Hirak a pugno chiuso
Francesco Cecchini
Uno slogan gridato dai manifestanti dell’hirak è Ya Alì, Ya Alì, in ricordo di Alì La Pointe, eroe e martire della Battaglia di Algeri che rifiutò di arrendersi ai parà francesi del generale Massu e fu fatto saltare in aria con l’esplosivo nella casa in cui si era barricato. Il popolo algerino sta vivendo, dopo la guerra di liberazione nazionale dal colonialismo francesa, una guerra per liberarsi dal sistema attualmente al potere. Dallo scorso 22 febbraio milioni di algerini in tutta l’Algeria sono scesi in strada ogni venerdì, gli studenti ogni martedì, per impedire non solo a Bouteflika, da 20 anni al potere, di non ricandidarsi per un quinto mandato, ma anche per un rinnovo delle istituzioni appannaggio di certe elite. Vi è stata anche repressione, circa 200 manifestanti e militanti dell’hirak sono stati frmati e imprigionati. Alcuni solo per esporre una bandiera berbera.
Oltre alle riforme democratiche, il movimento popolare, hirak, ha chiesto maggiore inclusione dei cittadini ai vertici del Paese per porre fine a un “nizam”, “sistema” in arabo, ritenuto corrotto e responsabile delle difficoltà economiche del paese. L’Algeria soffre il drastico calo delle risorse finanziarie, dilaga la corruzione, la mancanza di diritti e di libertà di espressione. Il disagio sociale è forte per via dell’alto tasso di disoccupazione e della povertà. La crisi è profonda e colpisce tutti gli ambiti della società.
Il movimento hirak ha chiesto di boicottare le urne in quanto alle presidenziali si sono candidati solo esponenti del “nizam”. Innanzitutto i due ex primi ministri Ali Benflis e Abdelmadjid Tebboune. Poi , Azzedine Mihoubi, Abdelkader Bengrina e Abdelaziz Belaid, uomini di Bouteflika .
Giovedì 12 dicembre più di sei algerini su dieci non sono andati a votare, un’ astensione da record rispetto ad altre elezioni presidenziali ( gli elettori algerini sono attualmente 24 milioni). L’ indicazione dell’hirak “Makache l’vote!”, (Niente voto!), ha vinto. Tra l’altro, un seggio su venti è stato bloccato, assaltato, in certi casi addirittura murato.
Mohamed Charfi, presidente dell’Autorità elettorale indipendente nazionale (ANIE) ha, però, annunciato i seguenti dati: tasso di partecipazione a livello nazionale è del 41,41% e quello degli algerini all’estero all’8,69%, che non è necessario un secondo turno e che Abdelmadjid Tebboune che ha raccolto il 58,15% dei voti è eletto presidente al primo turno. L’ex primo ministro algerino Abdelmadjid Tebboune è stato quindi eletto come ottavo presidente nella storia dell’Algeria. Nato nella piccola città di Mécheria sui Monti dell’Atlante, Algeria nord occidentale, nel 1945, Tebboune è un politico di lungo corso. In questi ultimi anni, Tebboune è rimasto in ombra per poi ricomparire sulla scena diversi mesi dopo le dimissioni di Bouteflika. Il 19 ottobre, in un’intervista al quotidiano panarabo “al Hayat” informò della rottura con l’establishment presidenziale di Bouteflika. Il 26 ottobre annunciò ufficialmente la sua candidatura alle elezioni presidenziali. Tebboune gode dell’appoggio dell’attuale capo di Stato maggiore dell’Esercito popolare nazionale, Ahmed Gaid Salah, nuovo uomo forte del paese dopo le dimissioni di Abdelaziz Bouteflika.
Abdelmadjid Tebboune e Ahmed Gaïd Salah
L’hirak che sostiene lo smantellamento del ” sistema ” che governa l’Algeria dal 1962, respingerà il risultato delle elezioni presidenziali del 12 dcembre, visto come una manovra di sopravvivenza per il regime. Significativa in questa direzione a denuncia di Rabah Abdellah, direttore della Liberté, uno dei due quotidiani: “Ma stavolta la gente non è disposta ad accettare il solito risultato precotto”.