di qualsiasi strumento per l’emersione di un’alternatività sistemica consapevole e condivisa.

Contestualizzando, “parlare di democrazia pura, di democrazia in generale, di uguaglianza, libertà, universalità, mentre gli operai e tutti i lavoratori vengono affamati, spogliati, condotti alla rovina e all’esaurimento non solo dalla schiavitù salariata capitalistica, ma anche da quattro anni di una guerra di rapina, mentre i capitalisti e gli speculatori continuano a detenere la “proprietà” estorta e l’apparato “già pronto” del potere statale, significa prendersi gioco dei lavoratori e degli sfruttati. Significa rompere bruscamente con le verità fondamentali del marxismo, il quale ha detto agli operai: voi dovete utilizzare la democrazia borghese come un immenso progresso storico rispetto al feudalesimo, ma non dovete nemmeno per un istante dimenticare il carattere borghese di questa “democrazia”, la sua natura storicamente condizionata e limitata, non dovere condividere la “fede superstiziosa” nello “Stato”, non dovere scordare che lo Stato, persino nella repubblica più democratica, e non soltanto in regime monarchico, è soltanto una macchina di oppressione di una classe su di un’altra classe”[1].

 [1] Vladimir Lenin, “Democrazia” e Dittatura – scritto nel 1918 e pubblicato nel 1919

convergenza socialista

Di AFV

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