Una vittoria annunciata
I pronostici sono stati ampiamente rispettati. I sondaggi, cui avevamo attinto a piene mani nell’articolo di presentazione della tornata in South Carolina, valida per le elezioni primarie del Partito Democratico statunitense, davano Joe Biden vincitore e Bernie Sanders distante secondo. Il responso delle urne è stato esattamente questo: a trionfare nel distretto è stato l’ex vicepresidente di Obama, con il 48,5% delle preferenze; a piazzarsi secondo è stato il senatore del Vermont, con il 20% dei voti. I delegati saranno assegnati nelle prossime ore, al momento in cui scrivo Biden ne ha ricevuti 33 mentre a Sanders ne sono stati assegnati 11. Il Carolina del Sud ne conferisce 54, dunque ve ne sono ancora una decina da suddividere.
Gli inseguitori non sono praticamente pervenuti. Forse Tom Steyer, investitore ricchissimo, il quale ha ricevuto l’11% delle preferenze in South Carolina, potrebbe aggiudicarsi qualche delegato, stando alla percentuale. Contestualmente allo spoglio, però, Steyer ha ufficialmente concluso la sua campagna, ritirandosi de facto (gli elettori democratici potrebbero ancora votarlo) dalla corsa alla nomination. Il candidato fresco di ritiro, comunque, ha assicurato che collaborerà con chiunque si aggiudicherà la nomination per “sconfiggere Donald Trump e ripristinare la democrazia”, come ha twittato. Dopo Steyer si sono piazzati, nell’ordine: Pete Buttigieg, Elizabeth Warren, Amy Klobuchar e Tulsi Gabbard. Nessuno di essi è riuscito ad arrivare al 10%.
I risvolti del voto
In uno stato a predominanza etnica afroamericana, l’ex vice di Obama ha galoppato verso la vittoria, lasciando avanzi a Sanders e briciole agli altri candidati, mostrando al Paese (e al mondo) con chi stanno i neri. Tale aspetto potrebbe essere fondamentale in questa gara. Il voto afroamericano è importantissimo per il partito democratico; nel 2016, ricorderete, tali cittadini si schierarono con Hillary Clinton, voltando le spalle a Sanders. E la nomination la ottenne Clinton. Sappiamo bene quanto la storia ami ripetersi, dunque questo deve essere un campanello di allarme per Sanders.
Ciò posto, è veramente difficile dare un risvolto preciso a queste elezioni, perché martedì si terrà il Super Tuesday e in ben 15 Stati si svolgeranno le primarie, contemporaneamente. Dunque il trionfo in South Carolina potrebbe essere solo una vittoria di Pirro per Biden. Non diteglielo però, perché lui è convinto di aver rilanciato la sua campagna e di poter spodestare Sanders nel corso del mese di marzo, o perlomeno così ha affermato di fronte ai suoi sostenitori. Non dobbiamo attendere molto tempo per verificare se abbia ragione.
Quel che è certo è che ora sarà lui ad arrivare da trionfatore al super martedì; non pensiamo però che Sanders non abbia calcolato questa eventualità. E’ ormai oltre una settimana che Sanders fa campagna negli Stati in cui si vota martedì; a causa di una precisa scelta strategica che lo ha portato a tralasciare il South Carolina per concentrare i comizi in circoscrizioni che garantiscono più delegati. Le primarie sono una maratona, dopotutto, si può quindi arrivare attardati a qualche checkpoint e conservare le energie per scattare in altri punti.
Il giorno della verità?
“We are very much alive!”, Siamo molto vivi, ha esclamato Biden dopo essere stato dichiarato vincitore nel South Carolina. E ha ragione, se c’è qualcuno che può porsi come anti – Sanders, come dem tradizionale, come muro all’invasione rossa, che in America è da sempre vista come un’epidemia ben più preoccupante del tanto attuale coronavirus, al momento sembra essere lui. E’ però molto facile fare i conti senza l’oste, come si suol dire, perché da martedì ci sarà uno sfidante in più, uno il cui nome è altisonante quanto il conto in banca: Mike Bloomberg, ex sindaco di New York, il quale finora non ha preso parte alle primarie ma che dal Super Tuesday sarà della partita, pronto a rubar voti a chiunque.
Le risorse economiche di Bloomberg sono note (parliamo di un uomo stabilmente nella top 10 dei più ricchi del mondo secondo Forbes); non vale però altrettanto per i fondi della sua campagna, per la quale MB parrebbe disposto a dissanguarsi economicamente, con alcuni bene informati che affermano come il suo intero staff starebbe lavorando on white checks, con assegni in bianco, senza minimamente badare a spese.
Anche Sanders ha un tesoretto da spendere, grazie ad una efficace e capillare campagna di reperimento fondi.
D’altro canto, invece, Biden ha speso moltissime risorse economiche (cosa inevitabile, dal momento che le regole del gioco politico in USA impongono sacrifici economici ingenti) e potrebbe non essere in grado di promuoversi adeguatamente nelle circoscrizioni che sono chiamate al voto martedì. I soldi contano in questa corsa, eccome se contano.
David Pluffe, ex manager della campagna di Obama e ora opinionista televisivo, è stato chiaro in uno dei tanti speciali elettorali che affollano i palinsesti statunitensi in questo periodo: “Ora si tratta di una corsa a due.” Ha esternato, riferendosi ovviamente a Biden e Sanders, il candidato del partito e quello della gente, il moderato e il passionale, il burocrate ed il rivoluzionario, il vecchio ed il nuovo, la moglie fedele ma un pò noiosa e l’amante vulcanica ma inaffidabile; usate pure la dicotomia che favorite, il senso è chiaro. Biden è l’uomo dell’establishment, Sanders è quello di cui l’establishment ha paura.
Ciò vuol dire tutto e non vuol dire niente. Biden ha il vento alle spalle, ma Sanders potrebbe sconfiggerlo al Super Tuesday. “Non puoi vincere ovunque” ha detto il senatore del Vermont ai suoi, nel corso del discorso nel quale si è complimentato con il vincitore in South Carolina.
Prendiamo atto dei risultati in Carolina e teniamoci pronti, a strettissimo giro dovremmo commentare un turno di queste primarie che potrebbe significare l’incoronazione per l’uno o l’altro dei candidati, nonché l’uscita di scena di qualcun altro; la pallina bianca ormai sta rotolando, non ci resta che vedere quali saranno le palle ad andare in buca e quali resteranno sul tappeto verde del biliardo.