Nel dopo emergenza sanitaria quale modello si cercherà di imporre al meccanismo di assunzione della responsabilità nelle decisioni politiche?

Un interrogativo che pochi sembrano porsi in questo contesto di eccezionalità apparendo del tutto legittimo il concentrarsi delle espressioni di decisionalità a pochi soggetti e con l’esclusione del dibattito all’interno delle assemblee elettive, a tutti i livelli centrali e periferici.

Vincenzo Vita in una sua nota scritta per Articolo 21 dal titolo molto significativo “Il virus non contagi la democrazia” ha toccato il tasto molto delicato del come si presenta lo stato della democrazia italiana in questa situazione di eccezionalità, affrontando alcuni dei punti più complessi e facendo emergere rilevanti contraddizioni.

In sostanza: non ci possiamo permettere il lusso di “sospendere la democrazia”, prima di tutto sul piano parlamentare, a partire dal contingentamento nel numero dei deputati e dei senatori presenti in aula.

Nella sua nota appena citata Vita si interroga se questa iniziativa della riduzione del numero dei possibili deputati e senatori presenti in aula dovuta all’emergenza sanitaria non rappresenti altro che il prologo dell’operazione del taglio dei parlamentari , il cui referendum confermativo è stato fin qui rinviato “sine die” (è notizia di poco fa anche del rinvio delle elezioni amministrative).

Il referendum confermativo rimane, è bene ribadirlo, lo stretto passaggio che deve essere affrontato in difesa delle prerogative democratiche di rappresentanza politica e territoriale previste dalla Costituzione e dobbiamo insistere nel ricordarne la grande importanza.

Rivolgo quindi un appello in questo senso prima di tutto verso il Coordinamento per la democrazia costituzionale impegnato per il “NO” nel referendum perché questa logica dell’emergenzialità non faccia dimenticare il tema della qualità della democrazia.

L’Italia ha assunto misure del tutto eccezionali che si stanno incrociando con una crisi della democrazia rappresentativa che, nel nostro sistema, si stava già esprimendo ormai da diverso tempo in forme molto particolari rispetto al contesto internazionale.

Alla “cessione di sovranità” da parte dello Stato sia verso strutture sovranazionali sia in direzione del decentramento regionale si sono aggiunti, infatti, altri specifici elementi di difficoltà dovuti alla trasformazione nella struttura dei partiti, al conseguente modificarsi della relazione Governo – Parlamento, all’introduzione di meccanismi di scelta delle classi dirigenti che via via sono state sottratte alle determinazioni dei cittadini elettori finendo assegnate a un gioco del tutto interno a oligarchie costruire secondo il criterio della fedeltà ai vari “cerchi magici” costruiti attorno alla figura di un “Capo”.

Tutto questo ha provocato fenomeni del tutto sottovalutati di disaffezione verso la partecipazione politica, di assunzione di scelte a livello di massa avvenute in forma umorale (vere e proprie “sbornie da illusione” che hanno portato alle stelle gli indici di volatilità elettorale), in un quadro sociale sempre più segnato dall’individualismo , dallo smarrimento del senso di comunità, dal corporativismo, dal “familismo amorale”.

Alla complessità sociale la politica ha risposto riducendo gli spazi di confronto democratico e scambiando la propria autonomia con il determinarsi di un un vero e proprio “isolamento sociale”.

Una democrazia, quella italiana, così autoconfinata nella “governabilità”: un fenomeno verificatosi anche attraverso l’esercizio via web della “democrazia del pubblico”.

“Governabilità” posta al riparo da qualsiasi possibilità di confronto con le espressioni “storiche” di tensione ideale o di identificazione dei processi di stratificazione di classe.

Questo quadro, pur così sommariamente descritto, ha trovato la sua sublimazione nell’emergenza: un’emergenza, quella che stiamo vivendo, ben diversa da quella sperimentata in altre occasioni di catastrofe.

Il nemico infatti è impalpabile nell’aria, colpisce senza essere visto, ci sono scarse risorse per fronteggiarlo, ha lasciato impotente la scienza e soli tutti noi ciascheduno per sé stesso, nell’isolamento.

Potrà apparire superfluo porsi il problema della decisionalità, anzi la delega a “qualcuno” potrebbe anche sembrare la via più semplice per affidarsi al caso: perché di questo si tratta in verità, dell’affidarsi al caso.

E’ quindi assolutamente necessario mantenere intatto il livello di mobilitazione sui grandi temi della vita democratica.

Sia pure nelle forme consentite in questa fase di impossibilità di confronto diretto tra le persone, si tratta di usare tutti i mezzi a disposizione perché la grande “questione democratica” non sia soffocata da questa angosciata attualità, abbandonata e posta in un angolo del dibattito pubblico.

FRANCO ASTENGO

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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