di John Feffer

Una successione di sollevazioni sociale nell’ultimo decennio ha radicalmente riallineato il potere politico in tutto il mondo.

In conseguenza di tali movimenti tettonici quelle che erano state le frange più estreme della destra si sono oggi trasferite al cento, mentre la sinistra è stata spinta ai margini. “Le cose vanno a pezzi; il centro non può reggere”, scrisse il poeta William Yeats all’epoca di un’agitazione politica simile nel 1919. “I migliori mancano di ogni convinzione, mentre i peggiori sono pieni di un’intensità appassionata”.

Oggi, cento anni dopo la pubblicazione della poesia di Yeats, quelli che sono pieni di intensità appassionata governano considerevolmente più della metà della popolazione mondiale. Molti di tali leader – Donald Trump (Stati Uniti), Jair Bolsonaro (Brasile), Narendra Modi (India), Viktor Orban (Ungheria), Recep Tayyip Erdogan (Turchia), Rodrigo Duterte (Filippine) – sono saliti al potere democraticamente ma sono decisi a minare le istituzioni democratiche.

La loro ascesa politica è stata spesso appoggiata da partiti conservatori più convenzionali. Si sono allineati su basi ad hoc con altri  leader autoritari che devono le loro posizioni a colpi di stato militari, decisioni di un unico partito, o successioni dinastiche. Più alla loro destra, un insieme di organizzazioni e reti apertamente razziste forniscono idee, messaggi e a volte muscoli per questi leader della nuova destra.

Questa non è una normale oscillazione del potere elettorale. La nuova destra ha iniziato a riordinare il paesaggio politico. Partiti tradizionali hanno perso credibilità. La politica è divenuta sempre più polarizzata. Non solo il liberalismo, ma anche la stessa democrazia è sotto attacco.

Né gli spartitraffico dell’amministrazione democratica contengono necessariamente le ambizioni di questi leader della nuova destra. Hanno sfidato i limiti costituzionali, legislativi e giudiziari. Hanno attaccato le pietre angolari della società civile, compresa la stampa e altre istituzioni di controllo. Aspirano a diventare leader a vita (come Vladimir Putin, in carica dal 1999) o a creare partiti che governino con scarsa opposizione senza sosta per decenni (come il Partito Liberal-democratico del Giappone, al potere quasi senza interruzioni dal 1955).

Retoricamente, la nuova destra è concentrata sull’assicurare i confini, proteggere la sovranità, e contestare le élite globali. Questi leader usano il linguaggio del nazionalismo e del particolarismo. Parlano in nome di maggioranze immaginarie razzialmente o religiosamente omogenee.

Nonostante questa ossessione per il rafforzamento dello stato-nazione, la nuova destra è stata sempre più attiva oltre i confini. Stati e partiti hanno creato alleanze, con attivisti transnazionali come l’ex consigliere di Trump, Steve Bannon, che aspirano a costruire un nuovo genere di Internazionale Nazionalista. Organizzazioni estremiste della società civile hanno promosso un clima di intolleranza che alimenta le ambizioni politiche di leader populisti di destra. Nazionalisti bianchi, in particolare, hanno creato piattaforme digitali alternative per diffondere i loro messaggi e reclutare nuovi membri in tutto il mondo.

I progressisti si sono organizzati localmente e nazionalmente per reagire alla nuova destra. Ma ironicamente, considerato il loro internazionalismo storico, i progressisti sono stati lenti nell’operare oltre i confini – in un modo sostenuto, coordinato – in reazione al nuovo assalto transnazionale alle democrazia. Questo internazionalismo diluito coincide sia con gli attacchi della nuova destra alle istituzioni globali, sia con un’intensificazione di varie minacce globali quali il cambiamento climatico, pandemie, disuguaglianza economica in ampliamento e proliferazione degli armamenti.

“L’internazionalismo è oggi un problema per la sinistra”, osserva Gadi Algazi dell’Università di Tel Aviv, “ e una realtà per la destra”.

In un nuovo testo , ‘The Battle for Another World’, sintetizzo le mie conversazioni con più di 80 attivisti, analisti e accademici di tutto il mondo. Il testo analizza l’ascesa della nuova destra, i suoi collegamenti con altri attori di estrema destra e le sue nuove aspirazioni globali. Esamina lo stato attuale dell’organizzazione progressista transnazionale. Espone le sfide a tale organizzazione e identifica sia le lezioni apprese sia le pratiche migliori. E conclude con una discussione di ciò che manca a un solido, multitematico, progressista transnazionalismo e come colmare tale vuoto.

Le conclusioni chiave di tale testo comprendono:

  • Una reazione internazionale alla globalizzazione economica è stata la chiave del successo della destra. Diversamente dalla sinistra internazionalista, la nuova destra è stata più efficace nel canalizzare lo scontento in un successo politico a livello nazionale.
  • Centrale per il successo della nuova destra è stata una storia che può essere efficacemente applicata oltre i confini: la “grande sostituzione”. La tesi che minoranze, con l’aiuto dei “globalisti”, usurperà i privilegi del gruppo dominante si è dimostrata attraente sia per una frangia estremista, sia per conservatori più tradizionali.
  • La nuova destra ha ottenuto successo politico con i suoi attacchi alla globalizzazione in un modo che è mancato alla sinistra. Ma la nuova destra ha un difetto cruciale: non ha nulla da dire a proposito di una crisi climatica in continuo peggioramento.
  • Gli ottanta esperti internazionali hanno identificato a grande maggioranza gli scioperi scolastici per il clima come l’azione internazionale più promettente del momento presente e il New Deal Verde come un quadro che potrebbe sconfiggere la narrativa globale della destra.
  • Un New Deal Verde Globale affronterebbe non solo la crisi ambientale. Creando un enorme numero di posti di lavoro ben remunerati parlerebbe anche a quelli a sinistra lasciati indietro dalla globalizzazione. Una tale narrazione indebolirebbe le attrattive antiglobaliste della nuova destra offrendo contemporaneamente un visione positiva intorno alla quale unirsi all’interno dei confini e oltre essi.

All’inizio del ventunesimo secolo i progressisti hanno notoriamente proclamato che “un altro mondo è possibile”. Hanno immaginato un mondo oltre la democrazia meccanica e il mercato rapace.

Con lo status quo liberalconservatore di lunga durata che oggi si sgretola, la nuova destra non solo ha fatto propria questa chiamata; la sta mettendo in pratica. Questa costruzione di “un altro mondo” – un mondo intollerante, antidemocratico, insostenibile – può essere fermata prima che sia troppo tardi. Ma esige che i migliori di noi riacquistino la convinzione descritta da Yeats, non solo per contrastare la nuova destra, ma per salvare il pianeta dalla rovina.

John Feffer è direttore di Foreign Policy in Focus e autore del rapporto ‘The Battle for Another World: The Progressive Response to the New Right’.

Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fontehttps://zcomm.org/znetarticle/inside-the-battle-for-another-world/

Originale: Foreign Policy in Focus

Traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2019 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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