Oltre 1.500 persone hanno manifestato sabato scorso nella cittadina toscana, portando solidarietà a operai e studentesse multati e chiedendo l’abrogazione integrale delle leggi sicurezza volute dall’ex ministro dell’Interno. Balbettano sindacati confederali e sardine

«Sciopero oggi, sciopero domani!». E ancora «Sciopero! Sciopero! Sciopero!».  Sono due degli slogan risuonati per ore lungo per le vie dello shopping di Prato, invase, nonostante i divieti imposti dalla questura, dalle più di mille e cinquecento persone che hanno partecipato alla “Marcia per la libertà” chiamata dal SiCobas sabato 18 gennaio. Il corteo ha chiesto il ritiro immediato delle multe che diciannove operai e due studentesse si son visti recapitare tra novembre e dicembre.

Si tratta della prima applicazione di una delle norme contenute nei decreti sicurezza dell’ex ministro dell’interno Salvini che interviene in merito a manifestazioni non autorizzate e pratiche di lotta conflittuali. Il decreto sicurezza bis, che introduce il reato di blocco stradale, è stato applicato a seguito di una manifestazione chiamata il 16 ottobre scorso dopo sette mesi di mancato stipendio e prevede sanzioni che vanno dai 1.000 ai 4.000 euro a persona. Sono cifre esorbitanti, specialmente se misurate su stipendi che comunque non superano i 1.000 euro al mese.

Prato è tra i distretti industriali più rilevanti d’Italia. È il cuore pulsante dell’industria tessile con un export annuo dal valore di due miliardi di euro e la presenza di marche come Gucci, Prada o Ferragamo. Ma Prato è anche una delle capitali dello sfruttamento lavorativo, complice il basso livello di specializzazione richiesto dal settore tessile e la presenza di una vasta comunità straniera in condizioni di irregolarità o precarietà giuridica.

Condizione che permette il perpetuarsi di situazioni quali capannoni dormitorio (dove nel 2013 morirono sette operai ma furono poi assolti i proprietari dell’immobile), lavoro nero, turni di 12 ore al giorno sottopagati o semplicemente non retribuiti e totale mancanza di sicurezza sul posto di lavoro. E se fino al 2012 il quadro descritto coinvolgeva prevalentemente la comunità cinese (circa il 10% dei residenti di Prato), l’inasprirsi della legislatura sull’immigrazione, cui competono in maniera rilevante le leggi sicurezza, ha aggravato notevolmente la situazione allargando a dismisura la platea degli sfruttabili

In questo scenario si inserisce la vicenda dei lavoratori della tintoria Superlativa, ditta dove diverse volte l’ispettorato aveva registrato lo sfruttamento del lavoro nero. L’ultima questo luglio, in un controllo a seguito del quale l’azienda aveva promesso la regolarizzazione ma a cui è di fatto seguito solo il mancato recepimento degli stipendi e degli arretrati. Ed è così che a inizio ottobre viene dichiarato lo sciopero a oltranza, cui l’azienda risponde impiegando altri lavoratori senza contratto. Il 16 ottobre durante un picchetto, partecipato da lavoratori del distretto industriale pratese e studenti e studentesse solidali, un imprenditore investe con la sua auto la sindacalista SiCobas Sarah Caudiero, vittima di un grave infortunio al piede e alla caviglia.

È in questa occasione che il picchetto si tramuta nel corteo non autorizzato per cui son arrivate le multe. Il tutto in un contesto in cui la repressione di chi lotta in sostegno dei lavoratori (vedi l’apertura di un fascicolo a carico di Luca Toscano per via della propria attività sindacale) e le violenze dirette dei padroncini (come lo scorso giugno, quando i lavoratori della Gruccia Creation – industria che produce grucce di plastica nel pratese – sono stati picchiati da sicari ingaggiati dai padroni cinesi) sono all’ordine del giorno.

Il corteo del 18 gennaio si è mosso sul solco della determinazione a non arretrare tracciato da quelle giornate di mobilitazione. Hanno partecipato in prevalenza lavoratori del SiCobas ma anche studenti e studentesse, associazioni del territorio, consiglieri comunali e pezzi di Pd e Cgil con cartelli e striscioni di critica alle prese di distanza delle rispettive segreterie. Dal resto d’Italia sono arrivati 12 pullman. La questura aveva autorizzato 600 metri di corteo. Letteralmente 600 metri. Ma arrivati, in poco più di quindici minuti, alla piazza che ne sarebbe dovuta esser la fine, i manifestanti hanno devito sull’unica via laterale non bloccata dall’assurdo dispiegamento di forze dell’ordine. Correndo e urlando «Prato Libera» hanno invaso le strade del centro, con le macchine abbandonate agli incroci per via del traffico completamente bloccato. 

La testa è arrivata velocemente alla piazza del comune dove poco dopo è stata raggiunta dal resto del corteo che nel mentre era stato bloccato dalla celere. Blocco nel quale sono state identificate 10 persone tra cui gli organizzatori e l’autista del camioncino di testa che non aveva potuto proseguire per le vie del centro. «Loro dicono di essere contro le barbarie. Sono loro le barbarie! – ha detto un operaio nella piazza riconquistata – Non hanno permesso agli operai di scioperare, ci volevano impedire di manifestare, sappiamo chi sono i barbari!». E l’entusiasmo della giornata non è spezzato neanche dalle cariche d’alleggerimento con cui una celere irascibile e infastidita dallo “scherzo” ha subito provato a sgomberare la piazza del comune che festeggiava con fuochi d’artificio.

La giornata di sabato è emblematica dell’aria che si respira di questi tempi. Da un lato larga parte dei sindacati confederali, ma anche di movimenti quali le sardine, impegnata a ribadire che «non farà barricate» e preoccupata di dover rimarcare la distanza da marce come questa, con il neo segretario generale della Cgil di Prato che dichiara di non ritrovarsi nelle politiche degli organizzatori che «postulano il conflitto sociale come fine». Dichiarazioni probabilmente figlie del terrore cieco di chi teme una “giallizzazione” dello sciopero [a indicare la radicalizzazione della pratica di lotta imposta in Francia dal movimento dei gilet jauns, ndr]. 

Dall’altro il moltiplicarsi di manifestazioni di solidarietà attiva, che parlano di rete di lotte e di fronti comuni. Come nei post sulla pagina dei lavoratori autorganizzati Gkn, industria del secondario che produce pezzi per la Fiat e i cui lavoratori sono a rischio esternalizzazione. «Non lo facciamo per semplice, e peraltro doverosa, solidarietà – scrivono i lavoratori sulla loro pagina Facebook –  Quanto accaduto agli operai del Si Cobas della Superlativa rappresenta un attacco a tutto il movimento sindacale e dei lavoratori. È un gravissimo precedente che non possiamo lasciar passare. Ciò che oggi accade alla Superlativa, domani verrà potenzialmente replicato contro ogni azienda in lotta». 

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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