Sul piano europeo la sentenza della Corte costituzionale tedesca è stata giustamente considerata dal Financial Times come “una bomba sotto l’ordinamento giuridico dell’unione europea”.
I giudici di Karlsruhe hanno affermato che la Bce non deve svolgere una politica economica, ma soltanto una politica monetaria ed hanno sottolineato che gli acquisti dei titoli di Stato devono essere proporzionali alla quota capitale versata alla Bce dai singoli paesi membri. In sostanza ciascun paese può ottenere l’acquisto della Bce dei propri titoli di debito pubblico solo in proporzione dei contributi versati.
I giudici tedeschi hanno ragionato come se l’Unione europea potesse esistere senza vincoli di solidarietà, dimenticando che “la solidarietà economica e sociale” è un punto di forza dello stesso trattato di Maastricht e di quello di Lisbona. Cioè ha ragionato in modo privatistico come se si trattasse di una relazione commerciale tra singoli senza tenere in alcun conto che essi esaminavano un caso che riguarda la stessa esistenza dell’Unione europea.
Un forte sostegno hanno dato detti giudici alle politiche economiche nazionali, calpestando così tutti i principi dei trattati che chiedono una leale collaborazione tra gli stati membri.
L’obiettivo nascosto è quello di favorire la Germania sugli altri Stati membri, a questo punto, come abbiamo più volte ripetuto, l’Italia deve immediatamente far ricorso, per superare la gravissima crisi economica in atto, aggravata dall’avvento del corona virus, all’emissione nel mercato di moneta di Stato a corso legale e non convertibile.
Del resto l’euro non è a corso legale e i trattati, nonché lo statuto della Bce, non impediscono agli Stati una operazione come quella da noi proposta.
Bisogna inoltre organizzarsi per uscire dall’euro, nella cui zona noi siamo entrati con una semplice istanza rivolta alla Commissione e da questa passata al Consiglio dei ministri dopo aver sentito la Bce. E bisogna tenere presente che resta aperta la via per lo Stato italiano di chiedere alla Corte di giustizia europea se il comportamento di Germania, Austria, Olanda (che è un paradiso fiscale) e Paesi del nord Europa, possa ritenersi conforme a una esatta interpretazione dei trattati.
Questa richiesta da parte dello Stato italiano sarebbe possibile se i nostri governanti non avessero la testa imbottita da idee neoliberiste. Quelle idee che ci hanno portati a essere un paese privo di patrimonio pubblico e cioè di fonti di produzione della ricchezza nazionale appartenenti al popolo e che ci hanno costretti a chiedere prestiti al mercato generale con i tassi da esso imposti.
Basti pensare che non appena si è conosciuto il contenuto della sentenza della Corte costituzionale tedesca il nostro spread, e cioè l’ammontare degli interessi da pagare sul debito rispetto a quello della Germania, è schizzato da 229,6 punti base a 250, assestandosi poi a 244 punti base in chiusura.
Ma cosa c’entra una sentenza della Corte costituzionale germanica con la nostra economia interna? Siamo vittime di un arbitrio intollerabile, sia da parte dell’Europa, sia da parte dei mercati, i quali non fanno altro che accelerare la nostra completa distruzione.
E allora ripetiamo: nazionalizziamo quanto ci resta (senza pagare indennità di espropriazione poiché quanto abbiamo ceduto a privati e a multinazionali è contro le norme imperative degli articoli 41 e 42 della Costituzione, che sanciscono il rispetto dell’utilità sociale, della sicurezza, della liberà, della dignità umana e della funzione sociale della proprietà stessa e pertanto rendono nulli i relativi contratti di cessione ai sensi dell’articolo 1418 del Codice civile). Se la Germania segue la sua Corte costituzionale, gli italiani hanno il dovere di seguire la loro Costituzione Repubblicana e Democratica.