L’incontro privato tra Erdogan e Putin a Sochi durato ben sette ore (quello con il vicepresidente statunitense Mike Pence era avanspettacolo in confronto) è stato definito “decisivo” da entrambi. Si materializza quanto avevo scritto qualche giorno fa dalla Siria. L’intesa prevede che Turchia e Russia faranno a partire da domani pattugliamenti congiunti nel Nord-Est della Siria (nessuna escalation militare dunque), fino a un profondità di 10 chilometri dal confine turco, e poco a poco questa striscia alla frontiera permetterà di ricollocare i rifugiati siriani presenti in Turchia. In cambio, il governo di Ankara scaricherà i gruppi jihadisti nella provincia di Idlib (il territorio turco non sarà più una retrovia strategica e verranno progressivamente ritirate le truppe che stazionano nelle torri di osservazione nella parte nord occidentale). Non a caso ieri il presidente Bashar al Assad si è recato per la prima volta sulle prime linee nella città di Hobait, proprio nella regione di Idlib, per dare un segnale forte all’Esercito Arabo Siriano. Che dopo Idlib dovrà riprendersi le zone petrolifere controllate dalle truppe americane presenti, dicono, “per impedire che i giacimenti cadano nelle mani dell’Isis”. Eppure la realtà dice ben altro. L’Isis non ha la forza militare per riappropriarsi di nulla, è il governo di Damasco il principale bersaglio degli Usa. Ma la storia ormai è diversa rispetto a qualche anno fa. Tempo al tempo.
Pagina FB Sebastiano Caputo