L’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura dopo l’attentato.
Francesco Cecchini
Sior questore io ce l’ho già detto
lo ripeto che sono innocente
Anarchia non vuole dire bombe
ma giustizia nella libertà
Poche storie indiziato Pinelli,
il tuo amico Valpreda ha parlato
è l’autore di questo attentato
il suo complice, è certo, sei tu
Ballata del Pinelli
Attorno alle 16.30 di venerdì 12 dicembre 1969, un ordigno di elevata potenza esplose nel salone centrale della Banca nazionale dell’agricoltura, sede di Milano, in piazza Fontana, dove coltivatori diretti e imprenditori agricoli erano convenuti dalla provincia per il mercato settimanale. Il pavimento del salone fu squarciato e gli effetti furono devastanti. La bomba uccise diciassette persone e altre novanta circa furono ferite. Quel 12 dicembre 1969 segnò l’inizio di quel periodo della vita dell’ Italia che va sotto il nome di &strategia della tensione&. Sia le sentenze di primo e di secondo grado sia quella della Corte di Cassazione hanno accertato la riferibilità della strage di piazza Fontana alle strutture venete di Ordine Nuovo. In particolare la Suprema Corte ha ritenuto accertato sotto il profilo storico il coinvolgimento dei primi imputati Franco Freda e Giovanni Ventura sebbene non più processabili perché già assolti in via definitiva.
Il libro-inchiesta di Paolo Brogi “Pinelli, l’innocente che cadde giù”, editore Castelvecchi, 2019, racconta la storia della diciottesima vittima della strage di piazza Fontana. Giuseppe Pinelli, detto Pino, aveva partecipato alla Resistenza, ferroviere di 41 anni, storico dirigente del Circolo anarchico Ponte della Ghisolfa, era stato fermato dal commissario Luigi Calabresi la sera del 12 dicembre, qualche ora dopo la strage di piazza Fontana, e trattenuto illegalmente. Precipitò dal quarto piano della questura di Milano pochi minuti dopo la mezzanotte del 15 dicembre 1969. Una morte archiviata come frutto di un malore da due inchiestei. Oltre la vicenda giudiziaria, quella umana difficile e sofferta vicenda umana: la lotta per la verità delle figlie Claudia e Silvia, iniziata insieme alla madre Licia quando avevano solo otto e nove anni. Nel libro le due figlie di Pinelli, Claudia e Silvia ripercorrono con Paolo Brogi le tappe di una lunga storia che non ha ancora avuto giustizia. Va ricordardato che Licia Pinelli scrisse con Pietro Scaramucci “Una storia quasi soltanto mia”, dove parlano per la prima volta le figlie di Pinelli, Claudia e Silvia, che raccontano la tragedia familiare vissuta da bambine.
Inedita la confessione del magistrato Gerardo D’Ambrosio, il secondo inquirente di allora.
Giuseppe Pinelli con la moglie Licia e le figlie Silvia e Claudia
Nella notte in cui morì Pinelli, in questura a Milano non c’erano solo i normali poliziotti. C’era anche uno squadrone di agenti e alti dirigenti del servizio segreto civile dell’epoca, l’Ufficio affari riservati, inviati da Roma con una missione di depistaggio: incastrare gli anarchici milanesi per la strage di piazza Fontana e per l’intera catena di attentati esplosivi del 1969, che inaugurarono gli anni del terrorismo politico in Italia. Una pista rivelatasi falsa, totalmente demolita dalle indagini e dai processi che negli anni successivi hanno comprovato le responsabilità dei veri criminali di opposta matrice ideologica: l’estrema destra eversiva. Anche allora immediatamente emersero contraddizioni che contraddicevano la versione ufficiale. Per esempio l’arrivo dell’autoambulanza prima della caduta di Pinelli.
E’ bene che, a cinquant’anni dalla strage di Milano, libri come “Pinelli, l’innocente che cadde giù”di Paolo Brogi contribuiscano a mantenere viva la memoria di una stagione che fu certamente di grave minaccia all’ordine democratico, ma anche di forte mobilitazione politica e di altrettanto forte tensione etica contro le trame criminali dei nemici della Repubblica
L’autore, Paolo Brogi, ha partecipato ai movimenti studenteschi a Pisa del 1968. Insieme ad Adriano Sofri, Giorgio Pietrostefani, Mauro Rostagno, Guido Viale, Cesare Moreno, Carla Melazzini, Marco Boato è stato tra i fondatori nel 1969 del movimento politico “Lotta Continua” e dopo il suo scioglimento ha lavorato al giornale omonimo fino al 1978 collaborando col direttore Enrico Deaglio. Come giornalista dopo aver lavorato nei primi anni ottanta come free lance per numerose testate italiane e straniere ha scritto per Reporter, L’Europeo e il Corriere della Sera.
Paolo Brogi
Paolo Brogi è autore di molti libri. Tra i tanti segnalo ‘68 ce n’est qu’un début. Storie di un mondo in rivolta (Imprimatur). Si tratta della testimonianza di un protagonista del 1968, anzi più correttamente di un insieme di racconti che ricostruiscono con dovizia di particolari il tumultuoso succedersi degli eventi.
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