Prosegue la corsa delle primarie democratiche negli Stati Uniti, le consultazioni che dovranno dar modo al partito di centro sinistra americano di segnalare quale suo membro, a novembre, sfiderà Donald Trump per le presidenziali.
Il rischio di essere sottovalutato
Tale rischio è quello che corrono i caucus in Nevada, in programma per oggi, sabato 22 febbraio. L’attenzione degli elettori e dei candidati, infatti, rischia di essere già tutta alla sfida del 3 marzo, al cosiddetto Super Tuesday, quando si correrà contemporaneamente in 15 Stati per l’assegnazione di una fetta importantissima di delegati, ben 1344 in un solo giorno. Prima di quell’appuntamento avremo anche le primarie in South Carolina, le quali assegnano 54 delegati in totale. Assieme ai 36 in palio quest’oggi in Nevada, siamo a 90 delegati da spartire prima del martedì di fuoco. Naturalmente, però, questo numero è una piccola frazione di quello per cui si lotterà il 3 di marzo, per tal motivo un peso massimo della politica dem come Mike Bloomberg ha deciso di non affannarsi neppure prima del Super Tuesday e, per il momento, si limita ad osservare e a venire attaccato da tutti durante i dibattiti televisivi che incorniciano gli appuntamenti elettorali.
Tentiamo comunque di dimenticare il Super Tuesday e concentrarsi, per il momento, solo ed esclusivamente sul Nevada. Come detto, i candidati si sfideranno nello Stato della favolosa Las Vegas per aggiudicarsi la maggior porzione possibile dei 36 candidati in palio. A Carson, città che, come spesso accade negli USA, è la capitale dello Stato desertico pur non essendo la principale città del distretto, i risultati dovrebbero esser resi noti durante la domenica italiana, quando ci auguriamo di riuscire a scrivere un articolo di aggiornamento, auspicando che questa volta non si ripetano i problemi visti in Iowa; ove il conteggio dei risultati del caucus tardò di ben 2 giorni. In realtà, permangono ancora dei dubbi sull’attendibilità di quel conteggio ma, di nuovo, pensiamo al Nevada.
Candidati e favoriti
A Vegas c’è una cosa che sanno fare molto bene: i sondaggi. Nella città del gioco d’azzardo, nel tempio degli scommettitori, nel Nirvana dei bookmakers, tutto è sondaggio, tutto è poll, tutto è classifica di gradimento. Non puoi entrare al casinò senza sapere come puntare, dopotutto.
Com’era prevedibile, non si sono certo fatti attendere, nei giorni precedenti, i sondaggi sui candidati democratici alla vittoria dei caucus. Il prospetto da battere, secondo praticamente ogni sondaggista, sarebbe l’attuale frontrunner, il senatore del Vermont, Bernie Sanders. Egli ha espropriato Joe Biden del titolo di favorito, riportando due risultati convincenti durante le prime due tornate, a fronte di due flop consistenti dell’ex vice di Barack Obama. Sanders e Biden sono lontanissimi per formazione e orientamento, con il primo che è socialista nel midollo, il quale non nasconde certo le sue posizioni ed i suoi valori assolutamente di sinistra, mentre Biden, come sappiamo, è l’esatto ritratto del democratico statunitense, a sinistra ma non troppo, progressista fino a un certo punto e non spaventato dalla trattativa con i repubblicani. Eppure i sondaggi li mettono abbastanza vicini; se Sanders è ovunque in testa, Biden è spesso il secondo favorito.
Attualmente è dato come terzo la sorpresa di questi primi fuochi delle primarie: l’ex sindaco di South Bend, il giovane Pete Buttigieg. A soli 38 anni il candidato moderato è forte di un ampio sostegno, piuttosto inaspettato all’alba di queste primarie. Le stime di RCP, che hanno paragonato 4 diversi sondaggi, lo posizionano vicino a Biden ma leggermente attardato nei suoi confronti.
Elizabeth Warren, Tom Steyer e Amy Klobuchar, si contenderebbero la quarta posizione, con una tendenza che favorirebbe la senatrice del Massachusetts, meno radicale di Sanders ma attestata sulle sue stesse posizioni e parte anch’essa del partito socialista americano. Sorprende un pò la posizione di Steyer, finora sempre in ritardo su Klobuchar e Warren, ma che in Nevada potrebbe superarle, stando alle rilevazioni.
L’hawaiana Tulsi Gabbard, neppure contemplata da alcuni sondaggi, è molto attardata rispetto ai suoi sfidanti e il Nevada potrebbe essere uno degli ultimi Stati nel quale si presenta, non ha più molto senso investire e spendere fondi per una nomination che sta, evidentemente, sfuggendole via. Nei prossimi 15 giorni, il pool di candidati potrebbe sfoltirsi, soprattutto dopo i risultati del 3 marzo.
Ai posti di partenza
Come stiamo facendo dall’inizio di queste primarie, seguiremo e riporteremo su queste righe anche i risultati del caucus in Nevada. Gli occhi di molti sono puntati su questo appuntamento politico poiché le tendenze americane non riguardano solo gli USA, bensì influenzano tutto il pianeta. Se uno qualsiasi di questi candidati citati riuscisse a sgambettare Trump in autunno, sarebbe un segnale importantissimo anche per l’Europa, in un momento come l’attuale nel quale le destre, spesso e volentieri quelle più grette ed estreme, sembrano avere praticamente ovunque l’appoggio degli elettori.