Continuano le proteste in Cile mentre continua la repressione e la violazione ai diritti umani da parte di uno stato che uccide il proprio popolo e che nega la realtà che si vive nel Paese
Olivia Carmona
Il 25 dicembre il Cile si è svegliato con l’annuncio del governo di aprire un concorso pubblico per una ¨campagna di comunicazione per la pace¨ in cui saranno stanziati 202 milioni di pesos cileni, circa 250mila euro. La campagna è mirata a ¨calmare¨ i cittadini, attraverso messaggi che saranno diffusi in radio e in televisione per un periodo di due settimane, con un tono «diretto, positivo e ispiratore», secondo il documento pubblicato sul sito internet Mercado Público, la pagina web dove gli organismi pubblici cileni comprano servizi alle imprese private.
«È arrivato il momento di avanzare e di uscire da questa crisi e per questo è necessario che l´ambiente nel Paese si tranquillizzi per poter avanzare con calma e per poter concentrare gli sforzi nei confronti delle richieste cittadine in modo corretto», si legge nello stesso documento.
Peccato che a più di 70 giorni dall´inzio delle proteste ancora una volta la realtà è ben distinta e lontana dai comunicati pubblici del governo di Sebastián Piñera perché le forze di sicurezza continuano a uccidere e a ferire il popolo cileno.
È di venerdì 27 dicembre la notizia della morte di Mauricio Fredes, un ragazzo di 33 anni de La Pintana, uno dei quartieri più popolari della zona metropolitana di Santiago.
Quel giorno Mauricio insieme ad alcuni amici stava protestando sull´Alameda, la strada principale della capitale cilena, a poche centinaia di metri da Plaza Dignidad – ex Plaza Italia– , il punto zero delle proteste. Verso le 20, momento in cui giornalmente la repressione da parte dei carabineros diventa più violenta, Mauricio ha iniziato a scappare ed è caduto in un fosso alto 1,80 metri, dove c´erano acqua e fili elettrici. Nonostante sia stato portato subito all´ospedale centrale nelle vicinanze, Mauricio era già morto. Secondo le prime notizie il manifestante sarebbe morto folgorato, smentito poi dal Servizio Medico Legale che parla invece di afissia per sommersione: Mauricio Fredes è morto perché una volta dentro la fossa i carabineros hanno continuato a tirare acqua, riempiendogli i polmoni. Fredes viveva con la nonna e stava protestando anche per lei e per la sua pensione misera.
Il giorno dopo mentre alcune persone gli stavano rendendo omaggio proprio nel punto dove ha perso la vita, sono arrivati ancora una volta i carabineros e hanno iniziato a reprimere con l’idrante e i lacrimogeni. Tra i partecipanti c´era pure una minore di 10 anni, che in seguito ai gas, ha sofferto la paralisi di metà del corpo, ha avuto problemi nel parlare e difficoltà a riconoscere sua madre, dopo aver perso coscienza per almeno 20 minuti, secondo le testimonianze del personale medico che si trovava sul posto.
«La bambina di 10 anni, per proteggere sua sorella di sette, va da lei e riceve i lacrimogeni», secondo quanto riportato dal giornale online “El desconcierto” in un´intervista a Natalí Jarpa, testimone e studentessa d´infermieria: «Quando arriva il carro lancia gas, va da sua sorella e sente un forte impatto sulla schiena. Un impatto molto forte perché aveva una deviazione nella colonna vertebrale, quando è arrivata all’ospedale aveva un´emiplegia, non poteva muovere metà del corpo, non aveva forza muscolare né nella gamba né nel braccio sinistro».
Lo stesso venerdí 27, mentre a pochi metri moriva Mauricio Fredes, verso le 19 una bomba lacrimogena incendiava il tetto del Cine Arte Alameda, un cinema storico, simbolo della vita culturale santiaguina, ubicato nella zona più calda del centro delle proteste e che da due mesi lavorava anche come sede del SAMU, il servizio medico di primo soccorso. Mentre si produceva l´incendio che ha devastato completamente l´intero edificio, all´interno c´erano delle persone. «Per mesi abbiamo collaborato soccorrendo le persone», recita il comunicato ufficiale del Cine Arte Alameda, «in varie opportunità ci sono stati inizi di incendi prodotti dalle bombe lacrimogene lanciate dai carabineros al tetto del centro culturale. Gli stessi lavoratori cercavano di spegnere questi fuochi, ma oggi lo sforzo non è stato sufficiente e lo spazio è stato perso completamente, è stato un terribile attentato incendiario».
Intorno alle 22 dello stesso giorno, alcuni volontati che stavano cercando di spegnere l´incendio, sono stati colpiti dalla polizia con pallottole di gomma.
Inoltre, è solo di una settimana prima – 20 dicembre – il video che mostra come l´autista di un carro lancia gas va diretto a colpire uno dei manifestanti chiudendolo tra la sua vettura e un´altra. Il ragazzo di 20 anni ha subito una frattura pelvica ma fortunatamente è fuori rischio vitale. L´autista in questione, Mauricio Carrillo, un capo dei carabinieri, come pena dovrà solo firmare una volta al mese presso il Primo Commissariato di Santiago, nonostante sia accusato per ¨quasi delitto di omicidio¨ e nonostante l´Istituto Nazionale di Diritti Umani abbia chiesto la prigione preventiva per tentato omicidio.
Davanti a tutto ciò il governo dell´ ¨oasi cilena¨ continua a non vedere, non sentire e soprattutto a non punire i responsabili, invitando il popolo alla calma. Lo stato continua a negare le violenze da parte delle forze di sicurezza in un totale discostamento e alterazione della realtà.
In un´intervista del 15 dicembre alla CNN spagnola, il presidente Sebastián Piñera ha affermato che c´è stata una «campagna di disinformazione, di notizie false, di montaggi per creare una sensazione di disordine e una crisi totale», aggiungendo che secondo uno studio su milioni e milioni di comunicazioni attraverso le reti sociali si dimostra la presenza di una «mano straniera» che cerca di destabilizzare il governo e il sistema politico cileno. Secondo lo stesso studio, i commenti online che fomentano la crisi, vengono dall´estero: «l´immensa maggioranza di questi mirano a provocare più disordini, più manifestazioni, più mancanza di controllo, più disobededienza civile per castigare o a pregiudicare il sistema politico cileno, non solo il governo, perché questo è un attacco contro il sistema politico cileno e stanno partecipando gruppi dentro il Paese come per esempio narcotrafficanti e gruppi anarchici, ma c´è anche la mano di gruppi stranieri».
Inoltre, nella stessa intervista afferma che tutte le notizie e i video inerenti alle violazioni dei diritti umani e alla repressione «non corrispondono alla realtà». Ma quale sarebbe la realtà? E perché da più di due mesi i cileni continuano a non abbandonare le piazze? I cileni non hanno nessuna intenzione di fermare le proteste perché il 70% dei lavoratori di questo Paese non arriva nemmeno a uno stipendio pari a 660 euro – in una nazione dove il costo della vita è molto simile all´Italia-, perché il 50% delle pensioni non raggiunge i 200 euro mensili, perché 11,3 milioni di persone hanno debiti con lo stato dovuti all´istruzione e alla sanità private, mentre solo l´1% della popolazione detiene il 33% del reddito nazionale, perché la costituzione vigente che dovrebbe tutelare il cittadino è stata scritta durante una delle dittature più crudeli dell´ America Latina.
Proprio per tutti questi motivi – e non per le menzogne del governo – finché lo stato non si prenderà le proprie responsabilità e non ascolterà la voce dei cittadini, i cileni continueranno a lottare e non solo per la dignità o per un paese più equo, ma anche per tutti quei morti e quelle vittime di un governo cieco e sordo che in ¨democrazia¨ e davanti a tutte le nazioni del mondo sta uccidendo e violentando il proprio popolo.