di Sharon Zhang

Nonostante l’evidenza che l’industria dei combustibili fossili negli Stati Uniti non è redditizia ed è fondamentalmente una gigantesca fossa di denaro, il presidente Trump ha twittato martedì scorso di aver ordinato al suo gabinetto di lanciare un piano di salvataggio per l’industria che annaspa. L’annuncio è arrivato sulla scia di un crollo storico del greggio che ha mandato i prezzi in profondo rosso.

A causa della discesa della domanda determinata dal COVID-19 e di una lunga storia di essere sostenuto unicamente da finanziamenti governativi, l’industria della fratturazione idraulica negli Stati Uniti appare sull’orlo del collasso, con una grossa ondata di bancarotte a seguire. Mentre queste compagnie dei combustibili fossili finiscono in bancarotta o chiudono del tutto, si sottraggono alla responsabilità della bonifica e il costo alla fine ricade sui contribuenti.

Invece di salvare la moribonda industria del petrolio e del gas i difensori dell’ambiente affermano che il governo federale dovrebbe compiere un passo verso la transizione dai combustibili fossili e investire denaro nella bonifica di pozzi di gas e petrolio inattivi o abbandonati. Questi luoghi contaminati punteggiano terreni sia pubblici sia privati poiché, nei decenni, molte compagnie petrolifere e del gas hanno lasciato i pozzi non colmati quando sono diventate insolventi. Le agenzie di regolazione consentono anche alle compagnie di lasciare un pozzo inattivo per anni anche se non hanno alcuna intenzione di tornarvi, offrendo un’altra via per evitare di bonificarlo.

In tutto il paese, secondo stime dell’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente, ci sono milioni di pozzi petroliferi e del gas non sfruttati in attesa di essere bonificati e sigillati. Le cifre variano poiché, a causa di una normativa permissiva dell’Ufficio della Gestione del Suolo (BLM) e di altri regolatori statali, non ci sono molti documenti su quanti di questi pozzi esistano o persino di dove si trovino. In Pennsylvania, secondo funzionari statali, ci sono un numero di siti compreso tra i 200.000 e i 750.000 in cui i gestori sono falliti, lasciandosi dietro pozzi cosiddetti orfani.

Fintanto che restano pozzi inattivi, scollegati e orfani, ci sono pericoli ambientali. Lasciano fuoruscire nell’aria il potente gas serra metano e contaminano terreni e acque superficiali, causando rischi sia alla fauna sia agli esseri umani. “L’industria [del gas e del petrolio] potrebbe considerare questi pozzi orfani e abbandonati come una cosa buona”, ha detto Nadia Steinzor, direttrice del progetto di emancipazione comunitaria presso Earthworks. Ma “il fatto che in molti casi stanno letteralmente finendo a pezzi e non sono oggetto di manutenzione o controllati è un grave problema ambientale”.

Anche se le imprese responsabili di questi pozzi sono tecnicamente responsabili della bonifica, “l’industria del gas e del petrolio è diventata parecchio abile nel rimandare i suoi obblighi”, ha detto Tim Donaghy, specialista capo della ricerca presso Greenpeace. Alle imprese è consentito di posticipare la bonifica versando modeste commissioni per l’inattività o semplicemente sparendo dai radar; alcune semplicemente non sigillano i pozzi e alla fine falliscono.

Molte (pur se non tutte) queste imprese, persino grandi, non hanno comunque il denaro per finanziare interamente la bonifica. “Se si chiedesse a queste imprese o di bonificare direttamente i loro pozzi oppure di versare il denaro necessario per bonificare oggi i pozzi, versarlo in un conto separato, non sarebbero in grado di farlo”, ha detto Steven Feit, un avvocato del Centro per la Legge Ambientale Internazionale (CIEL). “Semplicemente non c’è abbastanza denaro presso di loro”.

Anche se Feit ammette che non è necessariamente equo chiedere loro di affrontare in anticipo il costo di ogni pozzo, “il problema, specialmente con la fratturazione idraulica, è che queste compagnie non producono flussi positivi di cassa” per affrontare anche i problemi più immediati. Secondo il Government Accountability Office statunitense (GAO) la bonifica di un singolo pozzo può costare tra i 20.000 e i 150.000 dollari. La fratturazione idraulica non può recuperare la stessa quantità di prodotto per pozzo della ricerca petrolifera tradizionale, dunque il costo per la bonifica può aumentare. Con molte imprese che barcollavano sull’orlo della bancarotta ancor prima dell’attuale pandemia – un rapporto dell’Istituto per l’Analisi Energetica Economica e Finanziaria ha rilevato che i fallimenti nel solo 2019 hanno comportato 26 miliardi di dollari di debiti – non rimane molto da spendere in attività che non producono utili.

Al fine di assicurare che questi siti siano turati il BLM e amministrazioni statali hanno emesso titoli per finanziare la bonifica se l’impresa responsabile defunge. Ma, come ha più volte riferito nel corso degli anni il GAO, gli importi dei titoli – che non sono stati aggiornati per tener conto dell’inflazione dagli anni Cinquanta – fissati dal BLM sono del tutto insufficienti a coprire il costo effettivo della bonifica. I titoli di livello statale sono solo marginalmente migliori.

“Il problema dei pozzi abbandonati getta realmente luce sul fatto che questa è un’industria che non è stata capace di far fronte al suo stesso inquinamento e ai costi reali della sua attività”, dice la Steinzor. Ci sono stati anche casi di imprese che hanno evitato interamente di rimborsare i loro titoli, pur se gli stessi erano stati quantificati così limitatamente.

Compagnie petrolifere e del gas che stanno lottando finanziariamente “diranno ore che [abbandonare i pozzi] è contingente a causa del COVID e del declino economico”, dice la Steinzor, “ma hanno compiuto scelte per decenni lungo il percorso per non chiudere e abbandonare e sigillare correttamente i loro pozzi in modo responsabile”.

Compagnie sane possono essere in lotta dopo un così vasto crollo, ma probabilmente potrebbero riprendersi; l’industria del petrolio e del gas, che opera sul filo del rasoio o con margini inesistenti, è stata sin qui solvibile grazie a norme indulgenti e grandi salvataggi governativi. Come ha scritto Feit in un rapporto per CIEL sulle industrie del petrolio, del gas e della plastica, un grande salvataggio pandemico non farebbe che rimandare l’inevitabile declino delle industrie. Secondo i principi del libero mercato che la destra e altri capitalisti affermano di amare, secondo quasi ogni definizione l’industria statunitense del petrolio e del gas è fallita. Tuttavia governo e istituzioni finanziarie sembrano tuttora inclini a concedere loro comunque un grande salvataggio, di nuovo!

Invece di riversare miliardi in un altro salvataggio infruttuoso di petrolio e gas, sostengono alcuni, il denaro sarebbe molto più adatto a finanziare bonifiche di pozzi orfani. Stati come Colorado e Ohio hanno recentemente aumentato il finanziamento di tali sforzi, ma senza sostegno federale tale finanziamento probabilmente non sarà sufficiente. Con lo stanziamento soltanto dei fondi per la bonifica, la prospettiva di coprire ogni pozzo inattivo o orfano è fondamentalmente insormontabile. Funzionari statali in Pennsylvania stimano che il costo di bonificare ogni pozzo dello stato sarebbe di circa 7 miliardi di dollari. “Agli attuali livelli di finanziamento, ci vorrebbe all’agenzia [ambientale dello stato] qualcosa come 17.000 anni per il completamento”, ha detto via e-mail Matt Kelso, direttore dei dati e della tecnologia presso la FracTracker Alliance.

Con l’evolversi dell’attuale grande declino dell’industria della fratturazione idraulica, il problema non farà che moltiplicarsi. “L’ordine di grandezza di questo problema”, ha detto Kate Kally, direttrice dei Suoli Pubblici del Center for American Progress. “Non penso che a questo punto lo comprendiamo pienamente”.

Anche se utilizzare fondi pubblici per bonificare al posto delle compagnie del petrolio e del gas non è l’ideale – il movimento ambientalista è stato costruito sul principio di “chi inquina paga” – la quantità totale di pozzi orfani senza documentazione, vecchia di alcuni decenni, rende impossibile rintracciare la parti responsabili probabilmente in bancarotta. E’ per questo che, invece, alcuni gruppi stanno cercando modi per impedire che questa situazione si ripeta nel futuro.

Nel finanziare la bonifica dei pozzi organi esistenti ci sono opportunità di essere energici nel prevenire il messaggio che a bonificare al posto delle imprese dei combustibili fossili sarà sempre il pubblico. Ad esempio, ha detto la Kelly, “si potrebbe condizionare il finanziamento [dei pozzi orfani] agli stati e al governo federale e alle tribù al fatto che dimostrino di avere in vigore e applicate norme adeguate sull’emissione di titoli”. La Kelly ha indicato che ci sono già meccanismi d’imposizione dormienti che impediscono alla imprese di partecipare a gare di concessione se trascurano le loro responsabilità di bonifica. C’è anche un programma federale esistente riguardo ai pozzi orfani, creato in parte attraverso la Legge sulla Politica Energetica del 2005, che non ha finanziamenti o meccanismi di imposizione che possano essere rinnovati e finanziati in pacchetti collegati alla pandemia.

Destinare fondi a vasti sforzi di mobilitazione della bonifica dei pozzi potrebbe anche costituire una grande creazione di occupazione e una grande opportunità di stimolo. I milioni di pozzi non chiusi hanno bisogno non solo di essere turati, ma devono anche essere localizzati e le persone che sarebbero meglio attrezzate per i lavori di indagine e bonifica sarebbero le stesse che possono essere state licenziate dall’industria del petrolio e del gas.

Grandi declini recenti hanno significato che pozzi abbandonati possono ben trovarsi negli stessi luoghi in cui già operavano le compagnie petrolifere e del gas, il che significa che molti lavoratori probabilmente non dovranno nemmeno trasferirsi e che le leggi potrebbero garantire che la creazione di occupazione mediante bonifica dei pozzi sia prevalentemente locale. Economie statali e locali che dipendono dall’industria potrebbero ricavare grande beneficio da un simile stimolo che mette a disposizione non solo fondi, ma anche posti di lavoro.

Alcuni promotori considerano un programma di bonifica come parte di un piano più vasto per gestire il declino dell’industria dei combustibili fossili. “Quando c’è una transizione disorganizzata non ha funzionato bene per le comunità o per i lavoratori”, ha detto Donaghy. Possiamo vederlo accadere in tempo reale: decine di migliaia – se non centinaia di migliaia dopo il crollo di martedì – di dipendenti del gas di scisto sono licenziati a causa della crisi attuale. Declini pianificati potrebbero creare nuove opportunità per questi lavoratori.

Megan Milliken Biven, un’ex analista di programmi dell’Ufficio della Gestione dell’Energia Oceanica del Dipartimento dell’Interno, sta collaborando con gruppi ambientalisti su una proposta di legge che coincide non solo con un’accresciuta imposizione di controllo dei pozzi abbandonati, ma assicura anche che ci sia una moratoria sulla costruzione di edifici residenziale su siti ex petroliferi e del gas. “I pozzi non sono nel mezzo del nulla”, ha dichiarato la Biven a Truthout. “Sono nel mezzo di comunità. Sono in ospedali. Sono prossimi a scuole. Sono prossimi a case di cui le persone sono proprietarie, deprezzando il valore delle proprietà”, ha detto.

La proposta di legge che la Milliken Biven sta redigendo include anche moratorie all’apertura di nuovi siti, poiché i prezze non faranno che continuare a precipitare se sarà estratto ancora altro petrolio. E, naturalmente, il modo più semplice per prevenire la massa di pozzi abbandonati, non sigillati consiste nello smettere, tanto per cominciare, di creare nuovi pozzi; astinenza per le società dei combustibili fossili.

I difensori dell’ambiente possono essere esitanti nell’approvare tali proposte di legge, con timori di essere considerati opportunisti nel creare una “lista dei desideri” climatici. Ma devono solo guardare a quel percorso di crollo del capitalismo dei disastri che sono le revoche senza precedenti delle norme ambientali approvate nel nome della pandemia. Se gli inquinatori e la destra sono disposti a usare la pandemia per rendere il mondo più sporco e più insicuro nell’interesse del profitto, la comunità climatica dovrebbe non temere di bonificarlo e di renderlo un luogo migliore in cui vivere.

Sharon Zhang è una giornalista che scrive del clima su Truthout.

da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte:  https://zcomm.org/znetarticle/dont-bail-out-oil-and-gas/

Originale: https://truthout.org/articles/dont-bail-out-oil-and-gas-use-the-money-for-environmental-cleanup-instead/

Traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2020 ZNET Italy 

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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