Pamela Dávila Falconi

Quito. Dopo otto giorni di sciopero nazionale, causati da decisioni economiche sbagliate e dallo stato d’assedio, decretato dal governo, l’Ecuador continua a sperimentare uno stato di shock interno e una mobilitazione sociale diffusa, purtroppo repressa con violenza selvaggia da polizia e militari. Per circa otto mesi di propaganda mediatica settimanale, il vicepresidente dell’Ecuador, Otto Sonnenholzner, ha ingannato il paese parlando del “grande accordo nazionale”, che in realtà non era altro che un accordo con il FMI, con uomini d’affari e con grandi social media.

Un accordo totalmente incostituzionale poiché ciò che si cercava davvero era di liberare i prezzi del carburante; non a beneficio dello Stato ecuadoriano, ma per consentire alle grandi multinazionali estrattive di rilevare la nuova raffineria da 200.000 barili di petrolio giornalieri e la concessione della raffineria di Esmeraldas, da 110.000 barili al giorno, che sarebbero state assegnate alle multinazionali a prezzi liberati a loro esclusivo vantaggio. Va notato che il FMI è un facilitatore per gli affari delle grandi società transnazionali, creando le condizioni appropriate affinché i paesi consegnino le attività statali. L’obiettivo di questo pacchetto altro non era che l’appropriazione da parte delle multinazionali delle raffinerie del Paese.

L’Ecuador è stato vittima di un’aggressione permanente da parte di un governo traditore, resa ancor più evidente con la fuga del presidente Moreno, che ha lasciato il palazzo del governo a Quito per rifugiarsi a Guayas, dai suoi complici social-cristiani. Nelle misure economiche decretate il primo ottobre, che vìolano gravemente la maggioranza delle persone e danneggiano l’economia delle classi più svantaggiate del Paese, c’è anche l’annuncio della riduzione degli stipendi dei dipendenti pubblici, attraverso misure come rinnovo di contratti occasionali con una retribuzione inferiore del 20%, il contributo di un giorno di stipendio al mese e la diminuzione di 15 giorni di ferie all’anno.

Questo colpo di stato selvaggio del governo contro l’economia del paese, è però riuscito a risvegliare il popolo ecuadoriano, che ha finalmente reagito, nonostante le notizie distorte dei social media, la loro palese difesa degli indifendibili, il loro impegno della politica del governo neoliberista.

Oggi, Quito si è svegliata con la notizia di una massiccia concentrazione del movimento indigeno, operaio e sindacale nella Casa della cultura ecuadoriana, dove i manifestanti hanno tenuto un’assemblea popolare per chiedere al governo di abrogare le misure economiche antipopolari o le sue dimissioni ed hanno, inoltre, deciso di sorvegliare i loro compagni uccisi mercoledì dalla brutale repressione della polizia.

Mentre migliaia di persone stavano manifestando nell’Agorà della Casa della Cultura, il Segretariato della Comunicazione – SECOM proibiva categoricamente a tutti i social media, la diffusione di questa notizia ai cittadini; e i media, se per alcuni istanti lo hanno fatto, lo hanno completamente distorto.

Oggi si è appreso che anche i cittadini ecuadoriani residenti a New York si sono uniti alle marce per chiedere la sospensione dello stato di emergenza dichiarato dal presidente Lenin Moreno. Gli attivisti hanno preso d’assalto l’ufficio del rappresentante speciale del Fondo monetario internazionale presso le Nazioni Unite e poi hanno marciato verso il consolato ecuadoriano.

La Confederazione delle nazionalità indigene dell’Ecuador (CONAIE), rileva che coloro che attualmente sostengono il governo sono “la classe economica vende patria e pro imperialista, che vuole ottenere prestiti dal Fondo monetario internazionale (FMI) in modo che i suoi debiti e le sue crisi, li paghino la classe operaia, gli indigeni e i settori popolari. La CONAIE, dopo aver denunciato la forte repressione alle proteste contro il “pacchetto”, che ha lasciato diversi morti, feriti, prigionieri e scomparsi, ha invitato le forze armate e la polizia a ritirare il loro sostegno al presidente Lenin Moreno, sottolineando anche che non ci saranno negoziati con il governo fino a quando non saranno abrogate le misure che hanno scatenato le proteste. La lotta coraggiosa, perseverante e dignitosa del popolo ecuadoriano, e delle comunità indigene in particolare, merita profondo rispetto e ammirazione, costituendo un esempio inestimabile per le generazioni future che vogliano realizzare i loro sogni di libertà e sovranità.

http://www.altrenotizie.org/primo-piano/8630-ecuador-i-diritti-non-si-negoziano.html

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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