Oggi non sono solo i figli della dittatura a manifestare. Quelli che hanno detto basta sono i figli del neoliberismo, quelli nati nel contesto in cui era oramai normale il doppio discorso, la prosperità economica per gli altri, a fronte del perpetuarsi di carenze strutturali per la grande maggioranza di noi. Quindi, da quando sono nati, hanno raccolto frustrazione goccia a goccia.

La massa che partecipa alla protesta facendo suonare le padelle corrisponde principalmente a una miscela di Millennials e Centennials; questo gruppo riconosce di aver ricevuto un’educazione con carenze di fondo che si trascinano dalla generazione precedente, perché la qualità del loro insegnamento era precaria. Ma non solo: sono stati allevati all’interno di una società consumistica che promuove soprattutto l’individualismo, la concorrenza e il denaro prima di tutto. Si è cercato di inculcare in loro che il sinonimo di successo personale è la prosperità economica e, grazie a tutto quello che hanno vissuto, i baby boomer hanno visto come i loro genitori (e loro stessi) vivono sulla base del denaro di plastica, senza senso o possibilità concrete di risparmio o di proiezione. La massa che protesta ha vissuto di carenze mentre osserva che esiste un Cile radicalmente diverso; ci sono anche alcuni che, come atto di ribellione, vantano telefoni cellulari costosi e scarpe di marca perché è ciò che la struttura ha instillato in loro come prima necessità: ” Ti trattano a seconda di come ti vedono”, dice il proverbio. In contrasto con questa realtà, i presunti leader (quelli che gestiscono la struttura) hanno adattato le regole del gioco sociale per consentire a se stessi un comodo accumulo, vorace e avaro, senza avere alcuna consapevolezza di un beneficio collettivo o un senso di collaborazione con altri. La giustizia e il quadro giuridico sono fatti su misura per favorire questa disuguaglianza, spianando il divario sociale e perpetuando l’equilibrio a favore – ancora una volta – di coloro che hanno stabilito quali pezzi della scacchiera muovere e come muoverli. Capire non è la stesso che giustificare: è impossibile giustificare le orde di saccheggiatori che arrancano sotto il peso di lussuosi televisori al plasma, anche se, dato il contrasto aggressivo e disuguale che affrontano quotidianamente, ne è chiaro il senso; molti moralisti potrebbero dire che queste generazioni hanno cambiato valori e inorridiscono di fronte alla violenza che si manifesta, guardando solo la violenza esplicita e non la dinamica aggressiva-passiva della struttura che quotidianamente violenta la grande massa. La domanda che ci dobbiamo fare riguarda le cause di questo fenomeno: “La colpa non è del maiale, ma di chi gli dà da mangiare la crusca”. Questa massa violenta e traboccante non vuole essere una vittima o un carnefice: vuole soluzioni. Ieri sera, il presidente Piñera ha proposto delle soluzioni che sono associate a “grandi sforzi” e il ministro dell’economia ha spiegato che questo pacchetto di misure costerà 1,2 miliardi di dollari, che dovrebbero provenire dalla spesa pubblica. Ma cosa c’è dietro questo magnanimo sacrificio da parte dell’Esecutivo? L’aumento del 20% della Pensione di Solidarietà di Base (per 590.000 persone) e di un altro 20% del Contributo Pensione di Solidarietà (per 945.000 pensionati) porta come corollario più soldi per l’AFP (il sistema pensionistico privato, N.D.T.); l’urgenza del disegno di legge per la creazione dell’Assicurazione per Malattie Catastrofiche ha come corollario più soldi per le Isapres (Istituzioni previdenziali per la salute); anche nel settore della sanità, l’assicurazione per coprire parte del costo dei farmaci per le famiglie cilene e l’estensione dell’accordo di FONASA (Fondo Nazionale per la Salute) con le farmacie per ridurre il prezzo dei farmaci va a vantaggio delle aziende farmaceutiche; il reddito minimo garantito integra lo stipendio da parte dello Stato, attraverso un bonus, quindi significa (come potete immaginare) più soldi per gli imprenditori; la creazione del meccanismo di stabilizzazione delle tariffe elettriche, sempre attraverso fondi pubblici, finirà per beneficiare la stessa industria. Mi piacerebbe credere che ci siano intenzioni di cambiamento, ma dobbiamo ricordare il detto gattopardesco secondo cui tutto cambia perché nulla cambi. I cileni non vogliono più bonus; abbiamo bisogno di soluzioni sostanziali! Non si è ancora focalizzato adeguatamente il fulcro della situazione. Il governo vuole cambiare le regole all’interno della struttura, ma è proprio la struttura che soffre di una malattia terminale. Forse l’aumento del 5% delle tasse di coloro che ricevono un reddito superiore agli otto milioni di pesos è la misura più audace, ma non facciamoci illusioni: chi di noi oggi protesta (baby boomers, millennials e centennials) ha bisogno di modifiche molto, molto più profonde. Come la first lady ha sottolineato molto decisamente nell’audio con la sua amica….. Stiamo aspettando che riducano i loro privilegi e imparino a condividere con gli altri.

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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