Cos’è un virus? Una unità infettiva di ridottissime dimensioni non considerata un vero e proprio organismo vivente. I virus, come è noto, non sono capaci di riprodursi autonomamente, per moltiplicarsi hanno bisogno di una cellula vivente (ospite). Si comportano dunque come parassiti obbligati, “costringono” la cellula ospite a replicare tante altre entità virali a spese dunque della cellula stessa.  Il regno animale e quello vegetale convivono con i virus da milioni di anni. Non è il primo né sarà l’ultimo.  Dunque: perché partire da questa evidenza scientifica? Ci arrivo.

Il pianeta Terra è entrato ormai in via ufficiosa nell’era dell’Antropocene. Si discute la data d’ingresso: l’inizio della rivoluzione industriale? La cosiddetta Grande Accelerazione del secondo dopoguerra? Di fatto al netto delle dispute manca solo l’ufficialità dei geologi. Che forse sarà postuma ma comunque sarà. Abbiamo alterato la composizione dell’atmosfera, influenzato la temperatura degli oceani, il clima, le correnti oceaniche, stiamo contribuendo ad acidificare gli oceani con conseguenze disastrose per la biodiversità dell’intero pianeta e feedback negativi sul clima. Gli scienziati hanno formulato diverse ipotesi, più o meno inquietanti, ma è ovvio e si percepisce sulla pelle di ciascuno di noi che il cambiamento climatico è il tema urgente che riguarda l’intera biosfera.

In questo contesto arriva il Covid 19. Evento storico di portata globale. Sarà ricordato sui libri di testo del futuro come evento spartiacque. 2020, anno di cesura storica. Covid-19. Volgarmente detto Coronavirus. Virus nuovo che, parrebbe, sta cogliendo la specie Homo sapiens sb sapiens fortemente impreparata. Non esiste un vaccino, tantomeno ancora e per il momento una immunità di gregge. Leggiamo su internet delle dispute tra modello di contenimento e modello di immunizzazione, in entrambi i casi la paura è la cifra di questi giorni. Paura paradossale ma paura. Siamo nell’era della medicalizzazione totale, mai arrivata a questo grado di potenzialità, eppure questa volta un virus è riuscito a fermare tutto.  Paura vera, giustificata, sacrosanta.

Tuttavia, qua e là, dentro questa immensa paralisi che probabilmente assumerà presto dimensioni planetarie e non solo continentali, spuntano, stanno spuntando e spunteranno riflessioni importanti. Proposte forti per il presente (badate bene presente, non futuro, dal momento che ad ora siamo in un tempo senza tempo sospesi sulla zattera dell’attesa e l’imminenza di quel che ci aspetta quando passerà è già presente, non futuro) che inizierà nel dopo-Covid19. Dopo la sospensione del tempo fin qui noto, del tempo del lavoro dell’intrattenimento e dei cicli produttivi proprio delle società tardo-capitaliste come ci comporteremo? L’inerzia di questi giorni piegherà fino a spezzarle le fibre del consueto insostenibile arrogante modo di stare sul pianeta della nostra specie? O meglio, della nostra specie nella sua forma dominante? Sarà il virus e la tempesta economica che seguirà a costringerci a modificare di netto gli stili di vita e soprattutto l’organizzazione del nostro vivere? È una tra le domande che ricorre sul web, sui social, nelle conversazioni telefoniche che aumentano morbosamente.

Schematicamente abbiamo due strade da seguire. Nella prima, nel dopo-virus, torneremo a far quello che abbiamo sempre fatto sin qui nelle nostre vite. Muoversi, nutrirsi, relazionarsi nella forma insostenibile e propria dell’era Antropocene. Ci toglieremo al massimo qualche sassolino ogni tanto, concedendoci una scelta più o meno consapevole, ma senza che la trama-che-tutto-divora venga minimamente scalfita. Il silenzio l’aria pulita delle città di questi giorni cederà nuovamente il passo alla civiltà motorizzata e molti, assuefatti dallo strano morbo della modernità rumorosa, saranno perfino contenti. Lo si legge tra le righe in queste ore. Tutto tornerà come prima, andrà tutto bene.

Ma esiste una seconda possibilità. Quella per cui val la pena staccarsi per un momentino dal circuito chiuso dei social, guardarsi intorno e scrivere due righe. Facciamolo. La seconda possibilità prevede fin da subito un cambio drastico e senza ritorno dei nostri attuali stili di vita. Basterebbe partire dall’evidente. Se un virus come il Covid-19 getta il pianeta in uno stato di paralisi senza precedenti. Un virus. Una forma di vita che possiede un genoma ma non la capacità di riprodursi da solo. Un virus ignoto ma pur sempre un virus. Ecco, cosa dovremmo fare di fronte alle perturbazioni, ormai evidenti, che il modello economico ha prodotto nei funzionamenti sistemici?

Una scelta urgente. Una serie di scelte urgenti. Che dovremmo rivendicare come prioritarie. Dovremmo affacciarci dai nostri balconi e gridare sì, signor Conte, noi ci fermiamo noi restiamo a casa ma dopodomani quando il virus si sarà placato ci riporterete nuovamente nella follia quotidiana della specie che non comprende i propri limiti? La crescita, lo sviluppo, le regole del mercato, le privatizzazioni, le devastazioni ed il saccheggio su scala planetaria?  No. Non può essere signor presidente del Consiglio.

Siamo vulnerabili, basta un virus. Siamo limitati. Siamo specie che vive dentro un ecosistema complesso. Fitto di relazioni. Sottostiamo in fondo e come tutti al ciclo della materia. Organicazione materia organica. Decomposizione materia organica. Siamo parte di questo sistema anche se lo abbiamo alterato mettendo a repentaglio la nostra stessa specie.  E allora dovremmo rivendicare alcune poche ma buone cose. Per esempio per le nostre città. Ecosistemi aperti in assoluto disequilibrio con i processi naturali da cui dipendono, che producono dispersione energetica straordinaria, da riequilibrare con urgenza estrema. Cinque decretoni da fare subito senza alcuna esitazione e con le stesse draconiane misure dei decreti di queste ore. Dovremmo rivolgerci ai nostri governanti in maniera davvero forte giacché tutte le evidenze sono dalla nostra parte. Ora, proprio ora, superando la paura del virus e ragionando oltre il piccolo cabotaggio di questo piccolo golfo che pure, avrà ripercussioni straordinarie. Proprie di ogni Evento nella storia dell’umanità. Per guarire dalla stoltezza e dalla febbre del pianeta abbiamo bisogno che le vele si gonfino in pieno oceano. Eccoli, cinque spunti sommari per cinque decretoni. Chiamateli come volete. Decretoni Salva specie. Decretoni Ecologici. Decretoni Salva pianeta. Decretoni Greta. Non importa se saremo i primi ad attuarli, in realtà su alcuni temi saremmo già in ottima compagnia, basta iniziare senza perdere questa occasione storica derivata dall’Evento Covid-19.

1) Chiudere progressivamente e con le dovute ancore di salvataggio per tutti i lavoratori, la filiera della grande distribuzione. Siete nocivi dio buono, lo sanno anche i sassi. Dovete chiudere e dare spazio alla filiera corta, ai piccoli commercianti, alle reti del commercio solidale e dei gruppi di acquisto. Non sarà consentito vendere merce che non sia certificata da organismi  indipendenti che ne ricostruiscano l’intera produzione, merce che viene prodotta in modo insostenibile, merce che viene da continenti lontani. Ci saranno delle rinunce, evviva, lo stiamo facendo adesso non si capisce perché non potremmo farlo anche dopo.

2) Attuare misure stringenti per favorire massivamente la produzione agricola su scala locale, biologica e senza utilizzo di insetticidi chimici. Gli insetti stanno sparendo! Dovete agire subito fermando la vendita dei prodotti che contengono principi attivi che avvelenano gli organismi e i vari comparti dell’ecosistema (suolo, aria, acqua).  Salvare immediatamente il suolo scampato dal consumo onnivoro, incentivare su scala urbana la creazione di orti urbani, vietare gli allevamenti intensivi che continuano ad usare antibiotici come fossero caramelle. Sia sulla carne che sul pesce. Ancora rinunce, certo. Ma sagge e consapevoli. Che possono aiutarci a vivere molto ma molto meglio. E a favorire le nostre capacità di riadattamento alle perturbazioni messe in moto.

3) Buttare la macchina. L’immonda autovettura. Vacca sacra che deve progressivamente sparire dalle città. Davvero. Senza mezze misure. Signor presidente del Consiglio, signor ministro Speranza, il traffico automobilistico in città è letale, produce ogni anno molti più morti di quanti ne potrà mai fare il Codiv 19. Incidenti più malattie causate dall’inquinamento. Cambia la scala temporale ma i numeri, sono impietosi. L’automobile è un mezzo di spostamento anti-utilitario, sproporzionato, nocivo, consuma suolo. Con la sua mera esistenza occupa manu militari e con violenza territori che potrebbero essere utilizzati per più nobili ed utili scopi (orti giardini parchi). Produce sostanze inquinanti che minano la salute collettiva. Decretate la sua fine, e al suo posto diffondete virtuose alternative come i mezzi pubblici, biciclette, monopattini, auto-elettriche non di proprietà ma collettive. Non ci vorrebbe poi molto, è del tutto evidente.

4)  Il verde urbano. Le piante sono organismi autotrofi. Alla base della nostra catena alimentare.  Sono i produttori primari del pianeta. Trasformano l’energia solare in cibo per tutti. Forniscono servizi ecosistemici di fondamentale importanza oltre ad essere tra gli elementi più belli ed artistici dei nostri paesaggi. Vogliamo un piano per la forestazione urbana delle città. Veloce, immediato, ben progettato e si, calato dall’alto perché abbiamo bisogno di un piano sistemico concepito secondo principi rigorosamente scientifici e che sappiano essere calati e adattati alle diverse situazioni locali per potenziare tutte le specificità che sono un enorme bacino di ricchezza. Non c’è più tempo per attendere. A Roma un insetto esotico, Toumeyella parvircornis, sta minando la salute di tantissimi Pinus pinea L. In queste ore, le auto diventano la cartina di tornasole inconsapevole dell’infezione ormai dilagante: la melata le ricopre mentre giocoforza stazionano parcheggiate sotto i viali alberati. È solo un esempio ma di vitale importanza per il paesaggio di Roma. Intervenite, laddove potete salvate i Pini con l’endoterapia e altrove progettate immediatamente la pronta sostituzione. Ci sono decine e decine di professionisti del settore pronti a collaborare.  Magari anche gratuitamente, ne sono certo. Ah, ultima cosa. Vietate ogni forma di capitozzatura (ovvero il taglio drastico ed indiscriminato delle ramificazioni delle piante arboree). Le poche piante sane e rigogliose delle città devono essere rispettate! Il capitozzo è un crimine contro la natura di una stupidità ed una insensatezza senza precedenti.  Vietatelo su tutto il territorio nazionale in quello che potreste chiamare “Decretone salva città”.

5) La Sanità pubblica. Preservatela e sostenetela con ogni sforzo. Riaprite gli ospedali chiusi. Riaprite il San Giacomo di Roma. Ampliate quelli esistenti, costruitene di nuovi. È evidente quanto sia di vitale importanza per l’imminente futuro della vita degli umani sul pianeta terra. Niente scuse, niente promesse, le logiche neoliberiste hanno prodotto sciagurati esiti che nessuno può negare. Tagli senza criterio che ora fanno paura. Fanno più male quei tagli che il virus stesso. Anche questa è un’altra evidenza scientifica.  Se non lo fate adesso non lo farete più. Non prendeteci in giro.

Eccoci qua, ancora chiusi in casa, ancora per tanti giorni, perfino i parchi sono stati chiusi. Non sprechiamo questo tempo senza tempo. Facciamola sì la nostra parte. E non solo per contenere il Covid-19 ma per avere un presente appena un po’ più sicuro di quello che può aspettarci se non ci mettiamo subito in cammino. Si è aperto un varco: abbiamo tutte le ragioni e le forze per attraversarlo.

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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