Antonio Rei
Nel medio periodo, è praticamente certo che il coronavirus farà molte meno vittime delle altre infezioni virali, che colpiscono platee decisamente più vaste. Tuttavia, le ricadute economiche del Covid-19 saranno senza dubbio più drammatiche. Al momento, com’è ovvio, non esistono ancora previsioni ufficiali o stime precise sull’impatto che l’epidemia potrebbe avere sul Pil italiano. Tuttavia, per avere un’idea della posta in gioco, vale la pena dare un’occhiata ad alcuni numeri.
I casi di coronavirus riscontrati in Italia si concentrano in Lombardia e Veneto, per distacco le due regioni più produttive del Paese: da sole, valgono quasi un terzo del prodotto interno lordo nazionale (il 31%), ovvero 550 miliardi di euro l’anno. Quanto alle esportazioni, addirittura il 40% di quelle made in Italy parte dalle città lombarde e venete.
Per un esempio ancora più concreto basti pensare che Codogno e Casalpusterlengo, due comuni della Lombardia finiti in quarantena, producono insieme 1,5 miliardi l’anno. Nel loro caso, il rischio è che ogni giorno d’interruzione delle attività produca un ammanco pari a circa quattro milioni di euro. E stiamo parlando solo di Codogno e Casalpusterlengo, perché se allarghiamo il perimetro fino a comprendere tutta la provincia di Lodi, i milioni a rischio ogni giorno salgono a quota 18.
Per evitare il peggio, il governo attiverà una serie di misure a vantaggio delle imprese finite in quarantena: da quelle più semplici, come la malattia garantita ai lavoratori che risiedono nelle aree del contagio e che quindi non possono andare a lavorare, fino a quelle finanziariamente più impegnative, come la cassa integrazione per le aziende obbligate a sospendere l’attività in via temporanea.
Basteranno questi interventi a limitare il contraccolpo su un’economia già ristagnante come quella italiana? È ancora presto per dirlo. Di sicuro, il tempo sarà un fattore decisivo: è fondamentale “tenere chiuse le aziende il meno possibile – sottolinea Assolombarda, l’associazione delle imprese che operano nelle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza – visto che i clienti, se non ricevono le forniture per troppi giorni, fanno veloci a rivolgersi altrove”.
Peraltro, fin qui abbiamo parlato solo degli effetti sulle dinamiche interne del nostro Pil, senza considerare i danni che il coronavirus sta già producendo sull’economia globalizzata. Ne è un esempio quanto accaduto alla settimana della moda di Milano, dove i compratori cinesi sono crollati dell’80% rispetto all’anno scorso. Il settore della moda produce da solo il 12% del Pil milanese e proprio in questo comparto i compratori cinesi (che spendono in media oltre duemila euro a testa) sono responsabili di oltre un quarto del fatturato.
In Veneto, invece, secondo Confturismo il Carnevale di Venezia ha generato 22 milioni di entrate in meno rispetto al 2019. E la ragione è sempre quella: il terrore creato dal coronavirus.
In ogni caso, finora le conseguenze dell’epidemia sul nostro Paese sono limitate. Tutta un’altra storia rispetto a quello che sta accadendo in Cina, dove nelle prime settimane di febbraio le vendite di auto sono cadute a picco addirittura del 92%. Poco meglio le transazioni immobiliari: -90%. E i problemi con le importazioni hanno già fatto schizzare al rialzo del 20% i prezzi del cibo.
https://www.altrenotizie.org/primo-piano/8801-coronavirus-e-il-peso-sul-pil.html