Colossi aziendali come Amazon si stanno mobilitando per diventare leader della sostenibilità ambientale. Ma il capitalismo è un sistema intrinsecamente sporco e insostenibile.


Un nuovo movimento ambientalista sta guadagnando terreno. Ma questa volta non è nelle strade e non è neanche guidato da un’adolescente svedese. Questa volta sono le più grandi compagnie d’impresa ad affrontare la crisi climatica. O perlomeno questo è quello che ci viene detto.

Lo scorso autunno, le più imponenti società di vendita al dettaglio hanno annunciato un nuovo, così chiamato, impegno climatico per contrastare le emissioni di gas serra e raggiungere “sostenibilità” nelle loro operazioni. Amazon ha dichiarato che le loro spedizioni entro il 2030 dovrebbero raggiungere lo zero netto di emissioni, mentre le sue operazioni affaristiche sempre entro lo stesso anno dovrebbero utilizzare al 100% energia rinnovabile. E queste promesse non sono altro che l’ultimo tentativo da parte di una grande azienda di autoproclamarsi leader nelle responsabilità ambientaliste.

È stata pura sfortuna per l’azienda quindi che, solo un giorno prima dell’annuncio, oltre 1.000 dipendenti Amazon hanno scioperato per protestare contro gli orrendi disastri ambientali della compagnia. Secondo una dichiarazione rilasciata dai lavoratori:

Amazon contribuisce direttamente al cambiamento climatico attraverso l’uso intensivo di combustibili fossili in tutte le nostre attività e inquina la comunità con la nostra infrastruttura di combustibili fossili; noi abbiamo soluzioni personalizzate per aiutare le compagnie petrolifere e del gas ad accelerare l’estrazione e l’esplorazione di nuovi giacimenti; stiamo finanziando gli esperti climatici negando pensieri scientifici e nel 2018 abbiamo finanziato 68 membri del Congresso che hanno sempre votato contro i provvedimenti sul clima.

Queste proteste sembrano aver colpito un nervo scoperto tra i dirigenti di Amazon. La scorsa settimana, è stato riferito che la compagnia ha minacciato di licenziare i dipendenti che han riferito le pratiche ambientaliste della compagnia. Tuttavia, ciò non è bastato per mettere a tacere i lavoratori. “È nostra responsabilità morale parlare aldilà di qualsiasi tentativo da parte di Amazon di metterci a tacere” dice Maren Costa, una dei due dipendenti che han ricevuto una lettera ufficiale di avvertimento da parte degli avvocati della compagnia. “Soprattutto ora che siamo di fronte ad un’inaudita minaccia climatica”, aggiunge.

I dipendenti di Amazon hanno ragione a richiamare l’attenzione sul contributo che Amazon ha dato al fenomeno del riscaldamento globale. Ogni anno, aerei e camion che trasportano i prodotti Amazon emettono, secondo le stime dell’azienda, 19 milioni di tonnellate di carbone nell’atmosfera, circa quanto ne emette annualmente un’intera nazione dell’America Centrale. Quando si tiene conto delle emissioni per via della produzione e di operazioni varie, l’impronta totale di carbonio rilasciato da Amazon arriva a ben 44 milioni di tonnellate, posizionando la compagnia vicino al primo posto nella classifica delle aziende USA e sorpassando rivali come Apple, Target e la compagnia madre di Google, Alphabet. Solo alcune compagnie, come Walmart e i colossi dell’estrazione di combustibili fossili, emettono ancora più gas serra. Quando si parla riguardo all’uso di combustibili fossili, Amazon è una delle più sporche compagnie sul pianeta.

Tuttavia, questo non è nemmeno la metà di ciò che c’è da sapere sull’impatto che Amazon produce nell’ambiente. Ogni anno, le operazioni e i prodotti della compagnia producono milioni di tonnellate di rifiuti, in particolare plastica. Questa pratica è peggiorata nel 2019, quando la compagnia ha annunciato che avrebbe abbandonato gli imballaggi di cartone per optare verso quelli di plastica leggera. Questo cambio fu cinicamente presentato come un modo per ridurre l’impronta di carbonio in quanto gli imballaggi di plastica richiedono meno energia per produrre e spedire rispetto al cartone. Ma a differenza del cartone, gli imballaggi plastici è estremamente improbabile che vengano riciclati. Secondo le stime di EPA, solo il 9% degli scarti plastici vengono riciclati ogni anno. La maggior parte finisce negli inceneritori, nelle discariche e negli oceani. Ogni anno vengono prodotte circa 300 milioni di tonnellate di nuova plastica inquinante. E non c’è da meravigliarsi se dal 2050, secondo l’ONU, noi avremo più plastica che pesce negli oceani.

In anni recenti, Amazon ha assunto un ruolo importante anche nel mercato dell’elettronica e questo ha comportato un impatto ambientale ancora maggiore. Dispositivi intelligenti come Kindle di Amazon, Fire ed Echo fanno affidamento sull’estrazione di minerali rari, uno dei processi di estrazione più distruttivi. Secondo le stime, una sola tonnellata di minerali rari crea 2.000 tonnellate di rifiuti tossici che il più delle volte finiscono nelle falde acquifere. I minerali rari, i quali dovrebbero essere mescolati con componenti radioattivi nel terreno, sono stati collegati a molteplici disordini della salute, compreso il cancro ai polmoni e al pancreas. Circa l’85% di questi minerali vengono estratti in Cina. Secondo il Consiglio di Stato Cinese, l’estrazione di questi minerali ha gravemente danneggiato la vegetazione in superficie, ha causato l’erosione del suolo, lo ha inquinato, lo ha reso più acido e ha ridotto o addirittura eliminato il terreno dedito all’agricoltura.

Convertirsi al bio non è mai stato così redditizio

Amazon non è l’unica compagnia che prova a mostrarsi ecosostenibile. Lo scorso anno Google ha annunciato che avrebbe adottato una linea produttiva e operativa più “sostenibile”. Essa dice di aver già acquistato abbastanza energia eolica dai parchi di Lowa, Sud Dakota e Oklahoma per raggiungere lo zero netto di emissioni in tutte le sue strutture. Apple e Microsoft allo stesso modo hanno pianificato una transizione verso il 100% rinnovabile. Anche le compagnie di combustibili fossili hanno aderito all’iniziativa. Nell’ultimo decennio, compagnie come BP, Shell, e Chevron, i più grandi contributori del riscaldamento globale, hanno lanciato più campagne pubblicitarie per propagandare la loro produzione di biocombustibili o altre “alternative” di fonti energetiche, anche se queste non rappresentano che una piccola parte della loro produzione complessiva di energia.

Infatti, un boom nel cosiddetto business verde è in corso, e questo business sta attraendo miliardi di investitori. L’industria di auto elettriche Tesla è a tuttora la più quotata compagnia automobilistica negli Stati Uniti, e non perché venda il maggior numero di auto, non è neanche vicina al primo posto, ma perché essa mostra un’immagine di una compagnia automobilistica del futuro rispettosa dell’ambiente. Aziende come queste hanno saputo trarre vantaggio dall’interesse generale riguardo al riscaldamento globale mostrando i loro prodotti “ecosostenibili” o a “zero emissioni” e incrementando le vendite.

Ma il capitalismo è fondamentalmente incapace di agire nel migliore interesse della società o dell’ambiente. Il capitalismo verde è uno scherzo crudele. Non è semplicemente il fatto che Amazon e le più grandi imprese mondiali abbiano fatto occasionali passi falsi nelle loro pratiche ambientaliste; ma piuttosto è che queste compagnie possono agire solo negli interessi dell’accumulazione capitalistica, la quale necessita del saccheggio delle risorse della Terra. Questi colossi, non possono agire più “moralmente” o “responsabilmente” verso l’ambiente rispetto a quello che loro possono nel trattamento verso i loro dipendenti. Come i dipendenti sono una risorsa di plusvalore per il capitale, l’unica importanza della natura sta nella possibilità della sua conversione in merce attraverso il lavoro, o come discarica per i rifiuti prodotti dal sistema: rifiuti in plastica, rifiuti tossici, o gas serra.

Qua e là, piccole imprese potrebbero provare ad adottare pratiche più responsabili verso l’ambiente rispetto a quelle di Amazon e di altri monopoli. Ma queste società non hanno il capitale necessario per competere con le politiche di questi colossi. Grandi aziende, come le Big Four nell’industria tecnologica [Google, Amazon, Facebook, Apple, ndt], possono pur sempre produrre e vendere le loro merci a prezzi minori rispetto alle piccole attività. Così, queste ultime non possono fare abbastanza pressione sulle grandi per migliorare l’impatto ambientale sulle loro operazioni; la competizione crea una corsa verso il basso che riduce i salari, riduce i costi e si appropria selvaggiamente della natura ovunque sia possibile.

L’ambiente: ostacoli e opportunità per i socialisti

Sempre di più, i prodotti su cui facciamo affidamento vengono prodotti da una sola manciata di compagnie. Amazon si stima che controlli circa un terzo della vendita al dettaglio online, oltre al controllo sulle società subordinate come The Washington Post, Whole Foods, e Ring. Questa tendenza verso la monopolizzazione si può notare attraverso tutto lo spettro dell’economia. In industrie come quelle della produzione di smart phone, nell’hardware informatico, nella farmaceutica, due compagnie controllano oltre l’80% del mercato. Questa è un’enorme e deleteria conseguenza per il clima e l’ambiente. Le più grandi compagnie detengono un’enorme influenza sul governo e possono, in alcuni casi, scrivere loro stesse le politiche ambientali, come nel caso degli stati del Kentucky e dell’Oregon [due stati USA, ndt] quando hanno approvato leggi che esentano le società dalla responsabilità legale per l’aria inquinata che emettono. Chi fu l’autore di questa normativa? ALEC, una delle più potenti lobby che rappresentava le più grandi aziende del paese. Questi monopoli o duopoli avvertono anche una pressione molto minore dai consumatori, che hanno poca scelta dove comprare le loro merci e servizi.

Ci sono, tuttavia, opportunità offerte da questo modello monopolistico. Le mega corporazioni mostrano che pianificare su vasta scala è infatti possibile. Prendiamo Amazon, per esempio: ha sviluppato tecnologie per la spedizione di oltre 1 miliardo di prodotti solo negli Stati Uniti ogni anno. Utilizza sistemi informatici avanzati, robotica e automazione per ridurre al minimo il tempo di lavoro necessario per ordinare, imballare e spedire i suoi prodotti. Però la sua pianificazione non è diretta verso il bene della società nel suo insieme, piuttosto verso i profitti a breve termine dell’azienda. La proprietà statale di questi monopoli fornirebbe un enorme vantaggio alla società, riducendo notevolmente il tempo di lavoro necessario a livello di sistema, fornendo al contempo servizi a beneficio di tutta la società.

Ma ciò non significa che adotteremo le pratiche più sporche di queste compagnie, come l’uso di compagnie aeree per spedire di notte prodotti inessenziali in tutto il paese, o l’uso di imballaggi di plastica. Le aziende statali, gestite dagli stessi lavoratori, darebbero invece la priorità al benessere dei lavoratori e dei consumatori e alla sostenibilità ambientale. Invece di produrre beni di lusso, le sue risorse potrebbero essere impiegate nella costruzione di infrastrutture di energia rinnovabile per il paese.

Una cosa è chiara nell’era dei monopoli: l’attivismo dei consumatori è un vicolo cieco. Dobbiamo rinunciare all’idea di poter “votare con i nostri portafogli” per realizzare una società ecologicamente sostenibile. Una scelta tra una sporca mega corporation o un’altra non è affatto una scelta. Inoltre, l’idea che le società possano essere persuase ad adottare una produzione rispettosa dell’ambiente fraintende fondamentalmentela natura del sistema capitalista.

Solo un sistema pianificato e razionale offre all’umanità la possibilità di evitare i peggiori scenari climatici. Il capitalismo è fondamentalmente incapace di pianificare a livello di sistema. Marx ha sottolineato che mentre il capitalista insiste sui più severi controlli e sull’eliminazione di ogni inefficienza all’interno della propria fabbrica, “quella stessa mente borghese denuncia con uguale vigore ogni tentativo consapevole di controllare e regolare socialmente il processo di produzione”. Ecco perché solo una società socialista presenta questa possibilità. Non possiamo contare sul capitalismo verde per offrire una via d’uscita dalla nostra urgente crisi ecologica e climatica.

Robert Belano

Traduzione da Left Voice

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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