“Omicidi bianchi”. Dal 10 settembre, giorno d’insediamento del nuovo governo,i morti sono stati 57. Landini (Cgil): «E’ una strage. Si muore come 40 e 50 anni fa». Se questa è una strage, allora non chiamamole “morti bianche” ma “omicidi bianchi”. Non è una fatalità: si chiama capitalismo
È una strage: 17 mila morti dal 2009, 1.133 solo nel 2018 e 600 mila infortuni. Dal 10 settembre giorno d’insediamento del nuovo governo sono stati 57 i morti sui posti di lavoro, 123 considerando i decessi avvenuti sulle strade per raggiungere il lavoro. E 18 sono stati i lavoratori schiacciati da un trattore da quando Teresa Bellanova è alla guida del ministero delle politiche agricole. Nel 2019 sono stati schiacciate 122 persone da questa macchina simbolo del lavoro agricolo, oggi anche macchina di morte, leggiamo sul blog «Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro» di Carlo Soricelli, tecnico metalmeccanico in pensione, oggi pittore. L’ultima delle vittime è di due giorni fa. Un operaio di 57 anni a Roffia, nel comune di San Miniato, in provincia di Pisa, è morto mentre puliva. Un oleodotto che attraversava le campagne. È rimasto incastrato in una macchina che tritura il legno. Abituati a vedere la vita attraverso uno schermo, riusciamo a immaginare, concretamente, cosa significa morire squarciati da una macchina che taglia il legno? E schiacciati da un trattore?
RIAVVOLGIAMO IL FILM dall’estate scorsa. Sette agosto: un uomo è morto nel Ferrarese per il cedimento di una cinghia mentre installava una pesa. Nove agosto: sono deceduti un muratore colpito da un tondino di ferro in provincia di Bergamo e un operaio che a Cremona stava scaricando travi d’acciaio. 14 agosto: un operaio ha perso la vita schiacciato da una pedana in provincia di Bergamo. 16 agosto: un operaio è precipitato da una scala in una azienda di logistica alle porte di Piacenza. 17 agosto: un operaio è morto nel Cosentino in un cantiere, incastrato con la testa tra un container e la cabina dei comandi. 20 agosto: un muratore è precipitato da una terrazza nel Catanese. 26 agosto: nell’Aquilano un uomo ha perso la vita schiacciato dalla pedana di un mezzo pesante che stava riparando. 30 agosto: tre operai morti nel Frusinate, a Varese e a Latina. La progressione è impressionante. E pensare che i numeri sono inferiori rispetto allo stesso mese del 2018 funestato da una serie incredibile di incidenti mortali plurimi che hanno fatto stragi di braccianti in Puglia (16) e a Genova per il crollo del Ponte Morandi. Tra le vittime c’erano 15 persone che andavano al lavoro, ha denunciato l’Inail.
QUESTO È IL FARDELLO che grava sulla 69esima giornata per le vittime del lavoro, organizzata oggi dall’associazione tra mutilati e invalidi del lavoro (Anmil) con il patrocinio del presidente della repubblica Sergio Mattarella. A Palermo si terrà una manifestazione nazionale, numerose le iniziative territoriali. Prevista la campagna di sensibilizzazione: «Non raccontiamoci favole, sul lavoro non c’è sempre il lieto fine». «Gli incidenti mortali sono aumentati del 6% rispetto all’anno scorso, con una media di oltre 3 morti ogni giorno» sostiene il presidente Anmil Zoello Forni. L’Anmil ritiene necessario cambiare il testo unico sull’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro che risale al 1965. Da allora sono cambiate le condizioni della produzione. Oggi i lavoratori sono obbligati a un’instabilità e a una flessibilità che sono spesso le cause dell’aumento degli infortuni e dei decessi. Una simile modifica avrebbe bisogno di una trasformazione della previdenza e del Welfare. Una «riforma organica» che sembra lontana dalle prospettive del governo che parla di un «piano strategico per la sicurezza». La ministra del lavoro Nunzia Catalfo ha convocato un tavolo con il ministero della Salute e le parti sociali, Inail, Ispettorato Nazionale del Lavoro (Inl) e Inps. Punta al coordinamento delle banche dati sulla sicurezza, formazione, selezione delle imprese virtuose per l’accesso ad appalti, assunzioni all’Ispettorato del lavoro. «Quella che vediamo è una strage – ha detto il segretario della Cgil Maurizio Landini – Si continua a morire come si moriva 40/50 anni fa.C’è un problema di formazione che va fatta sia a chi comincia a lavorare sia anche agli imprenditori visto che stiamo parlando anche di tante piccole e medie imprese. Abbiamo chiesto di introdurre anche uno schema di patente a punti per le imprese».
OGGI ABBIAMO a disposizione una ricca documentazione che ci permette di ragionare sulle cause e gli effetti di quanto accade. L’ultimo rapporto dell’Inl ha dimostrato che le ispezioni sono dimuite del 9% quest’anno, anche se l’accertamento delle irregolarità è cresciuto (3%) come le denunce per caporalato: 263, più del triplo rispetto al 2018. Il numero di chi lavora in nero è aumentato da 20.398 a 23.300. Crescono le denunce delle «malattie professionali», a ritmi più contenuti per l’ampliamento delle malattie «tabellate» che esonerano i lavoratori dall’onere della prova. Per l’Inail sono 41 mila, 800 in più rispetto al 2018. Crescono nell’industria e nei servizi, mentre calano in agricoltura dove sono numerose quelle che colpiscono l’apparato muscolo-scheletrico. Nel 2019 in questo settore sono aumentati gli infortuni mortali. Tra gennaio e agosto sono morti 16 braccianti.
SE QUESTA è una strage allora non chiamiamole «morti bianche». Sono omicidi «bianchi». Si muore a causa del lavoro e si muore in assenza di lavoro. E tutto questo parlare di sicurezza non produce più sicurezza. Ogni giorno pretende il suo tributo di lutti. Questo lavoro è una maledizione, un’epica senza riscatto, il grido dell’impotenza, del dolore e della rabbia. Il suo lessico è: malattia, caporalato, lavoro nero, sfruttamento. Non è una fatalità, non è la moira dei tragici greci. È un sistema. Si chiama capitalismo.