Il “rimpasto di potere” nel partito laburista britannico, all’indomani delle dimissioni del leader della sinistra interna Jeremy Corbyn, è giunto in queste settimane alla sua fase conclusiva.

di Enrico Sartor – Transform! Italia

Anche se il partito non sembra ancora in grado di esprimere una linea politica chiara per quanto riguarda la gestione dell’attuale crisi economica e istituzionale causata dalla pandemia Covid 19 e le possibili soluzioni al cataclisma sociale che si è generato, molte energie sono state dedicate alla ricomposizione della direzione e del partito stesso.

Il nuovo segretario Keir Starmer sembra aver preso molto alla lettera il concetto di riunificazione del partito, uscito lacerato dalla sconfitta elettorale del 13 dicembre 2019. A differenza di Corbyn, per cui l’unificazione significava il controllo dei centri vitali del partito da parte della sinistra laburista di Momentum, Starmer si è mosso lungo una strada che avrebbe fatto invidia ai Dorotei di altri tempi.

Nel suo governo ombra hanno trovato posto tutti: da Lisa Nandy (severa critica della direzione “corbynista”) al Ministero degli Esteri a Rebecca Long-Bailey (candidata alla segreteria dell’area “corbynista”) al Ministero dell’Educazione. Persino l’ex segretario del Labour Ed Milliband è stato ripescato con un dicastero all’Industria, Commercio ed Energia; il Ministero del Tesoro è forse l’emblema dell’intera operazione, con la presenza di Len McCluskey  (area corbynista), Pat McFadden (rimosso da Corbyn nel 2016 dal front bench) e Wes Streeting (oppositore aperto di Corbyn).

E’ evidente il bizantinismo dell’operazione descritta, quasi indifferente a una realtà  del paese in cui milioni di cittadini e cittadine devono decidere tutti i giorni se mangiare o pagare l’affitto e in cui un meccanismo simile alla nostra Cassa integrazione guadagni ha solo rinviato di alcuni mesi un livello di disoccupazione mai visto in Gran Bretagna in questo secolo; un meccanismo che del resto viene usato anche per garantire i salari degli amministratori delegati delle grandi imprese quotate nel FTSE 100, persone che percepiscono salari annui medi di 3.6 milioni di sterline.

Se la crisi da Covid 19 ha costretto il governo ultraliberista di Boris Johnson a praticare politiche statali intervenzioniste impensabili fino ad alcuni mesi fa, niente è in realtà stato fatto per affrontare almeno gli aspetti più drammatici dell’ingiustizia sociale che dominala Gran Bretagna. Philip Alston, investigatore delle Nazioni Unite sulla povertà estrema, ha accusato il governo britannico di ipocrisia nel momento in cui questo ha dichiarato di aver abbandonato le politiche di austerità, allorché di fatto niente è stato (e viene) fatto per cambiare la situazione dei servizi sociali e degli enti locali devastati da anni di tagli, nel quadro di una criminale politica di ‘darwinismo sociale’ ai danni dei settori più deboli della società.

Il governo di Boris Johnson è in questo momento in difficoltà (anche per la mediocrità dei suoi Ministri). La gestione dell’epidemia, probabilmente la più inetta in Europa, sta generando un crescente stato di sfiducia nei cittadini. In un’indagine statistica pubblicata dall’Observer il 26 aprile scorso, gli intervistati che dichiarano che la gestione governativa della crisi epidemica sia adeguata sono scesi da più del 60% a 51% in poche settimane, e il 63% degli intervistati contro un 30% pensa che il governo non abbia agito con la tempestività necessaria.

Nonostante ciò, Keir Starmer si è sentito molto poco in questi giorni, a parte un intervento sul problema dell’antisemitismo nel Labour e uno sfoggio delle sue indubbie capacità forensi nell’interrogare il Ministro che sostituiva Boris Johnson al Prime Minister’s Questions, sfoggio che ha reso felici diversi suoi ammiratori, non ultimo George Osborne, ex Ministro del Tesoro nel governo conservatore di David Cameron e artefice – in quegli anni – della criminale politica di austerità, il quale ha commentato come, dopo gli anni di Corbyn, una ‘vera opposizione’ fosse finalmente tornata in Gran Bretagna.

Il ruolo di Momentum e la democratizzazione del partito

Ma gli sforzi compiuti dal neo segretario per far quadrare il cerchio della ricomposizione di una socialdemocrazia lacerata è stato rapidamente risucchiato nel vortice della polemica, allorché Sky News ha reso pubblico un rapporto di 860 pagine in cui un’ampia raccolta di messaggi via e-mail e WhatsApp mostrano come, durante la campagna elettorale del 2017 – che oppose il Labour ai conservatori di T. May -, diversi esponenti di spicco del partito laburista stavano complottando con l’obiettivo di far perdere le elezioni a Corbyn dopo che varie stime di voto segnalavano l’ascesa del partito nell’ultima fase della campagna elettorale. Fondi elettorali stornati, alcuni candidati di area “corbynista” denigrati e insultati, e lo stesso problema dell’antisemitismo interno fu fatto esplodere con l’obiettivo di influire sul risultato di un’elezione che Corbyn perse per 2270 voti. Con un diverso risultato non ci sarebbero stati Theresa May, Boris Johnson e la quinta economia mondiale avrebbe avuto un governo socialista, frutto di una genuina mobilitazione di massa.

Questo scandalo che John McDonnell, ex Ministro del Tesoro del governo ombra a guida Corbyn, non ha tardato a definire il peggior tradimento nella storia secolare del partito laburista, evidenzia però anche i limiti del processo di mobilitazione e democratizzazione del partito avviato dalla sinistra laburista di Momentum contro la gestione della destra “blairiana” soprattutto nelle amministrazioni locali e nelle sezioni periferiche. È un impasse in larga parte dovuto a condizioni contingenti, quali il poco tempo a disposizione (con due campagne elettorali nell’arco di due anni) e la mancanza di esperienza di una sinistra rimasta nel congelatore durante i lunghi anni del New Labour di Tony Blair.

Ma, se si guarda al futuro, sembra improbabile che l’esperienza della sinistra laburista di Momentum possa essere cancellata, come vorrebbero alcuni esponenti della destra fra cui John McTernan, ex Director of Political Operations per Tony Blair; Mc Ternan, in un memo per il neo-segretario Starmer, chiede la completa epurazione della sinistra dal partito e un piano d’azione che ha, fra i suoi punti cardine, il consiglio di “ignorare i militanti” nella definizione delle scelte politiche.

Come giustamente sostiene Jack Shenker nel volume “Corbynism from Below” (ed. Lawrence & Wishart 2019), il “corbynismo” e la radicalizzazione a sinistra del movimento laburista britannico sono il frutto di una generale radicalizzazione della società dopo la crisi del 2008 e gli anni di austerità, che ha trovato risposta organizzata anche al di fuori del partito, come dimostra la crescente forza di sindacati indipendenti quali il IWGB, che rappresenta soprattutto lavoratori precari e immigrati, e di organizzazioni di inquilini. Mentre Kei Starmer offre una supina offerta di appoggio al governo di B. Johnson, i militanti di Momentum sono attivi nell’organizzare associazioni di mutuo soccorso per aiutare le parti più vulnerabili dei quartieri, che già un mese fa avevano raccolto più di diecimila volontari (https://volunteercoronavirus.com/), e website d’informazioni quali il Virtualsocialcentre e Novara media.

Tornando ai possibili sviluppi futuri degli equilibri interni al partito, un nome merita attenzione: quello di Angela Rayner. Quarantenne con un solido pedigree sindacale, secondo il New Statesman, anche lei – un po’ come Starmer – è un esempio di Corbyn-scettica appartenente all’accampamento corbynista.

Si dice che ci fu un accordo tra lei e Rebecca Long-Bayley, la candidata “corbynista” alla segreteria del partito e sua amica e co-inquilina. Angela Rayner decise di non candidarsi alla direzione del partito, focalizzandosi su un altro obiettivo: la carica di vice-segretario, ciò che ha ottenuto dopo la vittoria di Starmer. Con gli incarichi di vice-segretaria, presidente del partito e coordinatrice delle campagne nazionali, Angela Rayner racchiude in sé la più formidabile concentrazione di potere degli ultimi anni nel partito laburista. Dopo aver raccolto una solida coorte di assistenti provenienti dall’area della sinistra, ha annunciato la sua determinazione a procedere con la riforma delle strutture del partito, che era uno degli obbiettivi principali di Momentum.

Si vedrà. Anche se, nella drammatica crisi attuale, tutto questo suona un po’ come un gioco settario interno, pronto a essere superato e travolto dall’improvviso salto della storia che stiamo vivendo.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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