Brahim Ghali Leader del Fronte Polisario
Francesco Cecchini
Il discorso di apertura di Brahim Ghali durante il XV Congresso del Fronte Polisario, tenuto giovedì scorso nella “regione liberata” di Tifariti, mette in luce che dopo 28 anni il referendum sull’indipendenza del Sahara Occidentale non è ancora stato realizzato. Una promessa dell’ONU non realizzata, che esaurisce la pazienza del popolo saharawi. Il ritorno alle armi contro il Marocco è la questione centrale al centro di questo congresso. Tifariti, è una città situata nell’area dell’ex colonia spagnola del Sahara occidentale che è sotto il controllo della missione ONU dal 1991 sotto l’accordo del 1991 e che i saharawi chiamano “Sahara liberato”. Brahim Ghali segretario generale del Fronte Polisario e presidente della Repubblica Democratica Araba Sahrawi ha detto che tutte le opzioni sono sul tavolo, ma ha avvertito che il popolo saharawi non accetterà ulteriori ritardi e rinvii che legittimano l’occupazione della loro Patria, e che sono disposti a fare uso diVtutti i mezzi per raggiungere l’indipendenza, quindi anche delle armi. Brahim Ghali ha affermato che “L’attuale situazione di stagnazione derivante dal sistema politico intransigente e ostruzionista del Marocco non ha giustificazione e riflette il fallimento delle Nazioni Unite” aggiungendo che il “Polisario non ha altra scelta che ripensare il suo impegno nel processo di pace nel suo insieme.”
È il primo congresso tenuto sotto la direzione di Ghali, che ha sostituito lo storico Mohamed Abdelaziz dopo la sua morte quattro anni fa. Ex leader militare, è considerato il ramo duro del Polisario, anche se fino ad ora ha resistito alle chiamate a tornare alle armi. C’è molta frustrazione nei confronti delle Nazioni Unite, che i sahrawi accusano di essersi lasciati manipolare dal Marocco e dai suoi alleati internazionali, con in testa la Francia. Il vertice del Frontw Polisario è sempre più sotto pressione per un cambio di direzione di strategia, in particolare da parte dei giovani, che spingono anche per ottenere un cambio generazionale nell’organizzazione, controllata dai vecchi combattenti che si sono alzati in armi negli anni settanta. Coloro che chiedono il passaggio sono le generazioni nate nel Sahara Occidentale sotto il controllo marocchino o nei campi profughi di Tindouf in Algeria.