DettagliScritto da Carlo Musilli 

Non hanno capito cosa sta succedendo, né cosa accadrà nei prossimi mesi. È questa l’unica giustificazione possibile per i Paesi del Nord Europa, che giovedì hanno sabotato l’ennesimo Consiglio Ue. I capi di Stato e di Governo dell’Unione erano chiamati ad accordarsi sulle misure straordinarie da adottare contro la crisi che sta iniziando, innescata dalla pandemia di coronavirus. Dovevano, in sostanza, imitare gli Stati Uniti, che per proteggersi dallo tsunami in arrivo hanno già varato un piano record da 2mila miliardi di dollari. Invece niente. Come al solito l’Europa rimane ferma, ostaggio degli egoismi nazionali. L’unica decisione presa dai 27 è stata quella di guadagnare tempo: altri 14 giorni, al termine dei quali (si spera) l’Eurogruppo presenterà nuove proposte al Consiglio.

La spaccatura rimane quella di sempre. I Paesi mediterranei (con qualche aggiunta) chiedono flessibilità delle regole e condivisione dei rischi, ma si ritrovano la strada sbarrata dal Fronte del Nord. L’incubo che infesta il sonno dei leader settentrionali è lo stesso da anni: essere accusati (in patria) di usare i soldi dei loro elettori virtuosi per pagare i debiti degli scialacquatori del Sud. Come dimenticare la voce fuggita dal seno dell’olandese Jeroen Dijsselbloem? L’ex presidente dell’Eurogruppo (quello con il curriculum taroccato) nel 2017 distillò questa perla: “Non puoi spendere tutti soldi per alcol e donne e poi chiedere aiuto”. Sentenza becera, ma anche rivelatrice di un modo di pensare tutt’altro che superato.

È sulla base di questa mentalità che Olanda, Austria e Germania continuano a dire di no a tutto. Il rifiuto più grave è quello degli Eurobond (o Coronabond, o Sanibond), chiesti da nove Paesi dell’Unione: Italia, Francia, Spagna, Grecia, Portogallo, Irlanda, Lussemburgo, Belgio e Slovenia. “Non ritengo gli Eurobond lo strumento giusto”, ha detto il ministro tedesco delle Finanze, Olaf Scholz. “Respingiamo una mutualizzazione generalizzata dei debiti”, gli ha fatto eco il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz.

Ecco, il punto è proprio questo: non si tratterebbe affatto di “una mutualizzazione generalizzata dei debiti”. Le obbligazioni comunitarie di cui parlano Roma, Parigi e Madrid non sono degli Eurobond in senso proprio: si chiamerebbero European recovery bond e sarebbero titoli europei vincolati alla crisi del coronavirus ed emessi una tantum. Non titoli di stato lanciati a ripetizione e utilizzabili per qualsiasi scopo. Significa che il debito pubblico dei Paesi mediterranei non verrebbe mai e poi mai “socializzato” per intero: l’unica condivisione riguarderebbe il debito aggiuntivo contratto per fronteggiare la pandemia.

Questi titoli sarebbero fondamentali perché darebbero ai governi migliaia di miliardi per rilanciare l’economia, ma allo stesso tempo eviterebbero attacchi speculativi sugli spread dei singoli Paesi. Peraltro, la Bce ha da poco lanciato un nuovo programma d’acquisto titoli senza alcun limite (Pepp) che le consentirebbe di acquistare anche il 100% delle obbligazioni comunitarie.

I nordici tutto questo lo sanno bene, ma temono che gli European recovery bond segnerebbero l’inizio di un percorso che, con il tempo, porterebbe agli Eurobond veri e propri. Meglio stroncare ogni velleità sul nascere, quindi.

Sabato la tedesca Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, è intervenuta con insolita durezza sulla questione: “La parola ‘Coronabond’ è solo uno slogan – ha detto – ci sono limiti legali molto chiari e il problema più grande è quello delle garanzie: su questo le riserve della Germania e di altri paesi sono giustificate. Non è questo il piano della Commissione: non ci stiamo lavorando”.

A stretto giro è arrivata la replica (ancora più dura) del governo italiano: “La crisi attuale colpisce tutti gli Stati, si tratta di dimostrarsi adeguati o meno a questa situazione – ha detto in conferenza stampa il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte – Non abbiamo fatto una proposta alla Commissione, ma all’Eurogruppo. C’è un dibattito in corso. Abbiamo un appuntamento con la storia e tutti devono essere all’altezza”.

Secondo il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, “le parole di Von der Leyen sono sbagliate”: i Coronabond sono “la risposta più adeguata a uno shock simmetrico sull’economia e tutti devono essere all’altezza della sfida, anche la Presidente della Commissione europea”.

D’altra parte, bisogna ammettere che – anche in caso di accordo – l’emissione di titoli comunitari sarebbe tecnicamente molto complicata e, con ogni probabilità, richiederebbe mesi. L’arma immediata a disposizione dell’Europa, ancorché meno potente, è un’altra: il Fondo salva-Stati (Mes). Italia, Francia e Spagna chiedono che i singoli governi possano accedere ai 410 miliardi in pancia al Fondo senza dover rispettare le regole attuali, che impongono di sottoscrivere in via preliminare un accordo d’austerità con la Troika Ue. Anche in questo caso Olanda, Austria e Germania hanno risposto di no: la clausola sulla rigidità dei conti non si tocca.

Il problema è che – con il Patto di Stabilità sospeso – nessun governo europeo si impegnerebbe mai a varare manovre correttive. Quello che serve ora è l’esatto contrario. Non a caso, la Germania ha già approvato un piano che spinge il deficit 2020 oltre il 4% del Pil.

Alle condizioni attuali, dunque, il Mes è inutile. Prendiamo il caso dell’Italia: considerando che ciascun membro dell’Ue può prelevare dal Fondo un importo non superiore al 2% del proprio Pil, il nostro Paese otterrebbe al massimo 36 miliardi. Una cifra non astronomica, che al Tesoro converrebbe reperire emettendo nuovi titoli di Stato, visto che gli interessi da pagare (7-800 milioni) sarebbero molto meno pesanti di un nuovo pacchetto d’austerità.

Insomma, al momento lo stallo è completo. L’unica speranza è legata all’atteggiamento di Angela Merkel, che continua a mantenere una posizione molto più sfumata rispetto ai suoi ministri e ai suoi sherpa austro-olandesi. “Non abbiamo parlato nello specifico delle condizionalità o meno del Mes – ha detto la cancelliera al termine del Consiglio – Quanto all’ipotesi dei Coronabond, ho spiegato che dal punto di vista tedesco noi preferiamo il Mes, in quanto strumento nato per affrontare le crisi. Ma non siamo entrati nei dettagli”. Alla fine, come sempre, un compromesso potrebbe arrivare dal vero organo direttivo dell’Unione europea: la diarchia Merkel-Macron.

https://www.altrenotizie.org/primo-piano/8839-ue-l-insostenibile-ottusita-del-nord.html

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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