Bolivia, dicembre 2019, tre settimane dopo il colpo di Stato fascista. Fa un freddo infernale. La macchina del mio compagno sta navigando con attenzione attraverso le tracce di fango profondo. Enormi cime innevate di montagna sono chiaramente visibili in lontananza.

L’Altopiano Boliviano; amato, ma sempre in qualche modo ostile, silenzioso, impenetrabile.

Così tante volte, in passato da queste parti mi sono trovato vicino alla morte. In Perù e in Bolivia. Più spesso in Perù.

Ora, quello che faccio è del tutto folle. Essendo un sostenitore del presidente Evo Morales, dall’inizio fino a questo preciso istante, non dovrei essere qui; in Bolivia, nell’Altopiano. Ma io sì, perché queste capanne di fango a destra e a sinistra, mi sono così familiari e così care.

Il mio compagno è un contadino boliviano, un indigeno. Le sue mani sono rosse, ruvide. Di solito non parla molto, ma dopo il colpo di Stato, non riesce a smettere di parlare. Questo è il suo paese, il paese che ama e che è stato rubato a lui, alla moglie e ai figli.

Qui potremmo essere fregati entrambi, ma se lo facciamo, è la vita, conosciamo il rischio e siamo felici di accettarlo.

Carlos (non è il suo vero nome), mio autista e amico, ha spiegato:

Li ho chiamati, gli anziani, e hanno detto che se vieni va bene. Ho mandato loro i tuoi saggi. Sai, la gente qui ora legge, anche nei villaggi più remoti. Dopo 14 anni di governo di Evo Morales, l’intero paese è coperto dalla rete della telefonia mobile. Hanno letto i tuoi scritti tradotti in spagnolo. A loro piaceva quello che leggevano. Hanno accettato di rilasciare una dichiarazione. Ma hanno detto: “se non è veramente uno scrittore di sinistra russo-cinese, ma invece un amichetto di Camacho, gli spaccheremo la testa con una pietra”.

Camacho [in inglese], Luis Fernando Camacho, membro del Movimento Nazionalista Rivoluzionario sostenuto dagli Stati Uniti, e Presidente del Comitato Civico di Santa Cruz dal 2019. Un grande avversario di Evo Morales, un uomo che durante le elezioni generali boliviane del 2019, si schierò con l’Occidente, con il tesoriere militare boliviano (addestrato [in inglese] negli Stati Uniti), e che chiese le dimissioni di Evo, il 5 novembre 2019.

Mi sta bene quello che dicono. Andiamo.

Saliamo, e poi, a circa 4.100 metri sul livello del mare, ritorniamo in piano.

Si sta costruendo una nuova grande strada. Naturalmente, si tratta di un progetto dei giorni della presidenza di Evo.

Ma non sono solo le costruzioni delle infrastrutture stradali che si possono vedere tutto intorno a noi. Ci sono torri idriche, acquedotti e rubinetti in ogni villaggio. L’acqua è gratis, per tutti.  Ci sono scuole, centri medici e strutture sportive, e campi accuratamente coltivati.

Il viaggio è lungo, difficile. Ma ad un certo punto vediamo alcuni autobus e auto parcheggiati sulla cima di una collina.

C’è un piccolo altopiano, e un enorme altoparlante bianco situato al centro della spianata.

Persone in abiti colorati tradizionali sono sparsi in tutto il sito: uomini, donne e bambini. Un gruppo di anziani è seduto in un cerchio chiuso. Stanno cantando, e il loro appello è trasmesso con l’altoparlante. Si rivolgono a ciò che per loro è sacro: Madre Terra. Hanno bisogno di forza per andare avanti, per lottare, per difendersi.

Profondamente radicata: gli indigeni dell’altopiano si riuniscono per parlare con Madre Terra (Foto: Andre Vltchek, 2019©)

Sono prima ‘scannerizzato’ dal popolo, e solo poi mi è stato permesso di avvicinarmi agli anziani. Spiego chi sono e presto le formalità sono finite.

“Per favore, registra pure, ma non filmare le nostre facce, per sicurezza”, mi è stato detto. “Ma dopo, puoi filmare la riunione”. Poco dopo, mi siedo e iniziano a parlare:

La situazione in cui viviamo in questi giorni nel nostro paese, nelle comunità di quassù, le comunità andine, è molto difficile. In realtà ci sentiamo frustrati, spesso abbandonati perché durante il precedente governo guidato dal presidente Evo Morales, noi come agricoltori e indigeni ci siamo sentiti molto bene. Anche se, a volte, non abbiamo ricevuto troppo aiuto, tuttavia, il governo, lo stesso presidente Evo Morales, è del nostro stesso sangue, della nostra stessa classe. Per questo lo stavamo sostenendo. E continuiamo a sostenerlo.

E questo, quello che abbiamo ora, è un governo dittatoriale. Dicono il contrario, ma è un governo fascista. È un governo che sta bruciando [in inglese]  Wiphala, il nostro simbolo. Ci disonora. Ci sentiamo umiliati, discriminati. Per questo ci rendiamo conto che non possiamo fallire; non possiamo rimanere qui così, continueremo a combattere. Ci saranno elezioni nel nostro paese, e continueremo a sostenere quella persona che ha elevato il nostro nome, il nome del popolo nativo, dei lavoratori, della gente che lavora e dei poveri.

In primo luogo, andremo alle elezioni, se naturalmente ci saranno le elezioni. Andremo a sostenere il nostro popolo, i nostri capi. Nel caso in cui produrranno frodi elettorali, allora sì, ci alzeremo!

Gli anziani indigeni si riuniscono per discutere lo stato attuale delle cose nel loro paese (foto: Andre Vltchek, 2019©)

Gli ho detto che conosco il loro paese, e l’Altopiano, da più di 25 anni. È cambiato tutto. I villaggi costituiti da capanne di fango sono venuti alla vita. Si sono svegliati, hanno iniziato a sbocciare. L’acqua per tutti cominciò a scorrere attraverso le tubazioni fornite dal governo. Le ambulanze moderne sono state distribuite, servendo tutti gli angoli della nazione. Gli ambulatori hanno aperto le loro porte a milioni di studenti, e così hanno fatto le scuole, e i centri professionali. Sono state costruite nuove strade. Il governo ha incoraggiato l’agricoltura ecologica.

La Bolivia, per decenni e secoli, vive sotto una mostruosa discriminazione razziale, è stata sfruttata, umiliata e derubata di tutto, ma ultimamente ha cominciato ad alzarsi in piedi.

Gliel’ho detto. Ho raccontato loro come venivo qui, più e più volte, negli anni ‘90, dal Perù; un paese devastato dalla cosiddetta “Sporca Guerra” che ho descritto nel mio romanzo [in inglese] “Punto di non ritorno”. Il Perù era terribilmente distrutto, ma qui, in Bolivia, la gente era viva solo a metà. Non c’era speranza, solo miserie silenziose e spaventose.

L’eredità di Evo: cliniche dentistiche mobili, super moderne, forniscono servizi sanitari alla gente (foto: Andre Vltchek, 2019©)

Adesso la Bolivia, una volta il paese più povero del Sudamerica, è ben avanti al Perù, uno stato cannibalizzato senza sosta dal modello economico neo-liberale, e ancora diviso all’estremo razzialmente e socialmente.

Chiedo agli anziani se sono d’accordo. Lo sono.

Certamente. Perchè abbiamo visto con i nostri occhi gli enormi cambiamenti economici, e possiamo testimoniare come la Bolivia sia risorta, e dopo quei 14 anni, sia stata in testa a tutta la regione latino-americana”.

Filmo, fotografo.

Prima di andarcene, una signora anziana si avvicina alla macchina gridando in un idioma locale.

Carlos traduce:

Combatteremo tutti gli esseri malvagi che si sono auto-dichiarati nostri governanti. Se non se ne vanno, bloccheremo di nuovo le strade tra El Alto e La Paz, e si dovranno mangiare i loro escrementi. La nostra gente non sarà mai più sconfitta. Ditelo dovunque andrete!

Io le dico che lo farò.

Trasparenza vera: il presidente della Bolivia usa i manifesti per pubblicare i conti del suo governo  (Foto Andre Vltchek, 2019©)

Nel 1971 il grande scrittore, giornalista e poeta Eduardo Galeano pubblicò il libro “Le vene aperte dell’America Latina”, subito diventato il più importante testo per gli intellettuali di sinistra e rivoluzionari latino-americani. Nel libro, regolarmente bandito in tutto il continente, Galeano scrive di quei 500 anni di saccheggi, inganni e crudeltà mostruosi, commessi dagli europei e dai nord-americani ai danni dei popoli dell’America centrale e meridionale. Alcuni dei peggiori crimini vennero commessi nel territorio che ora costituisce la Bolivia, in special modo nelle miniere della città di Potosi, che arricchì gli europei, ma costò la vita a decine di migliaia di persone, forzate a vivere e lavorare come schiavi.

Non molto prima della sua scomparsa, ho lavorato con Eduardo Galeno nel suo caffè, nella parte vecchia di Montevideo.

Era durante gli esaltanti giorni dell’onda delle “rivoluzioni rosa”.  Stavamo celebravamo le vittorie e condividendo le nostre speranze per il futuro, quando Eduardo si fermò e disse semplicemente:

Sai, tutti i compagni che sono al potere adesso devono stare molto attenti. Devono capire che i poveri che li hanno eletti o che li hanno appoggiati nell’ascesa al potere, hanno solo una cosa che gli rimane nella vita, e questa cosa è la speranza. Gli togli la speranza e non resta loro un bel niente. Derubarli della speranza è come ucciderli. Ecco perché quando incontro i nostri leader di sinistra, e li incontro spesso, dico loro sempre: “Compagni, attenti. Non giocate con la speranza! Non fate mai promesse che non potrete mantenere. Mantenete sempre la vostra parola”.

Juan Evo Morales Ayma, il primo presidente indigeno della Bolivia, capì perfettamente Galeano e la sua opera. Morales ed il suo Movimento per il Socialismo (MAS) non hanno mai tradito la fiducia dei poveri. Questo è il motivo per il quale non è mai stato perdonato dall’Occidente e da tanti individui appartenenti ai circoli traditori dell’élite boliviana e dell’esercito.

Famiglia di agricoltori dell’altopiano, una lotta continua in dure condizioni (Foto, Andre Vltchek, 2019©)

Dopo l’incontro con i capi indigeni, chiedo a Carlos di guidarci intorno all’Altopiano, senza alcun programma preciso. Voglio parlare con la gente, ai più poveri tra i più poveri della Bolivia.

A un certo punto, arriviamo in un minuscolo villaggio. Un cane con una zampa rotta ci accoglie abbaiando rumorosamente, ma in modo innocuo. Ci sono due pecore vicino all’ingresso della casa. Un agricoltore anziano, la moglie cieca, e una figlia stanno lavorando nel campo.

Non hanno paura di parlare, né di essere registrati e fotografati, a patto che prometta di non farne i nomi.

Al vecchio manca la metà dei denti e pende da una parte, ma pensa e parla in modo chiaro:

Grazie a Evo per tutto. Ecco la sua opera, parla da sé: quella strada, le infrastrutture. Persino questa piccola casa, se l’abbiamo, è grazie a lui.

Qui non vogliamo la cosiddetta presidente Añez. Ci inganna e ci mente. Noi stiamo con il MAS: tutti noi quassù lo sosteniamo convinti. Appoggiamo il nostro fratello Evo. Qui abbiamo sempre sofferto, ma è arrivato Evo con eccellenti progetti … ma ora cesseranno tutti i progressi.

La figlia ha forse 14 anni. È un prodotto del governo di Evo. Veste in modo curato, porta dei begli occhiali, parla in modo sciolto. Le sue parole sono ben formulate:

Quei leader golpisti non hanno pietà di noi. Ci hanno sparato, picchiato, gasato. Hanno violato le nostre donne. Ultimamente a La Paz le nostre madri e i nostri padri hanno sofferto in maniera tremenda. Gente è stata ferita, persone sono morte, l’esercito e i leader golpisti non hanno nessuna pietà. Non vogliamo essere più schiavi, come eravamo prima. Dopo il golpe il nuovo governo ha fatto affermazioni terribili sul nostro presidente, cose che non ci piacciono per niente. È una razzista. La verità è che anche lei è una razzista. Ci chiamano ‘indios’ e dicono cose su di noi che ci fanno infuriare. Ci discriminano in tutti i modi possibili.

“Ma non perdete la speranza?” le chiedo.

“No” sorride lei. “Sto con il MAS. E il MAS vincerà. Sconfiggeremo quelli che sono dietro al golpe”.

Ce ne andiamo verso la strada principale

“Ancora una sosta”, chiedo a Carlos.

Guidiamo a casaccio verso abitazioni in parte danneggiate.

“Cosa è successo?” chiedo.

I membri della famiglia si parlano addosso l’un l’altro:

A novembre, Camacho ha mandato qui diversi bus di suoi sostenitori, da Potosi. Sono arrivati e hanno iniziato a picchiarci, ad insultarci, ad ammazzarci gli animali ed a distruggerci le case. Ci hanno fatto inginocchiare a forza, legato le mani dietro la schiena. Ci hanno insultato con le peggiori parole. Ci hanno umiliato. Hanno detto che è finita, che adesso sappiamo di nuovo qual è il nostro posto.

Chiedo a Carlos se ha sentito queste storie prima. Mi risponde, senza nemmeno pensare: “Certo. Puoi chiedere a chiunque quassù, e ti confermeranno quello che hai appena sentito”.

Prima di scendere a La Paz, ad El Alto, ho chiesto a Carlos di fermarsi in molti posti dove in novembre sono morte decine di persone mentre stavano bloccando la capitale come protesta contro il colpo di Stato e contro la costrizione all’esilio imposta ad Evo Morales

I fori di proiettile che hanno danneggiato i muri erano ancora visibili, ed erano stati evidenziati in modo chiaro. C’erano fiori laddove le persone erano cadute. Presto, speriamo molto presto, vi saranno anche monumenti.

I graffiti ovunque ad El Alto dicevano forte e chiaro:

“Añez, – golpista! Ti faremo fuori”, “Añez – dittatrice!” ed “Añez – assassina!”

I buchi delle pallottole sono cerchiati di fronte ad una donna indigena e a sua figlia mentre aspettano di attraversare la strada a El Alto (Foto: Andre Vltchek, 2019©)

La malvista marionetta sostenuta dagli Stati Uniti: graffitti anti Añez si possono vedere dappertutto (Foto: Andre Vltchek, 2019©)

Fruttivendoli a La Paz (Foto: Andre Vltchek, 2019©)

Solo sei mesi fa, ho potuto assistere a grandi feste ad El Alto. Ho filmato processioni piene di colore, persone danzanti, fuochi d’artificio. Ho avuto l’occasione di ammirare i nuovi spazi pubblici, le modernissime funivie, le piscine così come i parchi giochi costruiti per i bambini.

La città sembrava come un cimitero. Era inquietante, silenziosa, cupa.

L’enorme Monte Illimani, il simbolo dell’antico territorio, era ricoperto dalla neve. Era bello anche adesso, ma è sempre mozzafiato, nei bei momenti così come durante i disastri. La Paz, poggiata dentro una enorme caldera vulcanica, era chiaramente visibile da sopra.

Il sacro Monte Illimani osserva, e aspetta (Foto: Andre Vltchek, 2019©)

“Gli Yankees stanno arrivando”, ha detto Carlos. “Sai, la Añez ha reinsaldato pieni legami diplomatici con Washington. E le loro spie ed agenti stanno invadendo l’ambasciata. Tutti in abiti civili ovviamente…”

“E con le spalle coperte dai militari boliviani traditori”. Ho sarcasticamente aggiunto.

Carlos non ha detto nulla per un po’di tempo. Poi ha deciso di parlare:

Quando ero giovane, fui anch’io nei militari. Sai a Cochabamba durante la crisi dell’acqua, quando la ribellione voleva ottenere l’acqua liberamente. Non te l’ho mai detto. Quelli erano tempi pesanti. Le persone si ribellarono e alcune morirono. La nostra unità era composta prevalentemente da soldati di origine indigena. Gli ufficiali invece erano bianchi, o perlomeno la maggioranza lo era. A un certo punto facemmo loro sapere che non avremmo mai sparato ai nostri fratelli o sorelle. Se la fecero nei pantaloni: capitani, colonnelli; avresti dovuto vederli: stavano correndo a vuoto, dalle caserme e fuori, senza simboli dei loro ranghi di appartenenza. Sai, se a un certo punto fossero stati spinti a ordinarci di uccidere al nostra gente, avremmo rifiutato, ed avremmo invece ucciso loro.

“Erano stati addestrati in Occidente ?” ho chiesto.

“Molti sì”

“E adesso Carlos, che si farà adesso?”

Ha iniziato a parlare a bassa voce, sebbene non sembrava esserci nessuno intorno:

Ho due parenti nell’esercito. Ho parlato con uno di loro, qualche giorno fa. È la stessa situazione di quando stavo servendo l’esercito a Cochabamba. I ranghi più alti sono con gli Yanquis ma le truppe, la maggior parte di esse, sono con il MAS, loro sono con Evo. Vedi, se ci sarà un ammutinamento, e probabilmente molto presto ce ne sarà uno, allora Añez, Camacho e i loro amici gringo saranno tutti molto presto fottuti.

La polizia è dispiegata dappertutto, ma ancora molto riluttante (Foto: Andre Vltchek, 2019©)

Sono andato all’hotel di lusso Suites Camino Real, a La Paz, per il pranzo. Dovevo vedere loro, “l’altra parte”. Quelli che importano squisita carne di manzo dalla provincia di Santa Cruz, quelli che la consumano qui, quelli che ora festeggiano.

E infatti stavano festeggiando.

Si stavano tenendo molte feste, contemporaneamente. Le persone stavano saltando qua e là, abbracciandosi tra loro, urlando come matti. Tutti bianchi, tutti “alti e belli”, tutti biondi, ossigenati o reali. Il vino scorreva a fiumi.

Molti dei camerieri erano indigeni, vestiti in abiti occidentali, sommessi e insicuri.

Ho incontrato un ex economista di alto livello durante il governo di Evo, Ernesto Yañez, che ad un certo punto ha anche ricoperto il ruolo di vice presidente della banca centrale di Bolivia. Era fuori pericolo incontrarsi qui. Trovammo un angolo tranquillo dove si potesse parlare:

Posso definire in maniera chiara cosa è successo qui, un golpe. Non c’è stata alcuna frode elettorale.

Senza dubbio, gli anni di Evo al potere sono stati caratterizzati da grande stabilità economica. Specialmente all’inizio, perlopiù non c’erano problemi economici. La povertà era scesa dal 55% a sotto il 30% . La qualità della vita è incrementata enormemente.

“Nella Bolivia relativamente povera, i tassi di povertà sono comunque più bassi rispetto al più ricco paese della regione, cioè l’Argentina, dopo il dominio del presidente neo-liberale Macri.”. Non posso fare a meno di menzionare questo dato.

“Sì, ma dopo il colpo di Stato, l’economia qui è collassata”, ha detto Ernesto.

Ernesto Yañez, ex economista nel governo di Morales (Foto: Andre Vltchek, 2019©)

Sei mesi fa, ero qui e c’erano violente proteste dei medici in tutta la Bolivia. Molti di loro avevano potuto studiare gratuitamente, grazie allo Stato, ma dopo di ciò richiedevano un sistema sanitario neo-liberale, nel quale medici e infermieri potessero guadagnare alti salari non realistici. Molti medici cubani sono stati dispiegati dal governo, in tutto il paese, allo scopo di potenziare il sistema sanitario.

Ernesto Yañez ha inoltre chiarito:

Durante il governo di Evo, milioni di persone si stavano spostando dalle classi più basse a quelle medie. Molti di essi erano giovani. Questo significa che, prima del colpo di Stato e dopo 14 anni di governo del MAS, molti giovani della classe media non avevano idea di cosa volesse dire vivere in miseria. Hanno preso tutti i risultati raggiunti da Evo e dal MAS come una cosa scontata. In seguito, quando sono arrivate determinate avversità, inclusa la recessione del 2014, le hanno vissute come il fallimento del governo di Evo.

Sai, per esempio i medici che hai menzionato prima, hanno pensato che se avessero fatto cadere il governo del MAS, tutte le loro richieste sarebbero state immediatamente accolte dal governo di destra. Non è mai accaduto. Ora non hanno idea di che cosa fare.

“La stessa cosa come in Santa Cruz” ho concordato con lui. “I prezzi di carburante e beni di prima necessità stanno salendo. Ora gli attivisti di destra realizzeranno cosa comporta vedere i loro sogni diventare realtà, – un regime neoliberale. Stanno venendo annientati, gettati nella disperazione.”

Ernesto Yañez conclude:

Sai, Evo ha reso ricchi anche molti uomini d’affari boliviani. Il paese e la sua economia per anni sono stati molto stabili. Prima che giungesse al potere, i principali attori economici erano nordamericani, europei e cileni. Durante il suo mandato, è stata data la priorità alle compagnie boliviane. Le élite boliviane sono sempre state razziste, per loro Evo era “un Indio mas” (solo un altro indio). Ma hanno nascosto i loro sentimenti per bene. Questo perché Evo faceva le cose per bene. Ha cambiato questo paese in meglio, praticamente per tutti.

Ma ora, le cose sono andate di male in peggio. Il nuovo presidente arriva con la bibbia e la croce, brucia Wiphala , e la gente muore. Ora gli indigeni rivogliono Evo indietro.

E non solo la gente indigena, nonostante quasi tutti gli indigeni che ho incontrato questa volta in Bolivia lo vogliano.

Stato d’emergenza: l’esercito controlla ancora le strade di La Paz (Foto: Andre Vltchek, 2019©)

Ho fatto una passeggiata fino a Plaza Murillo a La Paz, dove si trovano il Palazzo Presidenziale e il Congresso Nazionale.

La polizia e l’esercito erano ovunque. Durante il governo di Evo, questo era un luogo tranquillo, aperto, pieno di alberi verdi, bambini e piccioni.

Davanti al Congresso Nazionale, alcune signore vestite in meravigliosi abiti indigeni, si riunivano parlando tra loro. Erano deputate del MAS.

Ho estratto la telecamera e mi sono avvicinato a loro. Immediatamente, quelli della sicurezza in borghese hanno iniziato ad avvicinarsi a me, ma le due signore hanno fatto gesti di protezione con le loro braccia, mi hanno sorriso, e respinto gli addetti alla sicurezza: “Lasciatelo in pace, è con noi”.

Sapevo di non avere tempo, e ho chiesto solo una cosa: “Resistiamo, compagne?”

Non hanno esitato:

Noi resistiamo. Loro non ci sconfiggeranno. Il legittimo governo della Bolivia è quello del MAS.

Parlamentari donne del MAS a La Paz (Foto: Andre Vltchek, 2019©)

E quindi, questo è quello che riporto dalla Plurinazionale Repubblica di Bolivia:

Il paese è sotto attacco da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati. È stato ferito dai suoi dirigenti, sia militari che civili. È stato versato sangue. Il Presidente legittimo e il Vicepresidente sono in esilio. Secondo la Reuters, “Il ministro boliviano cerca l’aiuto di Israele per combattere il presunto ‘terrorismo’ di sinistra” [in inglese]. Cioè, il legittimo governo.

Ma il paese regge. La gente non è in ginocchio. Prima ci sarà un voto, ma se ci saranno trucchi da parte degli USA o della Organizzazione degli Stati Americani (OSA), ci sarà battaglia.

Evo Morales e il MAS hanno vinto le recenti elezioni. Non c’è davvero modo che il MAS non vinca nuovamente. Parlo con la gente e ora, anche più di prima, stanno stringendo i ranghi attorno al Movimento verso il Socialismo che ha reso la Bolivia una delle più grandi nazioni dell’Emisfero Occidentale.

La popolazione indigena della Bolivia e del resto del Sudamerica non è fatta di mendicanti o schiavi. Ben prima dell’arrivo di quei brutali fondamentalisti religiosi e saccheggiatori malcresciuti – i Conquistadores spagnoli – erano i proprietari di questa terra meravigliosa. La loro civilizzazione era molto più grande di quella dei loro tormentatori.

Il governo di Evo ha fatto ben più che migliorare la situazione sociale nel suo paese. Ha iniziato a invertire 500 anni di crudele ingiustizia in questo continente. Ha dato il potere a quelli senza potere. Ha ridato l’orgoglio a chi si è visto derubato di tutto.

Washington mostra chiaramente per chi parteggia. Nonostante la sua ipocrita “correttezza politica”, è dalla parte del razzismo, del colonialismo e dell’oppressione fascista. Invece di difendere la libertà, opprime la libertà. Invece di promuovere la democrazia (che è “il governo del popolo”), stupra la democrazia: qui in Bolivia e altrove.

Fino a che la Bolivia non sarà nuovamente libera, tutto il mondo che ama la libertà dovrebbe sventolare la Wiphala.

La bandiera  Wiphala si può ancora vedere sventolare su alcuni edifici. (Foto: Andre Vltchek, 2019©)

Dall’altopiano, gli anziani  hanno mandato un messaggio chiaro al mondo. Ci saranno le elezioni, ma se il popolo venisse derubato del proprio governo, ci sarà una sollevazione e una battaglia epica.

Tristemente, se ci sarà una battaglia, alcuni si congiungeranno con la Terra. Ma la Terra non starà ferma, si congiungerà con il suo Popolo.

La Añez con i suoi simboli coloniali, viene già maledetta dalla maggior parte dei boliviani, così come Camacho e vari altri traditori. Ma forse, dopotutto, tecnicamente non sono “traditori”. La loro fedeltà è verso  quelle nazioni che hanno attaccato e saccheggiato questa parte del mondo, per vari e lunghi secoli.

Dopo 500 anni in cui è stata tormentata e umiliata, la Madre Terra, Pachamama, sta abbracciando i propri figli. Evo e il MAS li hanno riuniti insieme. Questo è un momento fondamentale nella storia. La gente qui lo capisce, gli europei, l’élite razzista, lo capiscono. Washington ne è ben conscia.

Proprio ora, c’è un momento di silenzio; un momento breve.

Se i leader fascisti del colpo di Stato non arretrano, ci sarà un grande tuono, e le genti dell’altopiano si solleveranno. Con la Wiphala in mano, sostenute della loro antica e sacra Terra.

*****

Articolo di Andre Vltchek pubblicato su 21st Century Wire il 9 dicembre 2019
Traduzione in italiano di Pappagone, DS, Michele Passarelli, Eros Zagaglia per SakerItalia

[le note in questo formato sono dei traduttori]

http://sakeritalia.it/america-latina/esclusivo-gli-indigeni-della-bolivia-sono-pronti-a-scendere-in-guerra-contro-il-fascismo/

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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