“Mr Dickens, buonasera. Ammiro molto le cose che scrive. Vengo dalla Germania.”
Il giovane straniero fa un mezzo inchino mentre gli porge il biglietto, che lo scrittore guarda distrattamente. Dickens pensa che non sarebbe stato necessario precisare quell’informazione: il suo accento è davvero terribile. Lo scrittore ha già notato quello straniero alla locanda del Cervo bianco. Ricorda che un altro paio di volte ha avuto l’impressione che volesse parlargli, ma poi si è sempre allontanato.
“La prego, si sieda. Mi fa piacere incontrare i pochi che hanno letto le cose che ho scritto.”
Il tedesco si accomoda, appoggiando la pinta di birra che tiene ancora in mano.
“Le cose che lei scrive sono molto importanti. Spero facciano capire a tanti in che condizioni miserevoli vivono le donne e gli uomini in questo paese. Come vengono sfruttati. I due bambini che ha descritto nel Canto di Natale, l’ignoranza e la miseria, sono un atto di accusa molto forte contro questa società.”
Dickens fa un mezzo sorriso.
“La ringrazio, ma credo che quel racconto non sarà ricordato affatto come una denuncia sociale: penso di averci messo dentro troppi spettri. E temo che continueranno a leggerlo come una storia di fantasmi.”
Quella domenica sera, l’ultima prima di Natale, la locanda è piena di gente e mentre i due uomini stanno parlando un bambino corre veloce tra i tavoli, portando da bere. Un tonfo e poi un rumore di vetri interrompe la loro conversazione e attira gli sguardi di tutta la sala.
“Cosa diavolo hai combinato, Pip?”
Il padrone della locanda in un attimo è addosso al ragazzo.
“Canaglia, hai rotto una bottiglia da una sterlina. Lavorerai due settimane senza paga.”
Sta già per picchiarlo, solo l’intervento del tedesco glielo impedisce. Intanto Dickens tira fuori una moneta.
“Il ragazzo ha servito quella bottiglia a noi e noi la paghiamo. E lei continuerà a pagarlo per il suo lavoro.”
Il tono di Dickens non ammette repliche. I due uomini stanno muti per un po’, mentre il bambino si allontana, ringraziandoli. Il padrone della locanda afferra i soldi e se va anche lui, mugugnando contro i signori che sotto Natale vogliono essere buoni. E’ lo scrittore a interrompere il silenzio.
“Forse ha ragione lui: mancano quattro giorni a Natale e abbiamo voluto essere generosi. E certamente questo gesto non servirà a nulla. L’unico che ci ha guadagnato è il padrone che ha intascato una sterlina per una cosa che non la vale affatto. Appena noi saremo usciti da qui, Pip riceverà quello schiaffo che il suo intervento così pronto ha impedito. Abbiamo solo procrastinato la punizione. E, quel che è peggio, quell’uomo continuerà a sfruttare il lavoro di un bambino, che invece dovrebbe studiare e giocare, non certo starsene qui. Ci siamo salvati la coscienza in vista di Natale, ma non abbiamo certo salvato quel bambino. Né tutti gli altri che in questi giorni vengono sfruttati. Purtroppo non è come nelle mie storie, che finiscono bene: nella vita vera non si salva nessuno.”
“Ha ragione, Mr Dickens. E non se ne deve salvare solo uno, bisogna salvarli tutti. Per questo sono a Londra. Con alcuni compagni stiamo lottando per una società nuova, senza proprietà privata e senza classi.”
“Obiettivo ambizioso.”
“Anch’io scrivo. Insieme a un mio amico, anche lui tedesco, stiamo preparando il programma di questa nostra lotta, le cose che non ci piacciono e come le vogliamo cambiare. Spero lo leggerà anche lei quando lo avremo finito.”
“Certamente, caro amico, ma temo che la vostra battaglia sia molto dura. Conosco molto bene Londra e un po’ conosco anche l’Inghilterra e il resto d’Europa. Le donne e gli uomini sfruttati sono centinaia di migliaia. Davvero c’è uno spettro che si aggira per l’Europa, quella della povertà e dello sfruttamento.”
Il rintocco delle campane indica che sono ormai le nove.
“Ora devo andare. Ho una riunione del partito. Ma voglio ringraziarla ancora per quello che fa. Le sue denunce per noi sono importanti: sta dicendo alle persone, anche a quelle che non vogliono ascoltare noi, che il mondo in cui viviamo è ingiusto.”
“Faccio quello che so fare.”
“Grazie ancora, e buon Natale, Mr Dickens.”
Lo scrittore alzandosi per congedarsi, riesce a dare una sbirciata al biglietto dello straniero.
“Buon Natale, Mr Marx.”

se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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