L’annuncio di Arcelor Mittal di rescindere il contratto di acquisizione dell’Ilva suona come un ricatto inaccettabile.
Rischiamo di trovarci di fronte all’ennesimo atto di una lunga saga che a suon di ristrutturazioni, delocalizzazioni, acquisizioni ai fini di speculazioni finanziarie ha continuato a impoverire il tessuto produttivo industriale del nostro paese, con la perdita di intere filiere produttive e di settori strategici con gravi ricadute occupazionali.
Grave è la responsabilità dei governi succedutisi fin qui che, diversamente da quanto avviene in altri paesi europei, hanno lasciato campo libero alle scelte di un capitalismo poco propenso a investire e innovare, favorendone invece la propensione a speculare sulle privatizzazioni prima e a puntare su bassi salari e contributi pubblici poi.
Fiumi di miliardi, tra agevolazioni fiscali e contributi diretti, sono stati erogati alle imprese senza uno straccio di programmazione e pianificazione fiscale in grado di indirizzare verso la tenuta e il rilancio di settori strategici per il futuro industriale del paese.
Con l’Ilva questo governo deve decidere se continuare sulla stessa strada o cambiare rotta; si trova di fronte alla gravissima responsabilità di decidere se l’Italia avrà ancora una siderurgia, un settore che è stato decisivo per l’industria nazionale e lo sarà ancora in futuro.
La svolta rispetto ai governi precedenti di fronte all’interesse nazionale in gioco va mostrata nei fatti: il governo si presenti al confronto con Arcelor Mittal respingendo i ricatti e mettendo sul tavolo tutti gli strumenti a disposizione compresa l’opzione della nazionalizzazione. L’intervento pubblico non può continuare a essere un tabù italiano: smettiamola con il neoliberismo degli straccioni.
Ci sono ragioni di interesse pubblico che ampiamente giustificano la nazionalizzazione: garantire una produzione strategica, l’occupazione in un meridione desertificato dalla crisi e il diritto alla salute e a un ambiente non contaminato.
Se c’è chi pensa di chiudere Taranto per eliminare un concorrente in Europa compito della Repubblica è garantire che la più grande acciaieria del continente non chiuda e restituire all’Italia e ai tarantini un’Ilva rinnovata nei suoi impianti e risanata nel rispetto della salute dei cittadini, dell’ambiente e dei livelli occupazionali.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro
Rifondazione Comunista – Sinistra Europea