I motivi reali della tragedia della guerra in Siria e dell’immigrazione in atto in Grecia e il ruolo nefasto svolto sia dalle forze del fondamentalismo islamico che dai paesi imperialisti e loro alleati (sionisti e petromonarchie teocratiche del Golfo)
Nonostante il governo siriano di Assad sia stato a lungo dato per spacciato dai grandi mezzi di comunicazione – essendo entrato nel mirino delle potenze imperialiste, degli Stati confinanti quali Turchia, Israele e Giordania, dell’islamismo conservatore dei Fratelli musulmani e del fondamentalismo islamico, sostenuto dalle petromonarchie del Golfopersico – è riuscito, contro tutti i pronostici, a riprendere il controllo di buona parte del paese.
D’altra parte è ancora presto per cantare vittoria, essendo il suo territorio ancora occupato da almeno quattro dei suoi più mortali nemici. In primo luogo la zona occidentale della Siria è sotto occupazione da parte dei sionisti che, dal 1967, occupano militarmente le alture del Golan, proprio sopra Damasco, che gli consentono di tenere costantemente sotto tiro la capitale siriana. Inoltre l’aviazione israeliana ha di fatto occupato da alcuni anni a questa parte lo spazio aereo siriano, con continui raid volti a colpire principalmente le forze della resistenza iraniana e libanese che hanno dato un provvidenziale aiuto alla Siria, impedendogli di essere dilaniata, secondo i piani dei suoi nemici. Inoltre il nord della Siria è sotto occupazione militare da parte del suo acerrimo nemico turco, che è divenuto inoltre il principale sponsor delle forze del fondamentalismo islamico internazionale che occupano la provincia di Idlib. Infine, i più importanti pozzi di petrolio del paese restano sotto l’occupazione dell’imperialismo statunitense che, per altro, sostiene in forma militare l’occupazione israeliana e turca e, indirettamente, le forze del fondamentalismo islamico internazionale.
Per altro la Siria resta da anni sotto un vero e proprio blocco economico imposto dalla “comunità internazionale”, ovvero dai paesi imperialisti e dai loro alleati e vassalli. Senza contare che la Siria deve mantenere nel proprio territorio i contingenti militari provenienti principalmente da Iran, Russia e Libano indispensabili alla sua stessa sopravvivenza come Stato nazione. Per tacere della sostanziale permanente ribellione delle regioni del nord-est del paese abitate principalmente da curdi, che sfruttando l’aggressione internazionale del paese si sono rese autonome da diversi anni.
Attualmente il problema più grave da risolvere per il governo e il popolo siriano è l’occupazione della provincia di Idlib da parte delle forze islamiste, più o meno radicalmente fondamentaliste, in aperta combutta con le truppe d’invasione turche e sostenute indirettamente da Usa, Israele e petromonarchie e, a livello politico, dalla stessa Unione europea che, su pressione turca, si è fatta latrice in sede Onu di una no-fly zone da imporre alla Siria, per impedire agli alleati russi di contrastare efficacemente le forze di occupazione dell’islamismo internazionale.
Il fragile accordo di pace realizzato da Russia, Iran e Turchia non ha retto dinanzi alle costanti provocazioni dei terroristi islamici, che hanno l’egemonia a Idlib sotto la direzione del ramo locale di Al-Quaeda che, solo formalmente, si è autonomizzato. Il contrattacco dell’esercito siriano con la copertura aerea russa, che era in procinto di liberare le due principali arterie del paese che collegano Damasco con la costa e con la seconda più importante e ricca città del paese: Aleppo, ha scatenato la furiosa reazione della Turchia. La quale – invece di contrastare, come avrebbe dovuto fare secondo i citati accordi di pace le forze fondamentaliste – le ha ancora una volta pienamente supportate, impedendo la loro sconfitta da parte delle truppe siriane con l’appoggio russo.
La Turchia ha non solo realizzato numerosi massacri delle truppe siriane, impegnate nella liberazione del paese contro le forze del terrorismo jihadista transnazionale, con uno spregiudicato uso dei droni, ma ha chiesto il supporto della più grande coalizione militare della storia, la Nato, di cui è parte integrante. Aiuto che non è potuto giungere solo in quanto la Turchia è il paese occupante della Siria e, quindi, sta evidentemente conducendo una guerra di aggressione del paese confinante. La Turchia si è allora rivolta con maggior successo agli Stati Uniti, i quali subiscono anche il ricatto da parte del governo turco, che minaccia di chiudere le principali basi della Nato nel proprio paese, anche perché proprio da esse è stato lanciato il recente fallito golpe militare contro il governo turco “democraticamente” eletto.
L’esercito statunitense ha prontamente accettato di fornire il proprio diretto sostegno militare agli occupanti turchi e indirettamente alle forze del terrorismo fondamentalista internazionale, che con le forze di occupazione da anni collaborano. Anche perché i poteri forti del Pentagono avversano i tentativi populisti di Trump di ritirare le truppe dalla Siria. Per altro si tratta, al contempo, di un gioco delle parti, in quanto tanto Trump che i vertici militari a stelle strisce hanno sostanzialmente concordato nell’abbandono dell’ex fedele alleato curdo – per altro egemonizzato da forze legate al PKK che gli Usa considerano un’organizzazione terrorista internazionale – per superare i crescenti attriti con il decisivo alleato turco, cui hanno così consentito di occupare una zona cuscinetto lungo il confine con la Siria.
Per altro anche in questo caso, a ulteriore conferma dell’alleanza fra governo curdo islamista e le truppe fondamentaliste che occupano la Siria, queste ultime sono state utilizzate dal governo di Erdogan sia per occupare le zone prima controllate dai curdi siriani e in seguito anche come massa di manovra per l’intervento turco in Libia a favore della Fratellanza musulmana, di cui lo stesso governo turco è espressione.
Inoltre la Turchia – che da anni ospita oltre tre milioni di profughi siriani, egemonizzati dalle forze islamiste ribelli contro il governo laico di Damasco – ha sfruttato cinicamente questa massa di sfollati per occupare e trasformare etnicamente le zone di confine con la Siria abitate da popolazioni prevalentemente curde e per mantenere il protettorato di Idlib in territorio siriano. Altrettanto cinicamente il governo turco sta strumentalizzando questa massa, principalmente composta da disperati, per ricattare l’Unione europea, costringendola a prendere posizione a livello internazionale nei fatti a favore dell’occupazione turca e fondamentalista islamica della provincia siriana di Idlib. A questo scopo il governo turco, rompendo il precedente accordo – per cui in cambio di lauti finanziamenti, il governo di Erdogan avrebbe impedito con le buone e con le cattive ai milioni di profughi siriani presenti nel proprio territorio di raggiungere l’Europa – li ha, al contrario, spinti a cercare asilo nei paesi dell’Unione europea, in particolare in Grecia, paese con cui la Turchia è da decenni impegnata in una “guerra fredda” per il controllo delle isole del mediterraneo orientale, a partire da Cipro, in parte da decenni sotto occupazione turca.
L’Unione Europea – che negli ultimi anni era riuscita grazie agli accordi con Erdogan a impedire con le buone e/o con le cattive ai profughi, spesso costretti alla fuga da guerre di aggressione di cui l’imperialismo europeo è stato coprotagonista, di chiedere asilo nei suoi territori – ha reagito sostenendo in pieno la militarizzazione dei confini operata dal governo di destra greco. Nonostante che quest’ultimo stia impiegando i mezzi più sporchi, dall’ordine all’esercito di sparare sui profughi – di fatto costretti a lasciare i loro accampamenti in Turchia, con l’unica possibilità di ottenere asilo in Europa – alla sostanziale collaborazione fra gli apparati repressivi dello Stato e le formazioni neonaziste di Alba dorata, impegnate in violente azioni squadriste contro i profughi e chiunque li assista. Con il risultato di scatenare nei territori greci ai confini con la Turchia una vera e propria Vandea, con parte significativa della popolazione civile impegnata a dar man forte, spesso egemonizzata dalle stesse formazioni neonaziste, alla caccia al profugo scatenata dal governo greco, con il pieno sostegno dell’Unione europea.
Dunque l’Unione Europea – che si erge a faro di civiltà e democrazia a livello internazionale, quale paladina della difesa e della esportazione dei diritti umani su scala globale – con la sua politica in primo luogo favorisce la capacità di egemonia al proprio interno delle forze della destra radicale e anche estrema, sostenendo la militarizzazione dei propri confini contro profughi la cui drammatica condizione è spesso, almeno in parte, dovuta alle politiche imperialiste e neocolonialiste portate avanti in politica estera da parte della maggioranza degli Stati appartenenti all’Unione europea.
Per altro l’Unione europea sostiene di non poter accogliere una nuova ondata di profughi, mentre pretende che questi ultimi debbano rimanere in qualche modo, in un numero decisamente superiore a quelli giunti in Europa, prigionieri in Turchia e Libia, paesi in cui sono scarsamente presenti o del tutto assenti quelle garanzie democratiche di cui la Ue si spaccia come paladino a livello internazionale.
Senza contare che, in primo luogo, tali regimi poco o niente democratici si reggono anche sui lauti finanziamenti dell’Unione europea affinché impediscano – anche a costo di rinchiuderli in veri e propri lager – ai profughi di provare a raggiungere i confini sud dell’Ue. Dove per altro, nel caso riuscissero a superare indenni lo schieramento compatto di esercito greco, polizia e neonazisti – più parte della popolazione civile esasperata e incattivita – troveranno ad accoglierli le forze repressive della Croazia, nelle cui fila vi è una forte presenza di sciovinisti radicali di destra, le cui attitudini disumane nei confronti dei richiedenti asilo cominciano a divenire proverbiali. Per altro a rendere invivibili dal punto di vista economico, politico e sociale paesi come l’Afghanistan, la Libia o la Siria, hanno contribuito le principali potenze imperialiste dell’Unione europea con il loro appoggio diretto e indiretto alle forze del terrorismo islamista che hanno sovvertito gli stati laici, progressisti e antimperialisti di questi tre paesi. Ciò nonostante i paesi dell’Ue hanno contribuito a spacciare, dinanzi all’opinione pubblica internazionale, le forze reazionarie del fondamentalismo islamico quali “combattenti per la libertà”. Per altro demonizzando prima l’Unione sovietica e poi la Russia per aver tentato di difendere, dal terrorismo islamista internazionale, prima il governo laico e antimperialista dell’Afghanistan e ora quello della Siria.
Da questo punto di vista non può che lasciare senza parole la posizione della sinistra revisionista italiana che, dinanzi a terribili tragedie come quelle libiche e siriane, non trova di meglio da fare che invocare una presenza più attiva dell’Unione europea in funzione anti Russa. Le potenze più aggressive dell’Unione europea non solo sono state fra le principali cause scatenanti di entrambi questi tragici scenari, ma ancora oggi continuano a sostenere, indirettamente, proprio le forze reazionarie islamiste che continuano a essere le principali cause immediate di queste drammatiche situazioni.
Infine, non si può nemmeno dimenticare il ruolo nefasto giocato nell’attuale tragedia greca dalla sinistra revisionista di quel paese e dai suoi sostenitori nelle sinistre revisioniste dell’Unione europea. L’attuale tragica situazione, in un paese governato dalla destra, in cui sempre maggiore peso sembra avere l’estrema destra, non può essere compresa se non a partire dalla grandissima delusione provocata fra i proletari e all’interno del popolo della sinistra dalla completa resa del governo della sinistra revisionista greca dinanzi ai poteri forti del grande capitale finanziario transnazionale.
16/03/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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