Serve davvero a poco che la Presidentessa della Commissione europea parli in italiano per farci sentire la vicinanza sua e delle istituzioni di Bruxelle se, appena ventiquattro ore dopo la Banca Centrale Europea, per bocca di Christine Lagarde afferma: “Non siamo qui per ridurre gli spread, questa non è la funzione o la missione della Bce, ci sono altri strumenti per questo e altri attori” e di non essere minimamente intenzionata a tagliare i tassi di interesse sui titoli.
In altre parole, Lagarde ci dice: ma che volete da me? Io non posso fare niente. Davvero viene alla mente Ponzio Pilato, perché mentre può fare molto, incidere tantissimo sulle decisioni dell’Eurogruppo, sceglie di affidarsi alla “mission” della Banca Centrale Europea e di seguire un rigorismo istituzionale tutto concentrato sull’essere ligi esclusivamente al proprio statuto, alle proprie regole. Immutabili, immarcescibili. Nemmeno la potenza del Coronavirus, devastante per la salute pubblica e le condizioni di vita dei lavoratori e destabilizzante per il mercato, scalfisce la BCE.
Anche per questo, davvero nulla sarà come prima dopo che sarà passata l’ondata della pandemia: anche i più filo-europeisti dovranno ammettere che questa Europa è davvero antipopolare, soltanto costruita sulla solidità di una moneta, sulla concorrenzialità finanziaria e niente di più.
La gestione della crisi capitalistica preannunciata dalla nuova gestione della BCE evita il famoso “bazooka” di Mario Draghi, qualunque boccata di ossigeno innanzi ad una crisi sanitaria e sociale senza precedenti, pretendendo di salvare un capitalismo continentale con il solo acquisto di 120 miliardi di titoli entro l’anno, oltre a quelli già stabiliti mensilmente (20 miliardi circa ogni trenta giorni).
Tradotto dai termini grettamente tecnici, è un dire all’Italia e agli altri Stati che entreranno nella crisi del Coronavirus, che devono sforzarsi di uscirne quasi da soli, senza alcun sostegno finanziario straordinario da parte della BCE. Una bella differenza tra visioni liberiste: quella di Mario Draghi, almeno, teneva in considerazione una flessibilità in merito ed era pronta a venire incontro alle esigenze emergenziali. Il tutto fatto, si intende, per salvaguardare la tenuta delle singole borse nazionali e riequilibrare la complessa e complessiva economia del Vecchio Continente.
Quella di Christine Lagarde invece è una interpretazione veramente iperliberista, che segue solo la logica monetaria a cui, comunque, è sempre sbagliato affidare speranze di dimostrazione di eticità, visto che “pecunia non olet” e che la missione della BCE non è quella di salvare vite umane dal Coronavirus, ma soltanto di far quadrare i conti. Sic et simpliciter.
Smentendo le parole di Ursula Von der Leyen, Christine Lagarde si comporta esattamente come se fosse ancora alla guida di uno dei peggiori guardiani del capitalismo mondiale: il Fondo Monetario Internazionale (creato, insieme alla Banca Mondiale, a Bretton Woods nel 1944 per gestire le crisi sobbalzanti del sistema capitalistico planetario e intervenire laddove si fosse aperta una breccia che minacciasse la stabilità della classe degli sfruttatori).
Solitamente il Presidente della nostra Repubblica è persona che misura le parole e che interviene raramente nel contesto specifico dell’ambito di governo. Nemmeno questa volta ha invaso il campo, ma ha tenuto a farsi sentire con poche, pacate ma durissime parole fatte seguire a stretto giro di posta allo sprezzante diniego di aiuto, richiesto da Conte, mentre l’Italia si trova nell’occhio del ciclone Coronavirus.
Mattarella ha, testualmente, detto: “L’Italia sta attraversando una condizione difficile e la sua esperienza di contrasto alla diffusione del coronavirus sarà probabilmente utile per tutti i Paesi dell’Unione Europea. Si attende quindi, a buon diritto, quanto meno nel comune interesse, iniziative di solidarietà e non mosse che possono ostacolarne l’azione.“.
Ad ostacolare l’azione dell’Italia nella lotta contro l’interesse comune degli italiani ma, di più, di tutti i cittadini europei è la BCE. Il Presidente ha utilizzato un linguaggio formale, istituzionale, ma sicuramente la sua stigmatizzazione è ben più profonda e si nasconde tra le pieghe di parole che sono arrivate chiare e nette a chi doveva capire.
E’ evidente che Lagarde deve difendere una istituzione economica ben definita. Non bisogna rimproverarle di assolvere al suo ruolo nel capitalismo moderno europeo. Bisogna rendersi conto che queste istituzioni di controllo dei vincoli monetari, economici e finanziari sono delle nemiche di classe per tutti i lavoratori che scioperano perché non possono avere gli stessi diritti di chi, ad esempio, nel settore commerciale è stato posto a riposo forzato per evitare lo stretto contatto interpersonale.
Un parrucchiere, una agenzia immobiliare, un bar, un ristorante devono chiudere ma le fabbriche devono rimanere aperte perché svolgerebbero un ruolo essenziale nella produzione di beni necessari. Domando: ma per quindici, venti maledetti giorni, sarà possibile sospendere la produzione di yatch, di tubi di ghisa, di qualunque altra merce che non sia destinata al mantenimento della filiera che supporta in questo momento la sanità pubblica?
Perdere, al momento, venti giorni di produzione è così terribile per il padronato, per Confindustria? Avete ragione… dimenticavo che il capitalismo, anche in questo frangente, come per quanto concerne la BCE, non conosce etica: la sua etica la trasmette alla sovrastruttura politica, sociale, civile e permea della logica del profitto a tutti i costi ogni ambito del nostro vivere quotidiano e ci vuole costringere a ritenere che questo sia l’unico metro di valutazione possibile tanto sulla vita al di fuori della pandemia quanto ora che vi siamo pienamente immersi.
Non si può chiedere al boia di essere virtuoso e liberare il condannato a morte: il boia obbedisce sempre. Ma chi sta ai piedi del patibolo può smettere di guardare quello che pensa sia uno spettacolo che deve continuare, che non si può interrompere. Come ai tempi delle lotte tra gladiatori nell’antica Roma…
A questo proposito, è bene notare come Serge Latouche sostiene che la “crisi morale” cui si assiste nel crescente sviluppo capitalistico, in quella che lui chiama “mondializzazione tecno-economica“, avanza quanto più cresce la strutturazione della globalizzazione. Non resta niente altro, rimarca l’economista e filosofo francese, se non un codice di comportamento minimo che “i grandi signori del mondo“, incarnati dalle potenti multinazionali, giganti veri e propri dell’economia, si danno e a cui si attengono per contenere le crisi del mercato. Ma niente di più.
Si può smettere di guardare lo stato-sociale mandato continuamente a morte, i diritti dei lavoratori perennemente massacrati in nome della stabilità economica dei padroni e della grande finanza. Si può smettere di lavorare, come hanno fatto con grande spirito solidale, gli operai in questi giorni: loro sì conoscono l’etica vera, il senso della solidarietà sociale e quindi l’umanità.
Pensate alla glaciale tecnicità amorale della BCE e poi ai riders che senza mascherine vi portano il cibo a casa, con tutti i rischi che in questi giorni ci sono di trasmettere o prendersi il virus. Hanno ragione ad urlare la loro rabbia: non solo rischiavano la vita prima per misere paghe sottoposte a tassazioni continue (persino sulle mance indicate sulle app telefoniche che gestiscono questi servizi); oggi devono pure aggiungere ai rischi del traffico cittadino, della velocità con cui devono pedalare o far rombare i motori degli scooter, anche il Coronavirus.
Oltre a carne da cannone, adesso la classe operaia deve essere anche carne da macello: un macello vero e proprio quando leggi che i lavoratori vengono divorati dalle presse, letteralmente schiacciati dai muletti o sepolti vivi in una cava per il distacco di qualche masso. Non è responsabile il fato di tutto ciò, ma il sistema capitalistico che è omicida molto più del Coronavirus.
Un applauso, dunque, al Presidente Mattarella che ha fatto sentire la sua voce con fermezza: mi ha ricordato per un attimo che i democristiani di un tempo, nonostante fossero sostenitori del libero mercato, anche ferocemente anticomunisti (non tutti a dire il vero), sono stati protagonisti di numerose lotte per l’emancipazione sociale. Dal loro punto di vista, non fino a pensare al capovolgimento della attuale società capitalista, ma si sono battuti per una democrazia quanto meno liberale e non liberista.
Poi i vecchi stili che coniugavano l’eredità condivisa della lotta di Liberazione e della Resistenza con i valori e i bisogni sociali di un proletariato crescente, si sono persi e non abbiamo più avuto a che fare con donne come Tina Anselmi, ma con le presidenti di turno dell’Unione Europea e della BCE, dedite prima alle esigenze del profitto che a quelle della preservazione dell’umanità da qualunque tipo di minaccia globale.
Sono le stesse persone che hanno, anche in Italia, sostenuto il fronte del liberismo più acceso e dinamico, quello che prometteva benessere per tutti, una nuova spinta propulsiva nell’economia e che oggi, privilegiando il privato e penalizzando il pubblico, investendo in carri armati e F35 e non nella scuola, sostenendo la concorrenza del mercato e non il bene comune, ci hanno ridotto ad essere degli elemosinanti nei confronti di una Europa che finge di guardarci e di parlarci in italiano per ammansirci, per darci una materna carezza di rassicurazione.
Intanto le borse crollano, lo spread sale, la BCE ci volta le spalle e i lavoratori incrociano le braccia ad un metro di distanza l’uno dall’altro per chiedere quanto meno la sanificazione degli impianti produttivi.
Noi li dobbiamo odiare, non possiamo pensare che padroni, banchieri, finanzieri e burocrati europei (ma di qualunque altro continente pure) siano lì per noi. Sono soltanto lì per loro stessi: che noi si viva o muoia gliene importa soltanto ai fini del mantenimento dei loro profitti, delle loro “belle vite“.
Noi li dobbiamo odiare e, appena tutto sarà finito, appena il Coronavirus non sarà più una emergenza, dovremo fare tesoro di questa esperienza e ricordarci di come le classi padronali e i guardiani istituzionali della grande finanza ci hanno trattato: di come hanno trattato il popolo italiano, l’Italia intera e, soprattutto, tutti coloro che oggi si battono per sconfiggere il virus e chiedono più mezzi, quindi più soldi da investire soltanto per la tutela della salute.
Se lo ricordino, anche se gli esempi da cui discende una morale varranno poco chi gestisce enti a-morali: alla fine della storia, don Rodrigo muore anche se Renzo lo perdona.
MARCO SFERINI
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