di Cosimo Pica
La sinistra rivoluzionaria turca piange Helin Bölek. A soli 28 aveva intrapreso la forma di lotta più estrema per sfidare il regime di Erdoğan e le misure repressive nei confronti della storica band. L’ha portata fino in fondo e se n’è andata ieri, consumata dal rifiuto del cibo
Dopo 288 giorni di sciopero della fame, a soli 28 anni, è morta Helin Bölek, cantante del Grup Yorum, storica band musicale che negli anni ha dato voce alle lotte e ai movimenti popolari in Turchia. Il gruppo è nato dall’idea di quattro studenti dell’università di Marmara nel 1985, nel terribile periodo post-golpe del 1980, e ha subito repressioni di ogni tipo, resistendo stoicamente e diventando un vero e proprio simbolo della sinistra rivoluzionaria turca, con all’attivo 23 album e migliaia di concerti sia in patria che all’estero. Nell’era Erdoğan, e in particolar modo negli ultimi anni, Grup Yorum è andato incontro a una crescente repressione, con i suoi membri incriminati di propaganda terroristica per la presunta affiliazione al Dhkp-c (acronimo turco di Devrimci Halk Kurtuluş Partisi-Cephesi, cioè Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo), organizzazione marxista-leninista considerata terrorista in Turchia (così come in Ue e Usa).
Sulla base di simili accuse, il più delle volte fornite da improbabili informatori della polizia, al gruppo è vietato di fare concerti da tre anni e i suoi membri sono stati più volte incarcerati in maniera preventiva diversi mesi prima dell’inizio del processo. Lo scorso maggio, Helin Bölek e il chitarrista İbrahim Gökçek avevano iniziato uno sciopero della fame per chiedere alcune cose apparentemente semplici: la fine delle incursioni della polizia contro il Centro culturale İdil, luogo di ritrovo del gruppo e punto di riferimento culturale del quartiere Okmeydanı di Istanbul, bersaglio continuo di raid della polizia con arresti illegittimi e distruzione di strumentazione e suppellettili; la rimozione dei membri del Grup Yorum dagli elenchi dei ricercati; l’eliminazione del divieto di esibirsi in pubblico per il gruppo; la cancellazione delle cause intentate contro i membri del Grup Yorum e il rilascio di tutti i membri attualmente arrestati.
Nell’asfissiante clima politico turco tali richieste non sono state minimamente prese in considerazione, anzi la persecuzione nei confronti dei due membri del gruppo è anche aumentata, con ulteriori arresti e tentativi di far interrompere con la forza lo sciopero della fame. Solo negli ultimi giorni, complice lo stato di salute ormai irrimediabilmente compromesso dei due musicisti, c’era stata una flebile apertura da parte del ministero dell’interno, con la promessa di una valutazione delle loro richieste. Una presa di posizione tardiva e considerata insufficiente che non ha sortito l’effetto di porre fine allo sciopero della fame che ieri, purtroppo, ha avuto il suo triste epilogo con la morte di Helin Bölek.
Appresa la notizia il gruppo dal suo account twitter ha chiamato a raccolta tutti i solidali per ricordare Helin. Nonostante il periodo di lockdown anche in Turchia per la propagazione del coronavirus, nei pressi dell’abitazione di Helin, nel quartiere popolare di Küçük Armutlu a Istanbul, con forti radici alevite e una importante tradizione di sinistra, decine di persone hanno accompagnato l’ultimo viaggio di Helin con balli e canti rivoluzionari.
Anche İbrahim Gökçek, ancora in sciopero della fame, è sceso in strada su una sedia a rotelle, allo stremo delle forze, per tributare l’ultimo saluto a Helin. Nel suo breve discorso, con la poca voce che ancora aveva in corpo dopo quasi 300 giorni di sciopero della fame, ha ribadito le ragioni della loro lotta e ha accusato lo Stato della morte della giovane amica e compagna.
In queste ore si susseguono messaggi di dolore e cordoglio per la morte della giovane cantante, e si fanno sempre più forti le accuse nei confronti del governo. Anche l’Hdp, uno dei principali partiti di opposizione, ha rilasciato una dichiarazione in cui evidenzia le responsabilità del governo per la morte di Helin, sottolineando quanto sia vergognoso che, in un periodo in cui tutti siamo chiamati a proteggere le nostre vite dalla pandemia, si lasci morire in questo modo una persona in sciopero della fame.
La notizia della morte di Helin Bölek fa ancora più rumore in questi giorni di emergenza, con la paura del virus che cresce nel paese e il numero dei contagiati che in appena tre settimane dal primo caso ha superato le 18 mila unità. Questa circostanza, tra l’altro, ha spinto il governo a preparare un piano di parziale svuotamento delle carceri con la liberazione di migliaia di detenuti. Tra di loro però non ci sono i detenuti politici, il cui numero, con ogni probabilità, continuerà ad aumentare. Nonostante il virus.