Sono state giornate di violenti scontri in Grecia, dove il governo di Nuova Democrazia, partito di destra insediatosi al governo in seguito alle elezioni politiche di luglio scorso, ha deciso di portare avanti numerose riforme di stampo reazionario, tra cui alcune riguardanti l’università. Le proteste di questi giorni, che dopo aver coinvolto la capitale Atene si sono diffuse giovedì scorso anche a Salonicco, hanno preso il via in seguito all’annuncio del Ministero dell’Istruzione di voler “espellere” gli studenti universitari che, entro un certo limite di anni, non avessero ottenuto la laurea. La norma segnerebbe la fine della carriera universitaria per decine di migliaia di studenti greci, per lo più lavoratori che non hanno la possibilità materiale di dedicarsi a tempo pieno agli studi. Ancor più provocatorio, anche sotto il punto di vista della memoria storica, l’annuncio del governo di voler eliminare quello che veniva definito “asilo accademico” ovvero l’impossibilità per le Forze dell’Ordine di entrare nelle università senza previa richiesta del rettore. Anche in virtù di questo divieto, già dalla rivolta del 2008 seguita all’omicidio di Alexis, gli ambienti universitari sono diventati uno dei centri dell’opposizione alle politiche d’austerità neoliberista che hanno messo in ginocchio la Grecia in questi anni. La legge che introdusse il divieto per le Forze dell’Ordine di entrare nelle università fu approvata dopo il crollo della dittatura dei colonnelli in memoria della feroce repressione del novembre 1973 contro le proteste studentesche, quando l’esercito fece irruzione al Politecnico di Atene uccidendo 24 persone.