di Andrew Fishman
“Basta con il Congresso, con i sabotatori della Corte Suprema! Nuova costituzione anticomunista! Sia criminalizzato il comunismo!” diceva uno striscione. “Intervento militare con Bolsonaro”, diceva un altro. Un dimostrante agitava un cartello fuori dal finestrino di un’auto: “Armi per i cittadini onesti”. Centinaia di dimostranti duri di estrema destra si sono riuniti domenica a Brasilia, la capitale del Brasile, per manifestare contro la quarantena imposta per rallentare la diffusione del coronavirus e a sostegno di quello che corrisponderebbe a un colpo di stato militare contro il parlamento e la magistratura. Numerosi giornalisti sono stati aggrediti fisicamente. Tra gli oratori alla manifestazione c’è stato lo stesso presidente Jair Bolsonaro, che era stato anche presente a una manifestazione simile due settimane prima.
Bolsonaro e i suoi alleati hanno ripetutamene insistito che queste proteste a favore del rovesciamento del parlamento e della sovversione della Corte Suprema sono “movimenti spontanei” di sostenitori medi, ma la Corte Suprema ha aperto un’inchiesta in ciò che ci sta dietro. Numerosi membri del Congresso allineati con il presidente sono sospettati di organizzare gli eventi, tra cui i figli di Bolsonaro.
Bolsonaro, che favorisce la riapertura del paese contro il parere di esperti della sanità pubblica, è sempre più in guerra con chiunque nel governo non si inginocchi a lui, compresi rappresentanti di quasi tutte le istituzioni democratiche del paese, alimentando paure che il Brasile stia accelerando la sua discesa verso un’altra dittatura.
Nel frattempo la polizia federale sta indagando Bolsonaro e i suoi figli politici per molteplici ipotesi di reato; il suo ex partito politico ha chiesta la sua messa in stato d’accusa; il suo ex ministro della giustizia, Sergio Moro, ha rilasciato una deposizione di otto ore a investigatori denunciando che il presidente aveva interferito politicamente con le istituzioni delle forze dell’ordine; il procuratore pubblico – un recente nominato di Bolsonaro – ha chiesto un’indagine sulle denunce di Moro contro Bolsonaro; ministri della Corte Suprema hanno bloccato numerosi interventi da lui tentati in giorni recenti; e il comandante dell’esercito ha pubblicamente contraddetto il suo negazionismo del coronavirus. Questo è solo un campione delle battaglie in corso. Con le probabilità così contrarie a lui, Bolsonaro non sta segnalando sconfitta o moderazione, ma piuttosto che è disposto ad andare fino in fondo nella sua guerra contro la democrazia brasiliana.
“Prego Dio che non ci siano problemi questa settimana. Abbiamo raggiunto il limite. Non c’è più dialogo, da ora in poi non ci limiteremo a chiedere, li costringeremo a rispettare la costituzione. Sarà fatta valere a qualsiasi costo”, Bolsonaro ha dichiarato domenica alla folla plaudente di Brasilia, in piedi all’ingresso del palazzo presidenziale Planalto. Bandiere brasiliane, statunitensi e israeliane sventolavano dietro a lui. Bolsonaro ha denunciato quella che considera una interferenza indebita, particolarmente da parte della Corte Suprema, nel suo potere esecutivo conferitogli costituzionalmente. Ha aggiunto in seguito: “Basta con le interferenze. Non consentiremo altre interferenze. Niente più pazienza”.
Bolsonaro si è rivolto a dimostranti che promuovono esplicitamente il rovesciamento delle istituzioni democratiche, il che è un reato in Brasile, dove una serie di presidenti militari ha governato dal 1964 al 1985 dopo un colpo di stato appoggiato dagli Stati Uniti. Bolsonaro e il suo vicepresidente, il generale in pensione Hamilton Mourao, hanno elogiato la dittatura militare in tutta la loro carriera, ma Bolsonaro si è spinto più in là persino a celebrare apertamente il suo diffuso uso della tortura.
Mandati in delirio durante la manifestazione, alcuni dei sostenitori di Bolsonaro hanno aggredito fisicamente giornalisti che stavano seguendo la protesta. Dida Sampaio, un fotogiornalista del quotidiano O Estado de S. Paulo è stato gettato a terra, preso a calci e pugni da un dimostrante che urlava “Immondizia”, “Vattene” e oscenità. Marco Pereira, un autista del giornale, è stato sgambettato durante l’attacco e altri giornalisti sono stati molestati verbalmente. L’incidente ha provocato diffuse condanne dal sindacato nazionale dei giornalisti, da organizzazioni giornalistiche e da leader politici. Bolsonaro ha detto in seguito di non aver assistito all’aggressione ma ha negato che i suoi sostenitori ne fossero i responsabili. “Se c’è stata un’aggressione si è trattato di un infiltrato, qualche matto che andrebbe punito”, ha detto.
Assicurare il potere e reprimere il dissenso
Una crisi politica è scoppiata in Brasile il mese scorso, quando Moro, il ministro della giustizia, si è dimesso. Conversazioni trapelate tra Moro e Bolsonaro hanno suggerito che il presidente voleva sostituire Mauricio Valeixo da capo della polizia federale per bloccare indagini su alleati presidenziali. Contro i desideri di Moro, Bolsonaro ha licenziato Valeixo e nominato Alexandre Ramagem, direttore dell’agenzia brasiliana dello spionaggio, ABIN, e amico intimo dei suoi figli. Tale nomina è stata bloccata da una decisione del ministro della Corte Suprema Alexandre de Moraes prima che Ramagem potesse giurare. Lunedì Bolsonaro ha annunciato che il braccio destro di Ramagem, Rolando Souza, avrebbe assunto la posizione e lo ha fatto giurare venti minuti dopo. Il primo atto in carica di Souza è consistito nel sostituire il sovrintendente della polizia federale di Rio de Janeiro, dando credito alle accuse di Moro; Rio de Janeiro è lo stato natale di Bolsonaro e la giurisdizione in cui sono in corso diverse indagini sulla sua famiglia.
Nei quindici mesi dell’amministrazione Bolsonaro otto ministri sono stati licenziati o si sono dimessi, due nelle ultime tre settimane. Anche il ministro delle finanze Paulo Guedes è stato recentemente sulla difensiva dopo aver pubblicamente dissentito riguardo a un piano economico sostenuto da Bolsonaro che era stato proposto dall’esercito. Il presidente e i suoi alleati stanno anche attualmente premendo sul ministro della cultura, Regina Duarte, perché si dimetta.
Il presidente starebbe anche valutando la rimozione del massimo generale dell’esercito, Edson Leal Pujol, per sostituirlo con un generale più giovane e meno qualificato di nome Luiz Eduardo Ramos, un stretto consigliere di Bolsonaro che gli sarebbe molto leale. La notizia ha irritato alcuni nell’esercito e indotto Ramos a negare pubblicamente che il piano sia preso in considerazione. Una tale mossa rientra nei suoi poteri di presidente, ma comporterebbe normalmente una seria giustificazione, non considerazioni puramente politiche. Pujol si è messo in contrasto con il presidente definendo la pandemia di coronavirus “una delle maggiori sfide della nostra storia” e difendendo le misure di isolamento sociale per limitarne la diffusione.
Separatamente, un’agenzia legislativa responsabile del controllo del ramo esecutivo ha chiesto un’indagine su Bolsonaro per interferenza politica nell’esercito per aver revocato tre decisioni che avrebbero aumentato il controllo delle armi e delle munizioni prodotte in Brasile, il che è interamente prerogativa dell’esercito.
Il giorno precedente la manifestazione Bolsonaro ha tenuto una riunioni non programmata con capi militari di vertice ed ex uomini dell’esercito nel suo gabinetto per discutere l’attuale pantano politico. Secondo il giornale Fohla de S. Paulo molti dei generali si sono detti d’accordo che la Corte stava eccedendo la sua autorità costituzionale. Tuttavia anche il presidente della Corte, José Antonio Dias Toffoli, risulterebbe ritenere che le sentenze emesso monocraticamente dai suoi colleghi superino il limite dell’”attivismo giudiziario”.
Il ministro della difesa di Bolsonaro, un generale in pensione dell’esercito, ha diffuso lunedì una dichiarazione in cui ha ripetuto la minaccia del coronavirus alla popolazione e ha rigettato attacchi ai giornalisti, ma ha segnalato che – parlando per conto delle organizzazioni che dirige – concorda sul fatto che la Corte Suprema stia oltrepassando la sua autorità. Le Forze Armate “considerano l’indipendenza e l’armonia [tra i rami del governo] essenziali per la governabilità del paese”, ha affermato la dichiarazione.
Reazione goffa
Il Brasile sta rapidamente diventando una delle zone calde dei contagi da coronavirus. Domenica il Brasile aver il terzo numero più elevato di nuovi morti di ogni paese del mondo. Statistiche ufficiali, che sono diffusamente considerate fortemente sottovalutate, mostrano che il Brasile ha più di 105.000 casi e 7.321 morti da Covid-19. A San Paolo i brasiliani neri hanno il 62 per cento di probabilità in più di morire per la malattia rispetto ai loro pari bianchi, una chiara misura della rampante disuguaglianza della nazione e dei fallimenti del governo nell’affrontarla.
Come ha scritto The Intercept, a causa delle carenti procedure di certificazione delle autorità federali, il 75 per cento dei test del Covid-19 disponibili in Brasile è inaffidabile; a molti di essi è stata persino negata l’approvazione alla vendita nei paesi in cui sono prodotti. Sistemi di assistenza sanitaria in molti stati stanno crollando e medici sono costretti a razionare le cure. Quando richiesto circa la situazione al settimana scorsa, Bolsonaro ha detto: “E allora? Mi dispiace. Cosa volete che faccia?”
Il mese scorso Bolsonaro ha licenziato il ministro della sanità Henrique Mandetta per averlo contestato pubblicamente a proposito della reazione del governo alla pandemia di coronavirus e lo ha sostituito con il più compiacente Nelson Teich, un dirigente della sanità pubblica e medico. La senatrice Katia Abreu ha recentemente dichiarato in una conferenza stampa che Teich si è dimostrato “un po’ perso” nel suo lavoro. “Dov’è la pianificazione generale?” ha osservato la Abreu. Lo stesso Teich ha ammesso che il paese sta “procedendo alla cieca” nella sua reazione al Covid-19 e ha irritato dirigenti della sanità pubblica limitando il già scarso accesso ai dati sulla situazione della sanità pubblica. “Il sentimento generale è la frustrazione”, ha detto Rui Costa, governatore dello stato di Bahia, dopo un incontro virtuale tra governatori e il nuovo ministro della sanità.
Pur essendo diffusamente criticato per la sua inerzia percepita, Teich è stato in grado di far passare una misura illegale per impedire a medici cubani di tornare in Brasile per contribuire a sostenere il sistema regionale al collasso dell’assistenza sanitaria. Nel 2013 l’amministrazione presidenziale di Dilma Rousseff aveva cominciato a far arrivare medici cubani per servire comunità nelle località più remote del paese, dove era difficile attirare professionisti brasiliani. Bolsonaro, che aveva condotto una campagna pesantemente contro un’immaginaria minaccia comunista, aveva chiarito che avrebbe interrotto il programma dopo aver vinto l’elezione presidenziale nel 2018, così Cuba ha cancellato il contratto e richiamato i suoi medici. Alcuni dei professionisti cubani dell’assistenza sanitaria sono rimasti in zona, sperando di essere in grado di continuare a operare in Brasile fuori dal programma intergovernativo, ma l’amministrazione ha loro ripetutamente impedito per motivi ideologici di essere certificati.
“Sono sicuro di una cosa: abbiamo il popolo dalla nostra parte, abbiamo le forze armate dalla parte del popolo nel nome della legge, dell’ordine, della democrazia e della libertà. E, cosa più importante, abbiamo Dio con noi”, Bolsonaro ha dichiarato ai sostenitori domenica. Almeno parte dell’affermazione è falsa: il tasso di approvazione del presidente è sceso al 27 per cento, 24 punti in meno rispetto a quando ha assunto la carica lo scorso gennaio. Nelle prossime settimane e mesi le forze armate e Dio – solitamente più astruso – dovranno rivelare da che parte stanno.
da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo
Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/brazils-president-goes-to-war-with-democratic-institutions/
Originale: The Intercept
Traduzione di Giuseppe Volpe