Il presidente argentino Fernandez ha confrontato il comportamento dei media e le azioni politiche riguardanti gli affari interni del Cile e del Venezuela: “Dobbiamo essere onesti, Piñera ha imprigionato 2.500 persone e nessuno ha detto nulla”.
Fernandez ha voluto evidenziare il silenzio internazionale sulle violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di sicurezza in Cile durante le proteste contro le politiche del presidente Piñera iniziate più di due mesi fa.
Ha anche messo a confronto il comportamento internazionale verso il Venezuela e verso gli altri paesi della regione: “Mi sono ricordato giorni fa, quando ho ricevuto organizzazioni sui diritti umani, nel 2013, quando protestavano perché dicevano che (il presidente venezuelano Nicolás) Maduro, aveva arrestato 800 persone. Ok, risulta che (il presidente cileno, Sebastián) Piñera ha messo in prigione 2.500 persone e nessuno ha detto nulla.
Siamo preoccupati per ciò che sta accadendo in Bolivia e in Cile e della mancanza del rispetto in quei paesi dello stato di diritto. Di tutto ciò si parla molto poco”, ha detto Fernandez.
In Cile, dall’inizio delle proteste, si accumulano denunce per violazioni dei diritti umani. Finora, ci sono segnalazioni di almeno 350 persone con lesioni agli occhi a seguito degli spari dei Carabineros ad altezza d’uomo.
Inoltre, ci sono segnalazioni di violenze sessuali sia a uomini che a donne, torture e maltrattamenti da parte degli agenti della sicurezza.
Solo questo venerdì, è stata registrata una delle scene più violente, quando un giovane è stato schiacciato da due blindati che lanciavano acqua. Per questa aggressione, il manifestante ha subito la frattura del bacino.”
“Voglio chiarire che ho un ottimo rapporto con Piñera e se lo posso aiutare, lo aiuterò per qualunque cosa che sia nelle mie possibilità. Però dobbiamo essere onesti e queste cose le dobbiamo dire”, ha concluso il presidente argentino.
Fernandez ha formulato queste considerazioni durante un’intervista rilasciata domenica al media argentino America TV.
Traduzione Rete solidarietà rivoluzione bolivariana