Il 2 maggio 2014 cittadini di Odessa sono stati bruciati vivi e, finora, nessuno degli istigatori è stato processato e punito.

Io voglio ricordare ai lettori il ruolo di Andrij Parubij [in inglese] e dei suoi sostenitori negli eventi del 2 maggio.

Parubij, che all’epoca era il capo del Consiglio della Difesa e della Sicurezza Nazionale, supervisionava il “terzo settore”, cioè i numerosi gruppi di potere senza status ufficiale e condizionatamente fedeli alle autorità.

Alcuni di loro erano stati creati localmente, nelle regioni dell’Ucraina, ma molti di essi si sono formati in base all’“auto-difesa” di Euromaidan.

Nel marzo-aprile 2014 gruppi militanti di “manifestanti di Maidan” furono attivamente trasferiti in diverse regioni dell’Ucraina e, non ultima, a Odessa. C’erano dei posti di blocco all’ingresso di Odessa, in cui prestavano servizio dei civili armati e in uniforme.

In particolare, le persone di Nemirovsky organizzarono il nuovo insediamento degli attivisti di Maidan negli hotel e nei sanatori di Odessa, e nella sua periferia (presso “Casa di Pavlov” a Luzanovka, “L’acacia bianca” sul Boulevard francese, presso il circolo ricreativo “l’economista” di Zatoka, ecc.).

La maggior parte degli attivisti di Maidan che parteciparono agli eventi del 2 maggio, avevano formato una cerchia intorno a Parubij. Quindi, è con Parubij che lavorava il cosiddetto “Consiglio di difesa di Odessa”, che all’epoca era guidato da Ruslan Forostyak, il quale divenne successivamente un consigliere dal capo del dipartimento regionale della Polizia.

Il 7° e il 14° squadrone delle “forze di autodifesa di Maidan” e un altro gruppo di 50 persone guidato da Nikolay Volkov (il famoso “Mikola Sotnik”), che era anche in diretto contatto con Parubij, arrivarono a Odessa alla vigilia degli eventi, cioè il 29 aprile.

Nello stesso periodo, Parubij in persona arrivò a Odessa, fece il giro dei posti di blocco e diede ai presìdi i giubbotti antiproiettile.

Odessa è stata uno dei maggiori centri di resistenza contro il Maidan: nel marzo-aprile 2014 gli incontri dei sostenitori pro-Russia di Campo Kulikovo [in inglese] hanno riunito dalle 10.000 alle 40.000 persone.

L’esistenza di una tendopoli di fronte alla Casa del Sindacati era uno sfregio alle nuove autorità di Kiev.

Noi fummo avvertiti che si stava sviluppando un determinato scenario a Kiev. La tendopoli doveva essere smantellata alla vigilia del 9 maggio, presumibilmente per una parata che si doveva tenere presso Campo Kulikovo. Il 30 aprile il quartier generale di Campo Kulikovo decise di spostarsi al 411 di via Batareya. Ora io sono sicura che abbiamo fatto la cosa giusta.

Eravamo ingenui, non eravamo pronti per uno spargimento di sangue. Non pensavamo che ci avrebbero uccisi e non ci siamo riuniti. Ma loro erano pronti.

Inoltre, loro scelsero un momento opportuno: il Primo Maggio, giorno di festa per tutti nel Paese. Prima, ci furono dei falsi allarmi, molti decisero che questa volta non sarebbe successo nulla di serio. In generale, Campo Kulikovo raccoglieva le firme per un referendum sul federalismo. Pensavano che tutte le contraddizioni si potessero risolvere in maniera democratica.

La direzione del Ministero degli Interni sapeva che dei manifestanti militarizzati e filo-ucraini sarebbero arrivati in città.

Quindi in aprile alcuni militanti armati di “auto-difesa” di Maidan e membri di “Settore Destro” [in inglese] cominciarono ad essere portati in città per attuare lo scenario di una dispersione violenta di Campo Kulikovo, simile a quello di Zaporozhye e Nikolaev.

Quindi, solo il 26 aprile, circa 1.200 persone furono portate a Odessa.

Era ovvio che ci sarebbero stati scontri. Le autorità fecero di tutto affinché ci fossero delle vittime. Io non ho le prove che l’incendio della Casa dei Sindacati fosse pianificato. Ma che ci fossero vittime, fu facilitato volontariamente dalle autorità.

E’ importante che ci siano già molte prove sul fatto che certe forze che avevano il potere a Odessa, abbiano fatto molte cose tali da permettere agli squadroni e ai sostenitore di “Settore Destro”, che arrivarono a Odessa il 2 maggio 2014, di sentirsi perfettamente liberi di commettere atti violenti. Le autorità sapevano che sarebbe stato fatto un tentativo di attacco a Campo Kulikovo, ma non hanno protetto le persone che erano lì.

Inoltre, dopo gli scontri a piazza Grecheskaya, era possibile fare un cordone di polizia a Campo Kulikovo.

Il 2 maggio 2014 non c’erano semplici scontri: la parte storica della città (la zona di via Deribasovskaya, via Preobrazhenskaya e via Ekaterininskaya) si trasformò in un vero campo di battaglia, dove furono usate catene, lastre di pavimentazione, granate stordenti.

Il centro della città fu immerso nell’oscurità della morte e della crudeltà, ovunque. Le strade erano coperte di schegge di vetri rotti, immondizia, residui di incendi e lastre di pavimentazione completamente divelte. Poi cominciò la cosa terribile. La folla si è infuriata. Divenne chiaro che non ci sarebbe stata alcuna pietà: i nazionalisti erano pronti per la distruzione. Criminali armati di mazze, guidati da Yusov, si diressero a Campo Kulikovo. Avevano molte bottiglie incendiarie, preparate in anticipo, sapendo che sarebbero servite.

Purtroppo, la polizia non fece nulla.

Gli “autori” del crimine non sono stati gli assassini ma le vittime. Molti attivisti di Campo Kulikovo furono arrestati dalla SBU. Da maggio 2014, io sono “persona non gradita” in Ucraina e, insieme a dieci colleghi, sono ricercata dalla SBU.

Non è una coincidenza che dopo il 2 maggio 2014 nella città è stata formata per la seconda volta la SBU, composta da “veterani di Maidan”. Anche Valentin Nalyvaichenko [in inglese] (il capo del Servizio di Sicurezza ucraino dal 2014 al 2015) non lo ha nascosto. C’erano dei dubbi sulla lealtà dei cittadini.

La SBU si è occupata di “purgare” Odessa dai giornalisti di opposizione e dai parenti delle vittime della Casa dei Sindacati. Oggi possiamo dire che nessuno degli ufficiali sia stato punito per l’uccisione di cittadini di Odessa. Possiamo aspettare…

Coloro che furono bruciati e portati via, vivi o morti, e coloro che diedero fuoco, che hanno freddamente condannato delle persone a una morte dolorosa, o che hanno ridacchiato con gioia e stupidamente mentre finivano i feriti, saranno identificati. In questo mondo, nulla passa inosservato e tutto ha dei testimoni.

Non per niente le attuali autorità di Kiev e di Odessa sono così spaventata da questo. Sei anni dopo i segreti cominciano a svelarsi… gli organizzatori/esecutori stanno ora rilasciando testimonianze/interviste.

L’ex consigliere del capo della Polizia nazionale di Odessa e “manifestante” di Maidan, Ruslan Forostyak, ha affermato che Parubij “era coordinato con me e Sergey Gutsalyuk a Odessa”.

Forostyak ha dimenticato di aggiungere che Parubij personalmente ha dato i giubbotti antiproiettile a “Mikola sotnik”, cioè a Nikolay Voronov, colui che il giorno della tragedia sparò alla Casa dei Sindacati. Vsevolod Goncharevsky finiva con un bastone le persone che saltavano dalle finestre.

Khodiyak, che sparò ai manifestanti anti-Maidan a piazza Grecheskaya, oggi è ancora in libertà.

Goncharenko [in inglese], che rubava i telefoni dei morti e annunciava felice in onda sul programma “Shuster Live” la liberazione di Campo Kulikovo, oggi è un uomo libero.

Sono già confusi nelle loro testimonianze. Sono pronti a rimproverarsi e darsi la colpa l’un l’altro, da una testa malata a una sana, se almeno fosse rimasta una testa sana.

Come allora avranno paura e chiederanno clemenza quando il convoglio della Polizia li condurrà agli interrogatori dalle celle in cui loro misero Odessa “anti-Maidan”!

Nel 2018, un Georgiano, Cesari Bajalidze, disse a un giornalista israeliano che lui faceva parte di un gruppo di mercenari che attaccò gli attivisti anti-Maidan su ordine di Parubij. Bajalidze ha dichiarato: “L’ordine era di distruggere tutto, bruciare tutto ciò che era di intralcio. Lui lo ordinò a Odessa. Diede un comando chiaro: partire, arrivare, distruggere tutto, appiccare il fuoco e andarsene”.

Non ci sono dubbi che l’interesse delle forze dell’ordine per Andriy Parubiy nel contesto delle indagini degli eventi del 2 maggio sia ragionevole e giustificato.

Naturalmente, durante il regime di Poroshenko non si poteva parlare di alcuna indagine obiettiva sugli eventi del 2 maggio 2014.

Perché durante le indagini si può arrivare ai leader dello Stato e, soprattutto, a Perubij, che era già il portavoce del Parlamento, cioè, secondo la Costituzione, la seconda carica dello Stato.

Oggi c’è Zelensky al potere e cosa vediamo?!

Tutte le dichiarazioni dell’entourage di Zelensky in merito alla carcerazione dei funzionari del precedente regime rimangono solo sonore dichiarazioni, non sostanziate da fatti reali.

E per quanto riguarda lo stesso Parubij, le autorità devono indagare, cioè scoprire il suo vero ruolo nella tragedia di Odessa, o, seguendo l’ex presidente Poroshenko, prendersi la responsabilità di nascondere i veri criminali.

E’ stato di fatto aperto il caso ma Parubij non è nemmeno menzionato come sospetto. Questa formulazione permette di tenere “appeso” Parubij, con la minaccia di cambiare la sua condizione procedurale da testimone a sospetto/accusato.

Cioè, in questa vicenda ci sono due opzioni: il caso contro Parubij è o un timido tentativo di avviare una indagine o un modo per tenere Parubij sotto controllo.

Avako e Parubij sono colleghi, sono legati dallo spargimento di sangue, quindi un caso contro Parubij non può che infastidire Avakov. Ma, di nuovo, non ci ancora ragioni reali per essere ottimisti. E’ difficile incarceralo, perché implicherebbe altre persone e loro non lo vogliono.

I procedimenti penali iscritti sulla base della dichiarazione di Andrey Portnov [in inglese] non sono un caso contro Parubij. E’ solo che l’Agenzia sta ancora controllando i fatti e i fatti sono fatti. C’è un numero enorme di registrazioni video, attivisti sopravvissuti, testimoni, ma sei anni dopo la tragedia le indagini non hanno dato risposta alla domanda principale: chi ha sparato alle persone? Chi ha appiccato il fuoco alla Casa dei Sindacati? Chi ha finito gli attivisti lì dentro e per strada?

E soprattutto: chi ha dato l’ordine di uccidere?

Le terremo quindi d’occhio.

I miei concittadini ancora mi scrivono: “Tu non tornerai mai a Odessa, non sognartelo neanche, noi vi prenderemo tutti”. Sono nervosa. Soprattutto negli ultimi anni.

***

Articolo di Alyona Babinina pubblicato su Stalker Zone il 29 aprile
Traduzione in italiano a cura di Elvia Politi per Saker Italia.

[I commenti in questo formato sono del traduttore]

http://sakeritalia.it/ucraina/il-sesto-anniversario-del-massacro-di-odessa/

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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