I test invalsi non ci sono mai piaciuti, il sistema di valutazione nelle scuole fa acqua, abbiamo bravi, ottimi, insegnanti ma non sappiamo utilizzarne le capacità. La scuola è diventata un carrozzone burocratico, gli stessi Invalsi hanno ammesso che la scuola non è in grado di attenuare differenze sociali e culturali, i malesseri sociali si ripercuotono negativamente sulla qualità dello stesso sistema di istruzione.
Recentemente è uscito un rapporto sul quale riflettere, a redigerlo Programme for International Student Assessment, legato all’Ocse, un rapporto che ha evidenziato le crescenti difficoltà in cui si dibattono i quindicenni.
La ricerca è in lingua inglese e scaricabile al seguente indirizzo: http://www.oecd.org/pisa/test/PISA2018_Released_REA_Items_12112019.pdf
Possiamo fin da ora dire che queste analisi non siano convincenti, rifiutarne in toto i risultati confutandone la metodologia di analisi, ma qualche riflessione andrebbe comunque fatta.
Intanto siamo il paese che vende meno giornali e nel quale si leggono meno libri, i paesi dove si legge meno sono solitamente più inclini a subire il fascino delle destre e della propaganda razzista e xenofoba, un dato da non generalizzare e che potrebbe indurre a facili e stupide conclusioni, ad esempio una: i crescenti consensi elettorali e sociali della destra sono il risultato dell’impoverimento culturale del paese. Perché se così fosse, o è, la responsabilità di questa situazione ricadrebbe sui tanti Governi di centrosinistra che hanno disinvestito nella scuola per almeno 20 anni, sui politici che parlano senza guardare ai problemi reali, agli interessi materiali delle classi sociali.
Molti giovani under 18 hanno notevoli difficoltà nella lettura e nella comprensione dei testi, questo lo si evince anche dalla esperienza di vita senza frequentare le aule scolastiche.
E i divari tra istituti tecnici e licei sono anche la fotografia di un paese sempre più diseguale e iniquo, basterebbe capire le provenienze sociali dei ragazzi che frequentano le scuole. E le differenze non riguardano solo le competenze (che poi sono tutto e il contrario di tutto) nella lingua italiana, le difficoltà si estendono in ogni materia.
Gli studenti non frequentano musei e mostre, biblioteche e sale di cinema estranee al circuito di massa, le cosiddette competenze degli iscritti al liceo risultano decisamente superiori ai coetanei di molti altri paesi europei ma se il confronto prende in esame gli istituti tecnici e professionali , almeno nel campo della lingua, i risultati si capovolgono.
E qui nessuno sembrerebbe cogliere il problema reale ossia che la scuola alla quale vengono destinati i figli della working class è quella più scadente, ha subito i colpi feroci del disinvestimento nell’istruzione scientemente operato per decenni.
Che fare allora? Intanto rivedere la scuole media inferiore, non ci azzardiamo a pensare ad una riforma perché tutte le riforme avvenute da 30 anni a questa parte (per esempio i presidi managers per dirne una) si sono dimostrate fallimentari, di sicuro i tre anni delle scuole medie, allo stato attuale, non producono i risultati sperati nonostante la bravura del corpo docente.
Affrontare il divario sociale e di classe tra le scuole superiori è di fondamentale importanza e non nella ottica di introdurre numeri chiusi nell’accesso all’università o barriere di ogni ordine e grado, i divari e le disuguaglianze sono un fattore di decrescita non solo culturale ma anche economica.
Ma per farlo sarebbe utile una alleanza tra studenti e docenti, quell’alleanza spesso ostacolata dagli stessi sindacati che hanno perso di vista il ruolo sociale dell’educatore e l’apporto che dovrebbe fornire a percorsi di trasformazione della società.
Federico Giusti – Pisa
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