È bella Lena Horne, ha gambe lunghe e un sorriso smagliante e disarmante, ma non è fatale come la sua amica Ava Gardner né scandalosa come Rita Hayworth, non è il “sogno proibito” dell’America, potrebbe esserne la fidanzata, come Ginger Rogers. È brava Lena Horne, sa ballare e sa recitare, ma soprattutto ha una voce calda e avvolgente, è una delle cantanti più brave della sua generazione, di quelle grandi artiste che stanno facendo la fortuna degli studios. È nera Lena Horne, ed è per questo che non è diventata la star che avrebbe meritato di essere. A Hollywood non le fanno mai dimenticare il colore della sua pella e lei non vuole mai dimenticarlo.
Esordisce a sedici anni, nel 1933, come corista e ballerina al Cotton club, ma si capisce subito che quella ragazza nata a New York in una famiglia della borghesia nera della città non è destinata a rimanere nella fila. Lena va a Hollywood, perché tutti quelli che vogliono diventare qualcuno devono andare là. E nel 1942 la Metro la mette sotto contratto: è la prima attrice e cantante nera a cui uno dei grandi studios offra un’opportunità del genere.
I neri vanno al cinema e amano i film musicali, vorrebbero comprare i dischi dei loro attori preferiti, ma finora nessuno di questi è mai stato protagonista di un musical, perché i produttori sanno che un film con un protagonista nero non verrebbe mai proiettato in molte sale del paese. L’unico modo per risolvere il problema è quello di fare dei musical solo per i neri. Nel 1943 escono così Stormy weathers e Cabin in the sky, prodotti rispettivamente dalla 20th Century Fox e dalla MGM. Le grandi majors mettono al lavoro i loro migliori artisti bianchi, spesso ebrei, per realizzare questi film, i registi sono rispettivamente Andrew L. Stone e Vincente Minelli, Harold Arlen, l’autore di Over the rainbow, collabora alle musiche di entrambi i film. Poi chiamano i più grandi artisti neri e il gioco è fatto. Lena Horne compare in tutti e due i film con un ruolo da protagonista. È lei a cantare in maniera struggente Stormy weathers per l’uomo che ama. Poi ci sono Ethel Waters, Louis Armstrong, Cab Calloway, Bill Robinson. Le trame sono piuttosto fragili, quei film sono più una sorta di collage di pezzi musicali a uso del pubblico nero che finalmente può vedere sul grande schermo i propri beniamini.
Cabin in the sky è un film per neri che negli stati del Sud viene proiettato solo nei “loro” cinema, ma siamo pur sempre nel 1943 e dato che Lena canta Ain’t it the truth mentre è immersa in una vasca da bagno piena di schiuma, da cui emergono soltanto il viso e le spalle, l’intera scena – che adesso è un’immagine da educande – viene tagliata. Quelle spalle sono decisamente troppo per l’America, bianca e nera che sia, degli anni Quaranta.
Per qualche anno Lena viene ancora scritturata per partecipare ai musical, ma adesso gli studios adottano un’altra tecnica. A un certo punto del film i protagonisti entrano in un nightclub e trovano questa splendida artista che canta e, finita la canzone, la storia può ricominciare; così quella scena si può tranquillamente tagliare senza creare problemi alla trama. Basta stampare i manifesti senza il nome della Horne e quel film è pronto a diventare un successo anche negli stati del Sud.
C’è la guerra e tutti gli artisti sono impegnati negli spettacoli per le truppe. Naturalmente anche Lena viene chiamata dare il suo contributo. Però protesta perché i soldati neri vengono fatti sedere sempre in fondo alla sala, rigidamente divisi dai loro commilitoni bianchi che hanno i posti migliori. Le dicono che canterà per un pubblico fatto solo di soldati neri: non le piace, è accettare ancora una volta una forma di segregazione, ma deve accettare. Ci saranno anche dei prigionieri tedeschi. Quando sale sul palco Lena vede nelle prime file i visi bianchissimi dei soldati tedeschi, ha un moto di rabbia, lascia il microfono, scende le scale, percorre la sala e va dove iniziano le file dei soldati americani e comincia a cantare.
A questo punto per Lena Horne non c’è più posto a Hollywood. Naturalmente diventa un bersaglio per il senatore McCarthy. Lavora al Café Society, il night del Greenwich village che è stato il primo locale in cui bianchi e neri potevano sia esibirsi sia essere clienti, senza alcuna distinzione, “the wrong place for the right people”, come dice il suo fondatore Barney Josephson. È amica di Paul Robeson, il protagonista a Londra di Show boat e di una celebre edizione di Otello, ma anche un acceso sostenitore della causa repubblica in Spagna e dei diritti dei neri in America. A causa delle sue posizioni apertamente socialiste a Robeson viene ritirato il passaporto e questo gli impedisce di svolgere la propria attività di cantante e attore: ad Harlem fonda un giornale, Freedom, che diventa dal ’50 al ’55 una tribuna per la battaglia dei diritti. Poi nel 1947 Lena sposa a Parigi il direttore d’orchestra, compositore e arrangiatore Leonard George Hayton, anche lui sotto contratto con la Metro; per i suoi arrangiamenti sarà nominato sei volte all’Oscar, vincendolo due volte. Hayton è bianco e il loro matrimonio è ulteriore motivo di scandalo per la carriera di Lena Horne.
E così Lena comincia a dirigere alcuni dei più importanti club del paese, naturalmente continuando a esibirsi. Il suo album registrato dal vivo Lena Horne at the Waldorf Astoria diventa una pietra miliare della sua “nuova” carriera, che la porta nei maggiori teatri e nightclub degli Stati Uniti. E poi c’è la televisione, che non dimentica questa bravissima cantante. Non avrà mai un proprio show, ma tutti i suoi colleghi bianchi – e maschi – che ce l’hanno, da Dean Martin a Andy Williams, a Tony Bennett, vogliono cantare con lei. Poi c’è Broadway. Lena è la protagonista del musical Jamaica, per cui ottiene una nomination ai Tony come miglior attrice: è la prima donna nera a raggiungere questo traguardo. In questo musical Lena ritrova Harold Arlen come autore delle musiche, mentre i testi sono di Edgar “Yip” Harburg, famoso per aver scritto i testi di tutte le canzoni del Mago di Oz, e anche per essere finito nella “lista nera”. Per questo Jamaica può andare in scena solo sette anni dopo che è stato scritto, quando la “caccia alle streghe” è finita.
Lena intanto non smette mai di lottare. Il 28 agosto 1963 è a Washington. Non riesce a intervenire, come molte donne vorrebbero. Ma nessuna donna lo potrà fare quel giorno. Tutti quelli che intervengono sono uomini.
Nel 1978 torna a recitare in un film, The Wiz, la versione nera e urbana delle storie del paese di Oz, scritta da Joel Schumacher e diretta da Sidney Lumet. Diana Ross è Dorothy, Micheal Jackson lo Spaventapasseri, Richard Pryor il Mago di Oz. Lena Horne è – e non poteva essere altrimenti – Glinda, la Regina buona del sud. Lena è ancora bellissima, per quanto sia kitsch il suo vestito azzurro da fata madrina. Ma senti tutta la forza di Lena quando la Regina dice
Tutti abbiamo il dovere di trovare la nostra casa. Non è un posto dove si mangia e si dorme. È un posto per conoscere. Conoscere la nostra Mente, conoscere il nostro Cuore, conoscere il nostro Coraggio. E se conosciamo noi stessi, ci sentiamo a casa nostra, ovunque siamo.
se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…