Manifestazione in Mali contro la Francia

Francesco Cecchini

Una barkhane è una duna a forma di un croissant allungato nella direzione del vento ed il nome di un’operazione militare francese. Nell’agosto del 2013  l’operazione Serval è nel Sahel è stata sostituita dall’operazione Barkhane.

Le forze militari francesi , impegnate in questa operazione,  entro la fine di febbraio, aumenteranno da 4.500 a 5.100 soldati. Un comunicato stampa del 2 febbraio della Ministra delle Forze Armate Florence Parly ha affermato: “La maggior parte dei rinforzi sarà dispiegata nell’area conosciuta come i tre confini, Mali, Burkina Faso, Niger .Un’altra parte di questi rinforzi sarà direttamente coinvolto nelle forze armate del Sahel del G5 per accompagnarle in combattimento. ” I 600 soldati aggiuntivi, principalmente di terra, saranno accompagnati da un centinaio di veicoli corazzati pesanti, corazzati leggeri e logistici. Il presidente Emmanuel Macron,  aveva già annunciato a gennaio un rafforzamento di 220 soldati, in un vertice a Pau, sud-ovest della Francia con i paesi del G5 Sahel,Niger, Mali, Burkina, Ciad, Mauritania, l’aumento, quindi, di truppe aggiuntive assegnate a Barkhane. Paesi europei collaborano con la Francia nell’operazione Barjan, ma si tratta di supporto logistico, trasporto e addestramento militare, senza partecipare ai combattimenti; meno l’Inghilterra, che invece collabora attivamente.

Como antica potenza coloniale la Francia ha l’ambizione di mantenere la sua influenza in Africa. Una delle ragioni che giustifica l’intervento afircano  della Francia è quella di tener lontano dalle proprie frontiere il terrorismo islamico. Giustificazione debole, in quanto gli attentati in Francia sono compiuti da persone nate in questo paese, che conoscono la lingua, l’ambiente fisico e sociale e non da terroristi importati. E’ vero il terrorismo islamico esiste, basti pensare al recente raid compiuto dalle milizie jihadiste a Lamdamol, un villaggio situato nel nord del Burkina Faso, che ha causato 18 vittime. Da notare però  che la stessa Francia ha perso 13 soldati a novembre 2019, in un incidente tra due elicotteri in combattimento e non per un attacco del terrorismo islamico.

 Le ragioni reali sono, però, innanzitutto economiche e sono varie. Basti pensare al controllo dell’uranio e il Niger è il secondo produttore mondiale. La Francia , che non può permettersi quindi d’allentare il controllo sui Paesi del Sahel, strumentalizza capi di stato, nazioni  per l’ uranio, il petrolio ed altre ricchezze. I Popoli in tutto questo contano zero. Guerre, massacri, carestie e stupri, ed ogni altro tipo di violenza vengono giocati sulla pelle delle popolazioni. E’ l’antico, ma sempre attuale gioco dell’imperialismo.

Nei paesi del Sahel sta crescendo un movimento di opposizione alla presenza francese.In pochi mesi, un’ondata di risentimento anti-francese- si è diffuso nel Sahel. Ciò è particolarmente vero in Mali e Burkina Faso, dove decine di soldati e civili vengono uccisi ogni mese e dove intere regioni ora sfuggono all’autorità statale. Questi risentimenti contro l’ex potenza coloniale non sono certamente nuovi. E sono ancora lontani dalla violenza di cui i cittadini francesi sono stati vittime in Costa d’Avorio nel 2004. Ma il fenomeno, sebbene per il momento contenuto, non sfugge più a nessuno.

Lo scorso15 novembre a Place de l’Independance, a Bamako questi sono stati gli slogan gridati: “Abbasso la Francia!” “,” Barkhane, vattene ! “,” Ferma il genocidio francese in Mali! “…  Organizzata ufficialmente per sostenere le forze armate maliane (Fama) attaccate da tutte le parti del nord e del centro del paese, la manifestazione di alcune migliaia di persone, come quella della settimana precedente, si è trasformata in una manifestazione anti-francese.

Mappa della presenza militare della Francia in Africa Anche in Italia, i movimenti per la pace e NO NATO dovrebbero opporsi alla presenza della Francia in Africa

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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